Intervista a Violante Placido: cosa mi ha insegnato il lockdown

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di Roselina Salemi

Ha vissuto per molto tempo con una doppia personalità, anche se lo sguardo azzurrissimo è lo stesso. È Violante Placido, l’attrice figlia d’arte, quella che bacia George Clooney in The American, si (s)veste da pornostar per raccontare la storia di Moana Pozzi e si concede una parentesi hollywoodiana in Ghost Rider con Nicholas Cage, e poi c’è Viola, quella che suona la chitarra, scrive musica e canta.

Ma qualcosa è cambiato: durante il lockdown, l’attrice era ferma, la cantante no. Dall’isolamento forzato sono nate nuove composizioni, forse un disco, e una riflessione sulla sostenibilità, sulla salute e sul futuro, che le ha regalato il ruolo di testimonial di Amnesty International Italia. Diritti umani e diritti della Terra. È arrivata, ammiratissima, a San Vito Lo Capo per la XII edizione di SiciliaAmbiente (4-8 agosto 2020), entrando a far parte della giuria che ha valutato otto documentari dedicati all’impatto dell’uomo sul pianeta, da Chernobyl al Senegal.

Come è nata questa collaborazione?

Durante la quarantena la mia coscienza ecologica si è amplificata. Succede quando ricevi uno scossone a livello personale o globale. La pandemia ci ha messi in ginocchio, ci ha costretti a pensare. Corriamo sempre troppo, perdiamo di vista noi stessi e il modo di stare al mondo. Forse dobbiamo cambiare direzione se vogliamo avere un futuro.

Che tipo di riflessione ha fatto?

Ho pensato a quello che lasciamo, alla nostra eredità, a mio figlio Vasco, ai figli di mio figlio. Il nostro è un pianeta meraviglioso, ma non ci appartiene. Siamo solo ospiti. Sopravviverà alla nostra specie, forse, perché non ha bisogno di noi. Siamo noi ad aver bisogno di lui. E se rompiamo gli equilibri ci facciamo del male. Il messaggio di Amnesty è: siamo tutti connessi. Ogni nostro gesto ha ripercussioni importanti. Ho visto documentari sconvolgenti sui danni all’ecosistema marino. E non possiamo consumare tutte le risorse, presi dal delirio di onnipotenza. Se anche superiamo la brutta avventura della pandemia, resta il problema dei combustibili fossili, del riscaldamento globale.

Che cosa pensa quando si guarda attorno?

Che l’Italia è un gioiello. Nella sua piccolezza, se confrontata con altre nazioni, ha un’enorme biodiversità. È ricchissima di cultura, per non parlare della storia. Non ci manca nulla, tranne, forse, un po’ di buonsenso.

È una svolta impegnata, la sua?

Ho affrontato temi cruciali che mi sono sempre stati a cuore, sul piano personale e sociale. Adesso sto lavorando a un cortometraggio, un progetto con Alessio Boni che mi avvicina al mondo giovanile e ai rischi che corre. Ma credo anche che nella vita ci voglia un po’ di leggerezza, accettarsi – e io riesco a essere abbastanza indulgente – saper sorridere, cogliere il buono di qualunque situazione. Chiusa in casa, in difficoltà perché amo viaggiare, ho scritto tantissime canzoni, ho usato Instagram per farmi sentire con la chitarra, ho letto il monologo dell’Amleto, Essere o non essere, e mi piacerebbe recitarlo al femminile. Stravolgere Shakespeare o fingermi il principe di Danimarca.

Non ha sofferto la solitudine?

L’ho sempre vissuta come un momento di crescita, un modo per conoscermi sia quando l’ho scelta, sia quando l’ho subìta. Il contatto con se stessi è indispensabile per trovare la propria autenticità. Cerco di tenere viva la bambina che è in me, di ascoltarla. Così la voglia di sognare, lo stupore e l’entusiasmo restano intatti.

E l’antidoto alla solitudine?

Ho una grande famiglia, quattro fratelli, un figlio, un forte senso di appartenenza e sono legata a tutti. Do parecchio spazio agli affetti. È tutto collegato: la cura dell’ambiente, la cura degli altri e di sé.

In che senso?

La salute è la cosa più importante. Eppure mangiamo veleni, respiriamo aria inquinata, abbiamo stili di vita pericolosi senza rendercene conto. Non sono così disciplinata, ma so che l’equilibrio di base, l’attenzione ai comportamenti è l’unico vero investimento da fare oggi. Per noi stessi e per le persone che amiamo. La vita, che sembra solida, in realtà non lo è. Tutto può cambiare in un soffio. La bellezza se ne va…

Che rapporto ha con la bellezza?

È un dono, l’ho ricevuto, e non è definitivo. Servono attenzioni per non perderla, evitando di esserne ossessionati. Direi quasi che è una sfida. E non basta essere attraenti per sentirsi realizzati. Per me la bellezza è stata un mezzo. Mi ha portato a ottenere determinati ruoli, ma avevo anche altre esigenze. Perciò mi sono raccontata attraverso la musica, una forma d’arte che mi garantisce l’autonomia di cui ho bisogno.

A proposito, se non avesse scelto una carriera artistica, che cosa avrebbe fatto?

L’etologa. Non ho dubbi su questo.

Quali animali le piacciono e le somigliano?

Amo l’orca, il lupo e l’aquila. Sono diversi: mare, terra e aria. Eppure, mi riconosco in tutti e tre. L’orca e il lupo hanno l’appartenenza al branco, il volo dell’aquila è l’espressione della libertà assoluta. L’evoluzione ci fa pensare di essere molto diversi dagli animali. Ma non è così. Siamo più vicini a loro di quanto pensiamo. Cuore, istinto, necessità.

Quindi, alla fine chi vince? Violante o Viola?

Durante il lockdown Viola ha preso il sopravvento. Perché Violante, come attrice, deve attendere il ruolo giusto, mentre Viola non ha bisogno di nessuno. Scrive musica, canta, e può farlo liberamente quando vuole. Ma adesso, a 44 anni, direi che le mie due personalità non sono poi così lontane. La divisione dei due mondi alla quale ho tenuto per tanto tempo non ha quasi più senso. Quest’anno Viola e Violante si sono incontrate, per esempio, in teatro grazie a Femmes Fatales, uno spettacolo che riprenderò, dedicato a cinque straordinarie artiste: Marianne Faithfull (molti la conoscono soltanto come ex di Mick Jagger), Nico dei Vel-vet Underground, la capostipite del gothic rock, Patty Pravo, Francois Hardy e Yoko Ono. Quest’ultima è stata accusata di aver distrutto i Beatles, ma in realtà era un talento assoluto. Penso che, da questo momento in poi, sarò tutta intera, riconciliata con le mie due anime.

Pronta a ricominciare, a vivere l’attimo?

C’è un apologo zen, che racconta di un monaco inseguito da una tigre che arriva davanti a un precipizio e resta appeso a una radice. Può essere sbranato, eppure vede una fragola, dimentica la paura e la coglie. La fragola è dolce. Credo che anch’io, se fossi stata lì, avrei mangiato la fragola senza pensare alla tigre.

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Articolo pubblicato sul n. 22 di Starbene in edicola a ottobre 2020




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