di Gaetana Aufiero
“Censura, nel giro di ventiquattro ore il termine è entrato a far parte del dibattito pubblico italiano”. Questo è il commento stupito che dal 21 aprile rimbalza dal quotidiano francese Le Monde alle più importanti testate giornalistiche internazionali, denunciando quanto sta accadendo in un paese democratico come l’Italia. Nulla di nuovo un tempo nella nostra storia patria che di censure ne ha registrate tante, dal borbonico “repurgo” messo in atto dalla regina Carolina per cancellare la rivoluzione partenopea del 1799, alla censura sistematica e dura nel ventennio fascista. Pagine di storie lontane, rimosse, dimenticate. A richiamare in vita un termine che appariva in disuso è stata “la inattesa censura preventiva allo scrittore Antonio Scurati, escluso dalla partecipazione già concordata ad un programma Rai” in vista del 25 aprile. Un giorno stabilito con decreto luogotenenziale n.185 del 1946 come giorno di festa per celebrare ogni anno la totale liberazione del territorio nazionale italiano dal giogo nazifascista! Antonio Scurati in un suo monologo, concordato qualche giorno prima con la dirigenza di Rai Tre, avrebbe, come da richiesta dell’azienda, ricostruito storicamente il percorso della Liberazione del nostro paese, dall’assassinio di Giacomo Matteotti il 24 giugno del 1924 e dalla strage delle Fosse Ardeatine sino al 25 aprile del 1945, data simbolo della Resistenza e della fine della guerra in Italia!
A conclusione lo scrittore aveva deciso di rivolgere alla presidente del consiglio l’invito a pronunciare la parola antifascismo che lei ha sempre accuratamente evitato di usare. Un’ombra in quel silenzio, forse la volontà di sorvolare sulla storia di un passato scomodo, con il quale la nostra presidente e la destra al governo con lei sembrano non aver mai fatto davvero i conti! Tante le formule addotte infatti da giorni, a riprova di un certo malcelato rifiuto da parte di talune amministrazioni locali e del governo, per sminuire le celebrazioni del 25 Aprile, limitarne l’impatto, allontanarle nelle periferie, oscurarle.
Anche alcuni storici, solo per citarne alcuni, come Davide Conti, come il grande Luciano Canfora, vengono querelati e trascinati addirittura in giudizio per le loro affermazioni pubbliche. Ma “la storia non si censura, si studia”. La storia è infatti cosa troppo seria per essere chiusa in uno slogan o vissuta come un fastidioso dovere istituzionale. Quelle denunce celano forse un invito a quella “dissimulazione onesta” suggerita secoli addietro da Torquato Accetto per poter continuare a lavorare in pace o sono “delle vere e proprie intimidazioni che vanno lette in un contesto di sistematico restringimento della libertà?” “Di nuovo i ritorni, i ponti rotti, i vicoli ciechi della storia…” di cui parla Gadda nel suo “Eros e Priapo” o qualcosa di nuovo e più terribile in un contesto internazionale da paura?
Non certo una sorpresa, dunque, quello che sta accadendo oggi, ma la manifestazione di un rigetto già emerso e sottovalutato nel 2019, quando l’allora ministro degli Interni della Repubblica Italiana nel governo Conte, Matteo Salvini, oggi vicepresidente del Consiglio dei ministri, definì il 25 aprile solo “il ricordo di un derby fascisti-comunisti”, celebrato -testuali parole- con “cortei, di partigiani contro partigiani, e i rossi e i neri e i verdi e i gialli!” Un derby di nessun interesse rispetto ai veri problemi del presente! Di nessun interesse il ricordo di 20 mesi di lotte, morti, stragi, speranze? Nessuna parola su coloro che combatterono? Solo generici tweet, che ignorano il vasto schieramento in lotta, dai liberali ai comunisti, uniti dalla volontà di liberare il paese e riscattarne la dignità dopo l’8 settembre?
Come si possono dimenticare l’occupazione tedesca, l’asservimento dei fascisti di Salò ai tedeschi occupanti, la fedeltà al giuramento di molti militari relegati nei lager tedeschi e la vergogna per quanti vissero quei giorni e la fuga dalla guerra, con un paese ed un esercito allo sbando? Un disastro ed una vergogna, dalla quale nacque la Resistenza armata con giovani e meno giovani convinti che occorreva restituire al popolo italiano la giustizia, la dignità, la libertà perdute. La libertà di esprimere il proprio pensiero, di riunirsi in partiti, associazioni, la libertà di stampa, di ricerca, di insegnamento, la libertà di consentire a chiunque di guidare con onore il paese! Di qui la necessità di scendere in piazza come faremo, per dire basta e ribadire con i padri della nostra Costituzione che il 25 aprile è e sarà sempre la festa di tutti gli italiani, anche di coloro che la rifiutano e che solo grazie ad essa possono legittimamente essere al governo del nostro Paese!
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