Altro giorno nero per l’Irpinia, dopo le frane che hanno colpito diversi comuni irpini, in particolare Monteforte. Non è la prima volta che avvenimenti del genere mettono a serio rischio l’incolumità della cittadinanza, e se non si interverrà, purtroppo, non sarà nemmeno l’ultima.
Ma cosa bisogna cambiare? Si poteva fare di più? A spiegarcelo è Egidio Grasso, Presidente del Consiglio Regionale dei Geologi.
Che idea si è fatto di quanto accaduto a Monteforte e non solo, anche alla luce del quantitativo di pioggia venuto giù?
“La mia idea non può cambiare da un evento, sono cose che si ripetono da anni. Non sono riuscito a verificare se le aree coinvolte siano state precedentemente oggetto di incendi, una delle cause che può rendere alcune zone più vulnerabili di altre. In primis perché a causa degli incendi vi è la scomparsa del sottobosco, e questo determina una maggiore velocità di reflusso delle acque piovane. Aumentando la velocità, aumenta anche il potere erosivo, perciò a valle arrivano più acqua e anche più detriti. La seconda causa è che gli incendi modificano la fisica del suolo: con l’alta temperatura questo subisce una sorta di cottura, che favorisce il deflusso e porta una maggiore vulnerabilità degli agenti erosivi. Ad esempio la frana di Montaguto, a seguito dell’incendio, causò la permanenza isolata di blocchi che prima venivano trattenuti dalle piante. I blocchi poi sono precipitati a valle, il che ha causato la chiusura della rete stradale per giorni, e ancora adesso la strada è a senso unico alternato, sempre per il rischio che i massi, prima mantenuti dalle piante e ora in bilico, possano cadere“.
Dalla tragedia di Quindici e Sarno del 1998, passando per quel che è accaduto l’anno scorso in Valle Caudina, sembra non esser migliorato nulla: cosa è mancato nella prevenzione di questi fenomeni?
“Una delle prime cose da dire è che la cartografia utilizzata alla base della perimetrazione è una cartografia vecchia. Parliamo di elaborati redatti nel 1999-2000: sono cartografie validissime, che hanno dato un grande contributo all’epoca, ma sono ormai vecchie. Le carte andrebbero aggiornate di continuo, quindi è soprattutto questo quello che manca. Speravamo e speriamo in un aggiornamento della cartografia. Inoltre individuare preventivamente le aree a rischio mitiga il rischio, evitando così di costruirci dentro ad esempio. Poi c’è la questione finanziamenti: noi spesso lamentiamo questa mancanza di finanziamenti, che in realtà ci sono ma arrivano a pioggia, non c’è programmazione, proprio perché manca l’aggiornamento. Anche nei singoli comuni: i piani sono stati finanziati, abbiamo ottenuto un valido risultato, quasi tutti comuni hanno il piano di emergenza comunale, al cui interno è calcolato anche il rischio idrogeologico, ma non è previsto un aggiornamento del piano. Subito dopo un incendio, ad esempio, andrebbe riperimetrata la zona a rischio perché, come dicevamo prima, aumenta la pericolosità. C’era anche un’altra soluzione, avviata anni fa, quella dei presidi territoriali (di solito della dimensione di un comune, per i più piccoli 2 o 3 comuni messi insieme), con la formazione specifica di professionisti come ingegneri e geologi. L’operazione è andata avanti ma si è fermata per mancanza di fondi. Stiamo cercando di riavviare questo meccanismo, i professionisti sarebbero disposti a farlo anche gratis per tutelare il territorio“.
A breve si insedierà il nuovo Governo Regionale: la messa in sicurezza del territorio che livello di priorità deve avere?
“Deve avere un’importanza fondamentale: l’attenzione dell’amministrazione c’è, non è completamente assente, sono le risorse che sono limitate: aumenterei i fondi. Siamo da sempre abituati a finanziare la realizzazione delle opere, ma bisogna finanziare la progettazione: i finanziamenti europei prevedono progetti definitivi, ma questi vanno preparati con calma, con dovuti tempi e risorse. C’è un Fondo di Rotazione per la progettazione, il cui importo va aumentato. L’ISPRA ha recensito 23.430 frane in Campania: trovare tutti questi finanziamenti diventa impresa ardua. Aggiornare la cartografia esistente, solo così si possono prevenire questi eventi. Poi bisogna finanziare i progetti. Da diversi anni, inoltre, stiamo puntando sull’aumento della consapevolezza del rischio da parte del cittadino. Il cittadino ad esempio, prima di acquistare un’abitazione, deve verificare se l’abitazione è o meno in una zona a rischio. Per facilitare ciò ci siamo attivati: vi è un’app totalmente gratuita, Georisk, che con 1 clic consente di segnalare il rischio nella zona localizzata. Inoltre inviamo sempre geologi nelle scuole per parlare agli studenti, cercando di far capire loro come comportarsi quando vi sono avvenimenti come i terremoti e così via. Noi la nostra parte lo facciamo, speriamo che su determinate cose ci vengano incontro“.
QUI LE IMMAGINI DEL DAY AFTER DELL’ALLUVIONE DI MONTEFORTE