Il rito dei Battenti del Carmelo, tra fede e tradizione

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Si sono ritrovati ancora una volta in Contrada Macchia i Battenti della Madonna del Carmelo per raggiungere la chiesa della Portella di Monteforte. Un rito senza tempo che si carica ogni anno di un valore più forte, in cui si fondono fede e tradizione. Hanno sfidato il caldo, con la loro inconfondibile divisa, camicia e mutandoni bianchi adorni di due fasce colorate, rosse o più raramente azzurre, una ai fianchi e l’altra a tracolla.  A precedere la comitiva un giovane con un vessillo recante impressa l’icona della Madonna del Carmine, a guidare il corteo, rigorosamente a piedi scalzi, i più giovani, dietro le donne e via via i più adulti. Il 10 agosto del 1934 la prima manifestazione dei “Battenti di S. Filomena”. Alcuni giovani Montefortesi, vollero aggregarsi a quella comitiva. Per circa tre anni, questi giovani parteciparono ai riti celebrati nella ricorrenza di S. Filomena, fino a quando, nel 1938, per iniziativa di Francesco della Bella, Modestino Ercolino ed altri, venne loro l’idea di istituire nel proprio paese questo culto. Il giorno prescelto fu il 16 Luglio,riccorrenza della Madonna del Carmine.
A ricostruire la tradizione lo storico Armando Montefusco “Giunti in prossimità di Alvanella, i fuochi pirotecnici interrompono per pochi minuti la marcia; i battenti si inginocchiano in raccoglimento. Al suono della trombetta,riprendono il cammino nella consueta andatura. Giunti all’inizio del paese, le mamme e le spose porgono loro dei fiori: à l’omaggio alla Madonna. A questo punto à consentito aggregare alla comitiva i più piccoli. Dopo aver percorso via Loffredo e Corso V. Emanuele, si procede verso la Portella dove è situata la chiesa della Madonna del Carmine. Nei pressi della chiesa, i fedeli percorrono in ginocchio alcuni metri, fino alla statua della Madonna, dove con l’offerta dei fiori e il bacio del manto, si conclude il rituale. Inevitabilmente il volto è stanco, contratto dalla fatica, ma pur tuttavia in esso si può leggere lo stato di grazia e di soddisfazione di chi ha compiuto quel sacrificio nell’estrema speranza di vedere realizzato un desiderio, che nessuna forza umana ha potuto o potrà mai soddisfare”.



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