di Stefano Carluccio
Negli ultimi anni assistiamo sempre di più ad una progressiva perdita di importanza politica ed economica dell’Europa, a discapito delle superpotenze Cina e America.
Non cresciamo economicamente e politicamente siamo sempre più dipendenti dagli Stati Uniti. Complice una frammentazione politica e una mancanza di unità vera dell’Unione Europea, costituita da tanti singoli stati separati che non agiscono come uno solo, e di una decrescita economica frutto di burocrazia, poca competitività e pochi investimenti pubblici.
L’Europa è ancora tra le aree del mondo dove c’è la maggior ricchezza privata ma è sicuramente in una fase di declino e tutti i paesi, chi più chi meno, stanno vivendo questa fase. Dalla Germania all’Italia, passando per Francia e Spagna.
Inoltre la popolazione europea non cresce più, e dal 2030 comincerà a diminuire per raggiungere i 424 milioni nel 2070, dagli attuali 447. Mentre la popolazione americana continuerà ad aumentare, e quella cinese diminuisce, ma nel 2050 saranno comunque 1,3 miliardi di persone. La mancanza di influenza geopolitica si ripercuote anche sull’economia, dal momento che nelle aree più strategiche e a più veloce crescita del mondo, come l’Africa o l’Asia, la presenza europea è quasi insignificante, sia da un punto di vista politico che economico. Riducendo così di molto le opportunità per le imprese, i professionisti e i lavoratori europei.
I singoli stati europei da soli non contano quasi niente a livello globale, quindi l’Unione Europea è fondamentale e necessaria. Ma questa Europa evidentemente non funziona, perché non sembra riuscire nell’intento di migliorare e amplificare le condizioni delle singole nazioni, facendo leva sulle economie di scala e sulla sua forza contrattuale.
Anche il fatto che in tante occasioni singoli stati si muovano in autonomia sullo scenario globale, non fa altro che indebolire la forza e l’influenza dell’Unione Europea.
Ma visto che indietro non si può tornare, vedasi il Regno Unito in crisi profonda dalla Brexit, l’unica strada è aumentare l’integrazione europea, con un esercito comune, politiche comuni e uguali per tutti, una politica estera comune. Non può più essere tollerabile che all’interno dell’Unione ci siano paesi a tassazione agevolata, che fanno concorrenza agli paesi membri, come l’Irlanda, il Lussemburgo o l’Olanda.
D’altro canto, se i problemi europei sono tanti e di difficile soluzione, l’America sembra stia vivendo un periodo d’oro. La disoccupazione è ai minimi di sempre, l’economia cresce a ritmi record, il numero di milionari aumenta, cosi come anche la popolazione. E se la Cina è in difficoltà, il potere geopolitico americano è ancora ben saldo. Checché ne dicano quelli che parlano di declino e di fine dell’impero. La Cina invece sembra essere in crisi per la prima volta dopo molti anni. Una popolazione che diminuisce e sempre più anziana.
La disoccupazione in aumento, i salari bassi, la crisi del settore immobiliare, dove si concentrano i due terzi della ricchezza cinese, la fuga delle aziende straniere per le preoccupazioni geopolitiche e in cerca di paesi dove la manodopera costa di meno come Vietnam e Thailandia. Tutto questo rende un quadro fosco anche per il futuro, e ciononostante guidano un’alleanza di nazioni con i BRICS che vogliono sfidare il potere americano. In questo l’Europa sta a guardare, senza gli strumenti economici e politici delle rivali. Urgono quindi riforme radicali dell’Unione Europea, per consentirle di avere i mezzi necessari per contrastare le rivali e garantire un miglioramento economico, sociale e politico a tutti i suoi Stati membri e agli attuali 447 milioni di cittadini europei. È questa la funzione per cui è nata l’Unione Europea ed è quindi questo che deve tornare a fare.