Integratori di chetoni, cosa c’è da sapere

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di Elisa Buson e Rossella Briganti

Gli integratori di chetoni, formulati in drink, sostitutivi del pasto, polveri solubili e capsule, sono i più gettonati del momento. Vengono acquistati, per lo più online, da chi vuole smaltire in fretta i chili di troppo. Ma come agiscono all’interno del nostro organismo? Mantengono davvero le promesse tanto reclamizzate? «Purtroppo no. Non ci sono evidenze scientifiche che ne confermino l’efficacia.

Anzi, pensare di imboccare la scorciatoia dei chetoni esogeni (assunti cioè dall’esterno e non prodotti dal nostro organismo) non fa dimagrire e nuoce alla salute», afferma la dottoressa Diana Scatozza, medico specializzato in scienza dell’alimentazione e farmacologia a Milano.

Perché gli integratori di chetoni non funzionano

Nella logica delle aziende produttrici fornire i chetoni dall’esterno dovrebbe indurre il nostro corpo a utilizzare questi come fonte energetica. È come se gli dessimo il messaggio di essere a dieta, quando magari continuiamo a seguire lo stesso regime alimentare, senza alcuna restrizione calorica.

«Il nostro corpo, però, è una “macchina intelligente” che non si lascia ingannare facilmente», avverte la dottoressa Scatozza. «Se riceve ichetoni dall’esterno, non è certo invogliato a utilizzare le riserve lipidiche per produrli da sé. Così i grassi non vengono mobilizzati né tanto meno “bruciati”.

Stesso discorso vale per chi ricorre agli integratori chetonici mentre segue una dieta molto povera di carboidrati. Se si è in carenza di zuccheri, l’organismo provvede già da sé a formare chetoni e non c’è alcun bisogno di assumerne altri con bevande e compresse varie. Fatto che non solo “frena” la lipolisi ma che comporta anche un eccesso di chetoni, endogeni ed esogeni, destinati ad accumularsi all’interno dell’organismo».

Tutti i rischi dell’acidosi

Quando i chetoni, sostanze acide, superano i valori-limite si verifica una condizione negativa per la salute chiamata chetoacidosi. «Il Ph dei tessuti e del sangue, che normalmente è neutro, scende progressivamente verso valori come 5 o anche 4», prosegue la dottoressa Diana Scatozza.

«Questo comporta un sovraccarico di lavoro per i reni, chiamati a smaltire una marea di scorie acide. Uno stress che spesso fa alzare l’azotemia, spia della funzionalità renale. Occorre, quindi, invertire il senso di marcia e tornare in una situazione di riequilibrio metabolico, se non si vuole incorrere in problemi come mal di testa, debolezza, mancanza di forze e di concentrazione, nausea, vomito, confusione mentale e disturbi neurologici. Senza contare l’alito che sa di frutta, esattamente come quello dei bambini piccoli che, con la febbre alta, rifiutano di mangiare e incorrono nell’acetone».

Come perdere peso in modo sano

«Per dimagrire, invece di affaticare il corpo con i chetoni, basta ridurre la percentuale di carboidrati e zuccheri semplici al 40% dell’introito calorico giornaliero. 70 g di pasta o riso integrale e 50 g di pane, fette biscottate o crackers sono sufficienti a non andare in chetosi spinta ma abbastanza stimolanti per avviare il processo di smaltimento dei grassi», spiega la dottoressa Diana Scatozza. E in ogni caso è sempre meglio chiedere consiglio a uno specialista.

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Articolo pubblicato sul n. 20 di Starbene, in edicola e nella app dal 14 luglio 2020




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