Per un giorno non esistono bandiere, ci si ritrova uniti al cospetto della santa dei casi impossibili, nel segno del legame forte con le radici, di quella devozione capace di annullare distanze. A sfilare dietro la statua della santa insieme ai tantissimi fedeli ci sono i candidati alla poltrona di sindaco e tanti degli aspiranti consiglieri comunali. Sono quasi tutti, Rino Genovese, Antonio Gengaro, Gennaro Romei, Modestino Iandoli, Laura Nargi, sfilano l’uno al fianco dell’altro, si scambiano strette di mani e abbracciano, ribadiscono una fede che si portano dentro da sempre, poichè Santa Rita appartiene davvero a tutta la città ed è uno di quei riti che scandiscono il tempo dell’anno. Lo sottolinea anche il commissario prefettizio Paolo D’Attilio che confessa di essersi sentito a casa nel vedere la folla di fedeli in processione “Oggi a Livorno è Santa Giulia, patrona della città. Ogni 22 maggio la tradizione vuole che si rinnovino il rito della messa e della processione. Vedere tanti fedeli oggi mi ricorda casa. E’ una sensazione positiva, un momento di grande intensità, soprattutto per chi crede. Capisco che si tratta di una tradizione molto sentita qui ad Avellino”. Il rito è quello di sempre, guidato dal rettore della chiesa di San Francesco Saverio don Antonio Dente e accompagnato dalle Confraternite e associazioni mariane e dalle note della banda musicale. Sono le preghiere e le invocazioni a scandire il cammino, a ogni angolo altri fedeli aspettano il passaggio mentre le donne stringono al petto le rose, fiore caro a Santa Rita.
Tante anche coloro che indossano la tunica da monaca della santa, come in una sorta di identificazione con la sposa, madre e suora, autentica rivoluzionaria del suo tempo per la sua fede nella pace. Don Antonio Dente lo ripete: “La fede deve essere incentivo a fare la propria parte per trasformare la comunità, non può essere solo preghiera, deve farsi storia, quotidianità, è quello che ci insegna Santa Rita, che non smise mai, anche di fronte alla violenza subita, di farsi operatrice di pace. Dobbiamo imparare da lei. Quello che arriva da Santa Rita è un appello alla responsabilità”
Protettrice delle donne maritate infelicemente e delle cause impossibili, Santa Rita scelse la vita monastica per trovare conforto dalle tragedie familiari che avevano colpito la sua vita. Giovanissima, fu data in sposa ad un uomo violento. Il marito fu assassinato e nel giro di poco tempo anche i figli lo seguirono nella tomba. Malgrado ciò Santa Rita si adoperò per riappacificare la famiglia del marito con gli assassini, interrompendo cosi la spirale di odio che si era creata. Entrò in convento e lì visse gli ultimi 40 anni di vita. Poco prima di morire, immobilizzata a letto, santa Rita chiese ad una sua cugina di portarle una rosa e due fichi dalla casa paterna. Era inverno, ma i frutti c’erano e la cugina glieli portò.
Da allora la rosa è il fiore caro alla santa, capace di vincere le spine che la vita le aveva riservato, sciogliendo il gelido inverno di tanti cuori. E anche questa volta i petali di rose infonderanno il suo capo.