Con la elezione dei Presidenti del Senato e della Camera e la formalizzazione dei gruppi parlamentari è iniziata ufficialmente la nuova legislatura e la Meloni, uscita vincitrice alle elezioni, malgrado le baruffe con Berlusconi, avrà l’incarico dal Presidente Mattarella di formare il suo primo governo.
Se il buon giorno si vede dal mattino, l’elezione dei due Presidenti non è stato un buon segnale. Il Presidente del Senato La Russa (che come secondo nome fa Benito) non ha mai rinnegato il fascismo; non festeggia il 25 aprile (festa della liberazione) ed ha la propria abitazione piena di cimeli e busti del Duce. Non si poteva trovare un nostalgico come lui che ha il dovere di rispettare ed attuare una Costituzione antifascista che è nata dalla resistenza. Il passaggio delle consegne tra il Presidente (sia pur per un giorno) della Segre, sopravvissuta al lager di Auschwitz, ed un nostalgico ammiratore del Duce, dà la plastica rappresentazione di un cambio di guardia epocale che getta ombre sul futuro. Alla Camera è andata perfino peggio: l’eletto Lorenzo Fontana è un radicale cattolico ultras, antiabortista, accanito anti omosessuale, nemico giurato dei “diversi”; che inneggiava a Putin e che si ispira a modelli sovranisti e antidemocratici. Giannini, sulla Stampa di ieri, scriveva “… sono l’antitesi di uno spirito repubblicano condiviso”. Vedremo il seguito.
Al senato La Russa non è stato votato da Forza Italia, alla faccia della proclamata coesione della coalizione, che non c’è mai stata e presto se ne sentiranno le differenze. Berlusconi vuole un ministero pesante per la sua infermiera personale Ronzulli, e la Giustizia e lo Sviluppo (che contiene la delega alle telecomunicazioni) per due suoi fedelissimi per proteggersi dai processi e difendere Mediaset, unico motivo per cui è “sceso in campo” e continua a starci nonostante l’età e gli acciacchi. Salvini vuole ministeri “pesanti, per rafforzare la sua leadership nel partito, la sua esclusione dal ministero dell’Interno e la nomina di Giorgetti (suo avversario) all’economia.
Questa è la maggioranza che dovrà affrontare la più grave crisi economica che attraversa il Paese e che rischia di far scoppiare disordini sociali per gli aumenti intollerabili e iniqui sulle bollette e sui beni di prima necessità come il pane, il latte e i generi alimentari; con le aziende che chiudono, l’inflazione che cresce, la disoccupazione che avanza e le disparità che si moltiplicano. Con un debito pubblico così straordinariamente alto, che non si può continuare a farlo crescere, occorrono almeno 40 miliardi per far temporaneamente fronte al caro bollette. La Germania ne ha stanziati 200! Dove li prenderanno?
Il programma illustrato in campagna elettorale di soldi ne prevede moltissimi e l’Europa –verso la quale, peraltro- non sono teneri, non pare disponibile a darcene altri. Abolire il reddito di cittadinanza non si può pena la rivolta di piazza; i condoni (che chiamano pace fiscale) e l’abolizione del super bonus sono poca cosa e le spese per le promesse fatte sono di gran lunga maggiori ed insostenibili. Tutti e tre i partner vogliono il presidenzialismo, Salvini ed i governatori della Lega vogliono la massima autonomia regionale (le ricchezze prodotte devono rimanere –salvo una piccola dose di solidarietà-alle regioni nelle quali sono prodotte); l’abolizione della legge Fornero e la flat Tax che riduce le tasse ai ricchi ma non ai ceti medi.
Come reagiranno i mercati e l’Europa? Siamo sotto esame e gli auspici, malgrado il tentativo della Meloni, scaltra ed intelligente, di imporsi ad una coalizione così rissosa, non sono dei migliori. Riuscirà a tenerla a bada? Vedremo. La nomina dei ministri ci darà un ulteriore segnale da che parte vuole andare. Il compito è immane e lei è conscia di andare a sedersi su un vulcano. Ci auguriamo, per il bene del Paese, che ci riesca e che un sano conflitto sociale possa determinare anche una rigenerazione della politica.
di Nino Lanzetta
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