Il Terremoto 40 anni dopo. De Simone: vinta una battaglia contro i pregiudizi leghisti. La Dc? Luci ed ombre – IL CIRIACO

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Sono tre i momenti nei quali Alberta De Simone divide il suo racconto di questi quarant’anni: c’è l’angoscia di una madre preoccupata di cercare e mettere in salvo i suoi figli nei primi momenti dopo la terribile scossa; la passione dell’amministratore locale che lavora per restituire alla sua comunità importanti presìdi di civiltà e cultura come gli edifici scolastici e infine l’impegno e l’orgoglio del politico che in Parlamento, per difendere il suo territorio, sfida apertamente i pregiudizi senza negare storture e buchi neri che pure ci sono stati. Un percorso lungo 40 anni che comincia una domenica sera, in mezzo a tanti bambini. «Erano una trentina – ricorda – per festeggiare il compleanno di mio figlio. Quando è arrivata la scossa è successo il finimondo. Con la più piccola in braccio mi sono messa a cercare gli altri due: il festeggiato, aveva compiuto due anni, stava per essere calpestato dalla gente che si precipitava dalle scale. E’ riuscito a salvarsi grazie alla prontezza di una signora che gli fece scudo con il corpo. L’altra mia figlia la ritrovai, dopo aver lasciato per ultima la casa, per strada dove era stata trascinata da un’altra signora. Fu quella la prima notte, il giorno dopo invece cominciò il viaggio pietoso per avere notizie dei familiari: Bonito, Montella, Sant’Angelo dei Lombardi, paese d’origine di mia madre».

Nei racconti di molti quei momenti drammatici furono contrassegnati da grande orgoglio e solidarietà…

«Assolutamente si. Mi ricordo che ad Atripalda, in meno di 30 giorni, ricevemmo dal Friuli un gruppo di volontari formato da insegnanti delle elementari e un pediatra che allestirono una tenda e fecero riprendere le lezioni coinvolgendo i bambini ancora impauriti per quanto accaduto: fu un momento bellissimo».

Emozioni intense e molto personali che presto hanno ceduto il posto ai comportamenti pubblici quelli derivanti dal suo impegno politico…

«Ho esercitato la mia funzione politica da amministratore, sindaco e parlamentare, in un periodo molto difficile: all’indomani dell’Irpiniagate».

In quel periodo parlare di fondi per la ricostruzione sembrava quanto meno una provocazione…

«Non c’è dubbio, c’era un pregiudizio fortissimo nei confronti del nostro territorio soprattutto dopo che erano stati imputate 87 persone tra politici e imprenditori per questioni legati ad appalti e tangenti, ma erano quase tutte del napoletano e dell’agro-nocerino».

A pagare, però, fu l’Irpinia…

«La legge 32, che aveva sostituito la 219, non fu più finanziata e noi ci trovammo con il problema dei prefabbricati logori e inadeguati nei quali erano rimaste persone deboli, svantaggiate, povere. E tutto questo nel menefreghismo della politica romana e nazionale».

Lei in aula ingaggiò battaglie durissime contro gli esponenti dell’allora Lega Nord…

«Fui addirittura diffidata dal recarmi in Veneto, ma nonostante tutto quando era necessario mi alzavo e parlavo».

E gli altri parlamentari irpini?

«E’ facilmente consultabile l’elenco dei deputati di quegli anni, ma comunque non parlava nessuno ed anche nelle leggi che dovevano servire al ripristino dei finanziamenti, io ero la prima firmataria poi c’erano altri parlamentari (tra i quali Sales e Cennamo) ma tutti neoeletti e nessuno della vecchia classe dirigente. Comunque i finanziamenti ripresero, i prefabbricati furono smantellati, ricostruimmo le chiese, la Presidente della Camera, Irene Pivetti, visitò di persona quella di Atripalda nel gennaio del 1995».

Fu uno dei momenti più significativi del suo rapporto con Atripalda…

«Sono stata, insieme ad altri, la voce dell’opposizione nel consiglio comunale nella fila del Pci. Quando poi la Dc andò all’opposizione e Piscopo divenne sindaco, assunsi la carica di vice con delega alla pubblica istruzione e riusci a ricostruire tutte le scuole di Atripalda. Poi diventai sindaco (era il 1993) ma dopo un anno una congiura di palazzo mi costrinse alle dimissioni. Allora mi candidai alle politiche in un collegio blindatissimo (l’avversario era Giuseppe Gargani candidato della Dc), ma sorprendendo tutti fui eletta grazie ai voti della gente più bisognosa verso la quale sentii l’obbligo di dover pagare il mio debito di riconoscenza e mi sono battuta fino in fondo, in aula, in commissione, ovunque, fino a quando la ricostruzione non è stata completata».

Il suo partito, il Pci, è stato il più accanito censore della gestione dei fondi post-terremoto: lei che giudizio dà della classe dirigente dell’epoca?

«Sulla classe dirigente della Dc ci sono luci ed ombre. Sicuramente hanno avuto un ruolo importante, concependo cose importanti per l’Irpinia ed il Mezzogiorno ed avendo anche la capacità di attuarle, ma in collaborazione col Pci: la contrapposizione era solo apparente, ci si vedeva e ci si accordava».

E le ombre?

«Quando è crollato il Muro di Berlino e ci è accorti che lo scudo contro i comunisti non serviva, non c’era più il nemico dal combattere, la pentola ha tirato fuori anche la parte marcia, quella delle tangenti e degli appalti e in quella fase hanno prevalso le ombre».

E’ d’accordo con chi dice che si sta perdendo la memoria collettiva di questa tragedia?

«Ho visto uno studio secondo il quale il quoziente di intelligenza dagli anni Novanta si è pericolosamente abbassato. Questo accade perché abbiamo trascurato il ruolo dell’istruzione e della scuola. Durante il lockdown ho riletto le “Lettere dal carcere” di Gramsci e lui sosteneva che la fase dell’insegnamento va dalla nascita alla pubertà, dopo qualsiasi insegnamento viene percepito come una lesione della libertà. Eppure noi siamo passati da uno straordinario impegno che, nel dopoguerra, aveva consentito al nostro paese di uscire dall’analfabetismo all’indifferenza per la dispersione scolastica. Non è ancora chiaro che senza cultura non potrà esserci alcun riscatto. La scuola ha un ruolo indispensabile ma oggi la tecnologia e l’uso smodato di internet hanno stravolto un po’ tutto. Anche se ci sono colpe specifiche della politica che non ha saputo preservare due pilastri della società: la scuola e la sanità».

Alberta De Simone è stata consigliere comunale, vicesindaco (1992) con delega alla Pubblica Istruzione e poi sindaco (1993) di Atripalda. Nel 1994 è stata eletta per la prima volta alla Camera dei Deputati dove è stata riconfermata nelle elezioni del 1996 e del 2001. Dal 2004 al 2008 è stata Presidente della Provincia.



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