il ritratto di Carlo Gesualdo in “Madrigale senza suono” di Andrea Tarabbia – Corriere dell’Irpinia

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Rosa Bianco

L’ illustre scrittore Andrea Tarabbia, ieri pomeriggio al Meeting “Le due culture” di Biogem, è intervenuto brillantemente sul tema  “Costruire il mondo. La letteratura come luogo della complessità”, riflettendo sulla letteratura come viaggio interiore, che svela il mondo come specchio di sé. Attraverso la riscrittura della realtà, essa modella nuove connessioni tra parole e cose, offrendo una via per comprendere la complessità del mondo e trasformare il nostro approccio alle questioni esistenziali.

Andrea Tarabbia tra i tanti suoi prodigiosi lavori letterari, con il romanzo “Madrigale senza suono” –  Bollati Boringhieri editore – è stato vincitore del Premio Campiello 2019.

Il romanzo è un’opera letteraria di grande complessità, che fonde storia e invenzione per restituire la figura di Carlo Gesualdo da Venosa, il controverso compositore rinascimentale, celebre tanto per la sua musica quanto per il tragico omicidio della moglie, Maria d’Avalos. Il romanzo si muove su piani narrativi multipli, offrendo una struttura simbolica che richiama le dissonanze e le polifonie dei madrigali di Gesualdo stesso, creando una sintesi perfetta tra biografia e speculazione letteraria.

 

Tarabbia, con una prosa raffinata e intricata, ci offre un ritratto di Gesualdo che trascende la cronaca per penetrare nell’animo più oscuro e insondabile del protagonista. La narrazione si svolge attraverso gli occhi di un personaggio inventato, Gioachino Ardytti, un nano storpio e malformato, osservatore privilegiato e testimone di una vita segnata dal peccato, dalla tragedia e da una ricerca artistica di straordinaria profondità. Ardytti diviene lo specchio distorto di un mondo decadente e crudele, un mondo che riflette la natura stessa della musica di Gesualdo, perennemente in bilico tra armonia e dissonanza, tra l’umano e il divino.

Il narratore ripercorre non solo i momenti chiave della vita del principe-compositore, come l’ uxoricidio che lo ha segnato indelebilmente, ma si addentra anche nelle pieghe più oscure della sua mente, rivelando un uomo che sembra incapace di convivere con il proprio genio e i propri demoni interiori. Come scrive Tarabbia: “Nel fondo della sua anima, Gesualdo sentiva di essere un predestinato, ma di quale predestinazione si trattasse – se al paradiso della musica o all’inferno del peccato – non lo sapeva nemmeno lui.”

Gesualdo si macchia dell’omicidio della moglie, un atto cruento e moralmente riprovevole, ma all’epoca tollerato poiché consumato nell’impeto di una flagrante violazione del vincolo coniugale, in seguito a un adulterio. Su questa vicenda si innesta un ulteriore livello narrativo: siamo nel 1956, quando Igor Stravinskij, durante un soggiorno in Italia, entra in possesso di un misterioso manoscritto inedito, attribuito a Gioachino Ardytti. L’esistenza stessa di questo documento solleva dubbi e perplessità. Tra il genio russo e Gesualdo esiste un legame ideale che trova la sua espressione nel Monumentum pro Gesualdo da Venosa ad CD Annum, un’opera composta da Stravinskij nel 1960 in omaggio ai 400 anni dalla nascita del principe, nella quale rielabora tre madrigali del compositore italiano.

 

A complicare ulteriormente la trama, oltre alla ricostruzione storica e biografica, si inserisce la seconda parte del romanzo, che si avvolge in tonalità ancor più cupe dopo l’omicidio. Si narra, infatti, che Gioachino abbia crudelmente segregato Ignazio, figlio di Gesualdo, strappato dal ventre della morente Maria d’Avalos. Un racconto che, come suggerisce Stravinskij stesso, appare più frutto di fantasia che di realtà, legato a una leggenda circolata per secoli a Napoli. Questa parte del romanzo affonda ulteriormente nella psiche del protagonista, delineando le sue spirali di peccato e sondando gli abissi insondabili della sua anima. Attraverso queste tenebre, Gesualdo emerge come esploratore temerario delle profondità dell’esistenza e artista di straordinaria sensibilità. L’opera di Tarabbia indaga a fondo questi abissi, soffermandosi anche sulle fasi creative dei suoi libri di madrigali, composizioni complesse e affascinanti, seppur destinate a un pubblico di specialisti e intenditori.

 

Stravinskij, affascinato dalla figura di Gesualdo, lo reinterpreta e lo riscopre, riconoscendo in lui un precursore delle modernità musicali e un simbolo del tormento creativo. “Gesualdo aveva anticipato il futuro, non poteva non sentirlo e per questo la sua musica era profetica, oscura e sublime insieme.” Le due narrazioni si intrecciano in un gioco di specchi che riflette la continuità tra passato e presente, tra creazione e distruzione, tra arte e follia.

L’intreccio narrativo si sviluppa come una partitura, in cui ogni voce si sovrappone all’altra, creando un effetto polifonico che rispecchia la complessità dell’animo umano e della stessa musica di Gesualdo. La scrittura di Tarabbia è densa, ricca di suggestioni filosofiche e letterarie, in cui si avverte l’eco di autori come Thomas Mann e il suo Doktor Faustus, nonché di un certo decadentismo, che trova in Gesualdo un perfetto rappresentante: “Non è dato a tutti guardare negli abissi e uscirne indenni,” sembra suggerirci l’autore.

Con Madrigale senza suono, Tarabbia non si limita a raccontare la vita di un artista, ma esplora le dinamiche della creazione artistica stessa, in una riflessione su ciò che significa essere un creatore, sulle conseguenze della genialità e sul rapporto tra arte e follia. Come nella musica di Gesualdo, il romanzo si muove tra tensioni irrisolte e profondità insondabili, offrendo al lettore non solo un viaggio nella mente di uno degli artisti più enigmatici della storia, ma anche una meditazione sulla condizione umana.

 

Il romanzo si inserisce così a pieno titolo nella tradizione della narrativa storica e psicologica più alta, rivelandosi un’opera non solo erudita e raffinata, ma anche capace di toccare le corde più profonde del lettore. Tarabbia dimostra una straordinaria abilità nel far rivivere un’epoca, ma soprattutto nel penetrare nelle pieghe più oscure dell’animo umano, con una sensibilità che rende Madrigale senza suono un romanzo non solo di grande valore letterario, ma anche di potente introspezione.

Il romanzo si struttura secondo un intreccio articolato e raffinato, che rispecchia la profondità innovativa della musica di Gesualdo. I suoi madrigali, con il loro precoce svelamento delle possibilità polifoniche, sembrano trasporre in forma scritta una visione sonora che ha anticipato il futuro, toccando corde tanto sottili e complesse da ispirare persino maestri contemporanei come Franco Battiato. In questa sovrapposizione di voci e significati, si dispiega una tensione creativa che trascende i confini del tempo e delle arti.

Madrigale senza suono non è solo un’opera biografica, ma un’esperienza letteraria che trascende il tempo e lo spazio, un “madrigale” che suona nei silenzi più profondi dell’animo umano.

 



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