La fisioterapia per chi fa sport

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I feel good, mi sento bene. Fra i protagonisti del grande evento tutto dedicato al benessere che si terrà a ottobre a Milano non poteva mancare la fisioterapia, la scienza che studia il movimento e le funzioni motorie del corpo. Ce ne parla la dottoressa Michela Galizzi, Fisioterapista e Referente Servizi Fisioterapia RAF First Clinic – Gruppo San Donato.

Quali sono i casi in cui la fisioterapia si usa più di frequente?

Negli infortuni o in caso di presenza di dolore, ma anche per migliorare la performance sportiva o la postura. Infine, c’è chi vuole imparare a prevenire i guai e a continuare la propria attività fisica in sicurezza.

Sono molte le persone che fanno sport amatoriale e si ritrovano ad aver bisogno della fisioterapia?

Chi fa attività fisica non agonistica non si allena sempre in modo corretto. Un esempio? Le persone che hanno ritmi di lavoro molto elevati, e quindi riescono a dedicarsi all’attività fisica una volta a settimana a grande intensità, oppure non sono costanti. E c’è anche chi inizia un nuovo sport, e magari non cura con sufficiente attenzione l’impostazione tecnica di partenza.

Ci vuole sempre la prescrizione dell’ortopedico?

Da noi il paziente viene preso in carico da un’équipe che prevede l’ortopedico, il fisioterapista ma anche l’osteopata e il nutrizionista. A volte la persona arriva senza prescrizione, e allora sarà il fisioterapista che eventualmente indirizzerà il paziente verso lo specialista medico più adatto.

E per chi non fa sport?

Ci si rivolge a noi per qualche fastidio o dolore: fa male il collo, hai la sciatica, le ginocchia danno problemi. Quando il paziente comincia a capire come funziona il proprio corpo, il potenziale di miglioramento diventa alto. Sarà allora l’ortopedico a indirizzare verso la forma di trattamento più adeguata.

Si può usare anche in forma preventiva?

Sì, ma dobbiamo analizzare insieme attività fisica e stile di vita. Lo sport può prevenire tanti disturbi, però la fisioterapia deve individuare un allenamento che compensi le attività quotidiane. Prendiamo chi sta seduto tutto il giorno in ufficio ma ama la bicicletta: di fatto, anche durante l’attività fisica, prolungherà le ore di stazione seduta. Quindi benissimo la bici, ma aggiungendo all’allenamento esercizi di mobilità per mantenere le articolazioni libere, esercizi di attivazione e allungamento dei muscoli della colonna vertebrale e degli arti inferiori. Un’idea che è molto apprezzata dai nostri atleti e pazienti è quella di fare un’ora a settimana yoga, pilates o fisioterapia posturale e funzionale.

Può educare a prevenire infortuni?

Un paziente informato sa gestire anche il proprio corpo in modo più efficace. Per esempio, quando sento di essere particolarmente affaticato, sarò in grado di gestirmi meglio. La stanchezza è infatti una potenziale causa di infortunio. Così, nel giorno in cui sono giù, mi allenerò in un modo diverso, per esempio con carichi più leggeri. Si è visto che tantissime lesioni possono essere prevenute cambiando la modalità di riscaldamento, aggiungendo dello stretching, degli esercizi di forza, di stabilità, di coordinazione del gesto e di mobilità. Con queste variazioni possiamo ridurre gli infortuni dal 30% al 50%.

Può migliorare la postura?

Sì, anche negli anziani. Molti pazienti, per esempio, stanno un po’ curvi in avanti, tengono le spalle anteposte, oppure camminano male, e poi si ritrovano doloranti. Tutto questo si può correggere e migliorare. La postura è una reazione del nostro corpo alla forza di gravità e se alleniamo i nostri muscoli e recuperiamo qualche grado di mobilità articolare otterremo dei movimenti più fluidi, meno faticosi e più funzionali.

Che terapie strumentali si possono usare?

Quelle fisiche che aiutano il corpo a velocizzare la guarigione. Possono essere finalizzate a ridurre il dolore, un edema o un’infiammazione. Per esempio si utilizzano le onde d’urto focali e radiali, campi magnetici ad alta intensità, la laser terapia, le terapie con vibrazione. A seconda dell’effetto biologico che vogliamo ottenere possiamo scegliere la più indicata.

