E’ partito il 31 ottobre 2024 l’iter di adozione del nuovo Piano Urbanistico Comunale della città di Atripalda, consultabile sul sito istituzionale dell’Ente. L’affidamento dell’incarico al progettista, l’architetto Pio Castiello, risale al 24 gennaio 2011. La fase partecipativa è avvenuta nei mesi di settembre e di novembre 2014, con successiva presa d’atto del 20 aprile 2017. Il nuovo Piano Urbanistico riappare nella programmazione dell’Ente il 21 ottobre 2022, con l’aggiornamento della cartografia in funzione delle modifiche urbanistiche e normative intervenute. Le osservazioni potranno essere presentate dai cittadini entro 60 giorni dalla pubblicazione sul Burc della Regione Campana, prevista per lunedì 18 novembre. L’Amministrazione comunale favorirà un incontro pubblico di presentazione con la partecipazione del progettista.
Fin qui le notizie fornite dall’Amministrazione comunale con il sindaco Paolo Spagnuolo. Altra cosa sono i commenti al Puc, e, ad una prima lettura generale, non positivi, da parte del neo-consigliere comunale Roberto Renzulli di Abc-Atripalda Bene comune, subentrato dopo le dimissioni di Nunzia Battista.
Consigliere, che cosa vede in questo Puc?
«Siamo delusi, e anche critici, perché questo Puc manca di un’anima sociale. Non ci sono servizi, non ci sono strutture al servizio della comunità. Non c’è la previsione di un cinema, una palestra, un centro polisportivo, una piscina, forse anche una delle scuole rischia di scomparire, non ci sono piste ciclabili. Non c’è una struttura dove poter accogliere anziani, giovani, dove potersi ritrovare. Non si prevede niente per il parco pubblico, la villa comunale. Il risultato? Il cittadino sceglie i comuni vicini, più piccoli, ma con più servizi, vedi Cesinali, Aiello del Sabato. Con la previsione che entro il 2030 Atripalda sarà sotto i diecimila abitanti».
Che tipo di espansione, secondo la sua lettura, prevede il Puc?
«Si bada ad aumentare l’indice di costruzione nelle zone collinari. Nella sostanza è questo che cambia: si prevede uno sviluppo delle aree rurali, una parte nell’area di contrada Guacci, l’altra verso la variante di Avellino, ma questo non ci interessa: a perdere è la città, perché, ripeto, oltre a non prevedere nessuna connessione sociale, non c’è una visione. Prendiamo il commercio: questa è la città dei mercanti, e ancor prima quella che vantava i maggiori scambi commerciali nel Centro-Sud, penso all’antico foro Boario, e poi al mercato al centro su cui ci siamo espressi con un referendum. Che fine ha fatto? Svanito nel nulla. Il centro fieristico? Svenduto. Le atitività artigianali? Scomparse. L’area fieristica trasformata in parcheggio. Sono stati creati due centri commerciali, uno a via Appia, l’altro a via Pianodardine: gli utenti entrano ed escono senza mai raggiungere e vivere il centro, quindi niente indotto, anche perché i parcheggi sono tutti a pagamento, né se ne prevedono altri. Intorno al commercio, questo Puc non prevede nulla. E neanche per le aree extraurbane, penso ad Alvanite, a Tiratore, non ci sono grosse novità».
A chi giova allora?
«A qualche singolo cittadino, non alla città nella sua interezza. Sono passati tredici anni, con Luigi Tuccia, Geppino Spagnuolo, Paolo Spagnuolo: in tre di loro non hanno prodotto nulla. Ora il sindaco tira fuori il Puc, e va all’incasso, inaugurando il ponte delle Filande, o il campo sportivo, ma sono lavori fatti precedentemente. Che dire poi di una municipalizzata che graverà molto sul bilancio cittadino. MI chiedo: oltre a inaugurare opere già avviate, cosa prevedono per il futuro di Atripalda? Come si può parlare di parco fluviale quando vediamo in che condizioni versa il Sabato, con un grosso ritardo dei lavori da parte della Provincia? Siamo davvero molto critici, su questo Puc, per tutte le ragioni finora esposte. E’ rimasto chiuso nel cassetto dal 2011, potevano continuare a tenerlo così, e andare avanti a colpi di deroghe. Tanto non cambia nulla, e si continuerà ad andare avanti alla giornata».