Iperosmia, ipersensibilità agli odori: cause, diagnosi, cure

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Non si tratta di avere l’olfatto fine, ma di un vero e proprio disturbo che può causare parecchio disagio: si chiama iperosmia

Riconosci anche gli odori meno intensi, quelli che altre persone sentono poco? Potresti soffrire di un’alterazione della sensibilità olfattiva: «Vengono percepiti stimoli odorosi comunemente non avvertiti oppure ne viene amplificata l’intensità, al punto da renderli molesti», spiega il dottor Gianfranco Niedda, responsabile dell’Unità operativa di Otorinolaringoiatria del G.B. Mangioni Hospital di Lecco.

Si tratta di una condizione meno comune rispetto alla perdita dell’olfatto ma comunque diffusa, che spesso si accompagna a una sintomatologia neurovegetativa (nausea, vomito, sudorazione fredda e tachicardia), oltre a cefalea. Detta anche iperestesia olfattiva, l’iperosmia può diventare un supplizio per chi ne soffre inficiando pesantemente la qualità di vita, dal momento che gli odori sono onnipresenti nella quotidianità: si può arrivare a odiare il proprio piatto preferito o, addirittura, si possono sviluppare terribili mal di testa a causa dell’intensità di alcuni profumi.

Anche il palato potrebbe risentirne. Gusto e olfatto sono strettamente correlati: le papille gustative sulla lingua identificano il gusto, mentre i nervi nel naso riconoscono l’odore. Entrambe le sensazioni vengono comunicate al cervello, in modo che i sapori possano essere riconosciuti e apprezzati ma, quando il senso dell’olfatto aumenta, risultano più intensi e diventano spesso nauseabondi. La conseguenza può essere un dimagrimento eccessivo, dovuto a una dieta povera, oppure al contrario un aumento di peso a causa di un’alimentazione disordinata e troppo ricca di cibi gradevoli al palato ma poco sani.

Cos’è l’iperosmia

Fa parte dei disturbi olfattivi di origine quantitativa, come l’iposmia e l’anosmia, caratterizzati da un’alterazione delle soglie di rilevamento delle sostanze odorose; da non confondere con quelli di origini qualitativa rappresentati da parosmia, fantosmia e cacosmia (vedi box). E non ha niente a che fare nemmeno con l’allenamento olfattorio a cui si sottopongono alcuni professionisti, come sommelier o maestri profumieri, perché l’olfatto si può esercitare come qualsiasi altra abilità psicofisica.

Quali sono le cause dell’iperosmia

L’iperosmia non è sempre determinata da una patologia. «È il caso della gravidanza: soprattutto nel primo trimestre, ma talvolta per l’intero periodo di gestazione, le future mamme avvertono gli odori in maniera amplificata», evidenzia il dottor Niedda. «Questo fenomeno è dovuto all’aumento dei livelli circolanti di prolattina, un ormone prodotto dall’ipofisi. Nulla di allarmante, dunque: è un meccanismo biologico e ancestrale, presente in tutti i mammiferi, finalizzato a ottimizzare il riconoscimento olfattivo tra mamma e piccolo».

Altre volte, invece, c’è effettivamente un problema organico e, nella maggior parte dei casi, la causa è endocrina, ovvero è dovuta ad alterazioni ormonali: «Menopausa, ipertiroidismo, tumori dell’ipofisi e morbo di Addison sono le condizioni più frequenti», sottolinea l’esperto. «Meno comune è la sindrome da sensibilità chimica multipla, una malattia poco conosciuta che consiste nell’impossibilità di tollerare un ampio spettro di agenti chimici e di cui è caratteristico il forte fastidio verso gli odori». Ulteriore possibilità, seppure rara, è che l’iperosmia sia dovuta a malattie psichiatriche e, quindi, sia correlata all’esaltazione del tono dell’umore. Si ipotizza un’origine psicosomatica, più comune nelle persone che hanno una personalità istrionica, portata a una continua ricerca di attenzioni.

Come si diagnostica l’iperosmia

Il primo step diagnostico è un’anamnesi approfondita, accompagnata da eventuali esami del sangue che consentano di escludere le patologie organiche responsabili dell’iperosmia. «Il passaggio successivo è una rinofibroscopia, nota anche come rinofaringo- laringoscopia, che permette di esplorare le cavità nasali», racconta il dottor Niedda. «Eventualmente, si può ricorrere anche all’olfattometria, una metodica che consiste nell’impiego di sostanze odorose di svariata natura e in dosi crescenti che vengono presentate al paziente per quantificare, in tal caso, l’acuità olfattiva attraverso un punteggio».

Come si tratta l’iperosmia

Il primo trattamento dell’iperosmia è sintomatico e consiste nell’evitare l’esposizione agli odori forti, che di solito sono rappresentati da alimenti come il pesce, la carne, alcune salse o il caffè. «Come cura coadiuvante può essere prescritto un complesso vitaminico B ad alte dosi, utile per sostenere la funzione olfattiva», conclude l’esperto. «L’importante è indagare a fondo le cause per rilevare eventuali disturbi e trattarli in maniera adeguata, risolvendo anche la possibile iperosmia che ne deriva».

Mini guida alle altre alterazioni dell’olfatto

Iposmia: definisce la parziale riduzione del senso dell’odorato. Ben nota durante il periodo pandemico.

Anosmia: altro sintomo spia dell’infezione da Covid. Identifica la perdita degli odori.

Parosmia: è una rara condizione, per cui i segnali olfattivi non vengono correttamente identificati. Così, per esempio, l’odore della carne viene scambiato per l’olezzo del petrolio.

Fantosmia: è una sorta di allucinazione dell’olfatto. Chi ne soffre ha la percezione di un odore che, in realtà, non c’è.

Cacosmia: questa alterazione dell’olfatto porta alla percezione intensa di un odore sgradevole, che può essere reale (cacosmia oggettiva) o immaginario (cacosmia soggettiva).

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