Si può fare in acqua?

L’acqua ha un effetto drenante, perché quando immergiamo il nostro corpo eseguiamo una sorta di linfodrenaggio per la pressione esercitata dai liquidi. Dopodiché, a seconda di quanto ci immergiamo, riduciamo il carico sul nostro corpo. Quindi in acqua si possono fare alcuni esercizi per diminuire il “peso” sulle nostre articolazioni, ma si possono anche fare attività a velocità elevata per ottenere una resistenza maggiore.

Prevede anche esercizi da fare a casa?

Nella prima seduta in presenza il fisioterapista può prescrivere alcuni esercizi da svolgere a casa. Verranno controllati e corretti nella seduta di controllo, aggiungendo altri esercizi. E così via.

Si può fare fisioterapia da remoto con la Telemedicina?

Sì. Ed è una pratica che si sta diffondendo. Normalmente i nostri pazienti, che vengono dall’estero o da zone distanti in Italia, preferiscono fare la prima valutazione in presenza e continuare poi il percorso riabilitativo a distanza tramite la piattaforma di telemedicina.

Che cos’è lo specchio digitale?

È uno strumento tecnologico che permette di analizzare il movimento in termini qualitativi e quantitativi. Permette di valutare il gesto del paziente o dell’atleta, di creare esercizi su misura e dà la possibilità al paziente di avere un feedback immediato su quello che fa. Una telecamera in 3D riporta l’immagine sullo schermo, una pedana di forza misura l’impatto sul suolo e le percentuali di carico dei due arti: questo mi permette di controllare come eseguo i movimenti, vedere quanto carico un arto e, se faccio un salto, ho in tempo reale un riscontro su eventuali errori nel gesto e posso così iniziare a correggerlo. Diventa quasi un gioco: ci si danno degli obiettivi e migliorando la qualità del gesto possiamo anche prevenire gli infortuni.

In cosa consiste il Bio Power?

È un circuito di allenamento personalizzato che dura mezz’ora, all’interno del quale i nostri pazienti devono svolgere una serie di esercizi specifici da ripetere più volte. Sono delle serie speciali monitorate dal fisioterapista che migliorano la forza e la stabilità. Il circuito viene ricalibrato all’incirca ogni due settimane per adattare i carichi di lavoro in modo ottimale.

A cosa serve l’Antigravity therapy?

Il paziente indossa un particolare pantaloncino ed entra in un involucro gonfiabile e trasparente dentro il quale viene soffiata aria a pressione positiva che solleva e alleggerisce il corpo fino all’80% del suo peso, con un effetto antigravità. La persona si trova così a poter correre o camminare su un tapis roulant sfruttando i vantaggi specifici legati all’uso dell’optimal load: il carico ottimale funziona un po’ come un farmaco, che quando viene dosato correttamente dà i migliori risultati. L’atleta può sfruttare questa tecnologia nelle fasi di scarico attivo o per recuperare più precocemente dopo un infortunio; altri pazienti, anche in fase pre o post-operatoria, possono recuperare lo schema del passo, lavorare senza dolore o iniziare a correre nel modo corretto.

In che campi è utile la crioterapia?

La terapia del freddo si fa in criosauna o in criocamera. La prima è una specie di cabina parzialmente aperta, in cui la testa e le mani rimangono fuori ed è preferita da molte persone che sopportano a fatica gli spazi chiusi. La seconda è una stanza, dove il paziente sta seduto e deve utilizzare guanti, calzari e una copertura per viso e testa. La temperatura in questi sistemi scende fino ai –160 gradi centigradi e, per ottenere un effetto terapeutico, il trattamento deve durare da 1 a 3 minuti. Ha un effetto antinfiammatorio sistemico importante: è utile per migliorare la circolazione periferica ed ha anche una funzione antidolorifica.

Il nostro corpo, esposto a basse temperature, richiama il sangue verso il cuore e gli organi vitali; dopodiché, quando torna ad una temperatura normale, manda il sangue ben ossigenato verso la periferia, migliorando la salute delle nostre estremità. La crioterapia interrompe anche il segnale del dolore, e quindi è utile anche in questo campo. È un freddo secco, assolutamente sopportabile. Dà una grande sensazione di benessere generale e di alleggerimento degli arti inferiori. È molto utilizzata dagli atleti sia pre che post-allenamento. È sconsigliato effettuare la crioterapia, ad esempio, in caso di gravi cardiopatie, fenomeno di Raynaud, stato di gravidanza: ad ogni modo è il medico prescrittore che valuta le indicazioni e l’appropriatezza della cura. Durante la seduta il fisioterapista è sempre presente e il trattamento può essere interrotto in qualsiasi momento.

288176Torna I Feel Good

I Feel Good 2024: dopo il grande successo dello scorso anno, il weekend del benessere organizzato da Starbene, Donna Moderna, Sale & Pepe, Casa Facile e Confidenze terrà la sua seconda edizione alla Fondazione Catella, nel centro di Milano, il 19 e 20 ottobre.

Molte le iniziative, fra le quali diversi talk targati Starbene, con la partnership di RAF First Clinic – Gruppo San Donato. Imperdibile quello che vedrà coinvolta la dottoressa Michela Galizzi, protagonista dell’intervista qui sopra. Ci svelerà i segreti e le novità (anche tecnologiche) della medicina che “ripara” postura, acciacchi e gli effetti collaterali dell’attività fisica.

La superalleanza fra dieta e psico

All’interno dell’evento milanese I Feel Good le protagoniste di un altro talk targato Starbene saranno la psicologa e psicoterapeuta Mirella Chiorazzo e la biologa nutrizionista Jessica Falcone. Le abbiamo messe “insieme” perché anche sul campo hanno dimostrato che l’alleanza fra psicologia e nutrizione funziona. Non a caso, presso il Punto RAF di via Washington, le due esperte hanno istituito un percorso di psicoeducazione alimentare che prevede incontri di gruppo.

«Entriamo nella vita delle persone non solo da un punto di vista nutrizionale, ma anche da quello delle abitudini, perché le scelte alimentari si fanno anche sulla base dell’effetto che hanno sul nostro umore. Quindi è da lì che si cerca di individuare il percorso più adatto al paziente, in modo da poter creare un iter nutrizionale che possa essere inserito all’interno di uno stile di vita che coinvolga anche la sfera psicologica ed emotiva», spiega Falcone. «L’idea è quella di creare un equilibrio alimentare che possa poi trasferirsi in uno ormonale, fisiologico ed emotivo: quindi il percorso non è “consegniamo un piano alimentare e via”, ma consiste nell’accompagnare il paziente verso una consapevolezza che in qualche modo lo renda anche autonomo e pronto a fare delle scelte, a capire come risponde l’organismo a certi stimoli e, soprattutto, fornirgli degli strumenti utili da utilizzare». «Per spiegare il perché della psicologia in questo campo parto dal concetto di fame nervosa», aggiunge Chiorazzo.

«È fame emotiva: la mia pancia è piena ma è come se la mia testa non fosse soddisfatta. E quindi la voglia di mangiare nasce un po’ per colmare qualcos’altro. È stato dimostrato che le emozioni possono avere un impatto sulle nostre azioni, e quindi spesso le persone sono davvero inconsapevoli nel fare delle scelte alimentari perché il cibo si colora di significati relazionali, diventa un po’ un sostituto delle parole. La psicologia aiuta a sentirsi più consapevoli delle scelte, e ad avere più strumenti affinché l’alimento non venga più utilizzato come parole per esprimere, tradurre qualcosa a livello emotivo».

«In queste persone esiste un livello biochimico con un’alimentazione un po’ squilibrata, per esempio con salti dei pasti o senza una colazione adeguata, e quindi l’organismo crea un disequilibrio per cui l’aspetto emotivo può partire un po’ di più dalla parte “fisica”. E poi c’è il livello più psicologico, dove comunque c’è un disagio più profondo, e allora le due cose possono incrociarsi. Ma il primo step è trovare un equilibrio alimentare che consenta di far ripartire in un modo più armonico tutto il sistema fisiologico e metabolico. Poi, da lì, si integra l’aspetto emotivo», conclude Falcone.





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