Atripalda si è illuminata, si è riscaldata, si è ritrovata intorno alla devozione, con i fuochi che sono tornati nei tanti quartieri della cittadina. Si è così svolta la vigilia della festa del patrono, San Sabino, nelle 17 aree, quartieri, piazze, dove sono stati accesi i falò. Una tradizione antichissima, in onore di San Sabino, festeggiato il 9 febbraio, anniversario della morte, insieme a san Romolo che ne è il compatrono, e il 16 settembre, giorno in cui, nel 1612, furono traslate le ossa del santo dall’altare maggiore della collegiata Sant’Ippolisto di Atripalda nello specus martyrum sottostante. La notte dei falò è un’antichissima tradizione della cittadina irpina, essa diffonde le sue origini nel 1656: anno in cui l’epidemia di peste provocò circa 1200 vittime e furono accesi tantissimi falò come mezzo di purificazione corporale e spirituale dei malati di tutta la cittadinanza. Il grande falò in piazza, i fuochi nei tanti angoli della cittadina, la gente che non ha fatto mancare la sua presenza: questa la scena la sera dell’otto febbraio. A Capo La Torre, il quartiere di San Sabino, dove sorge l’edicola a lui dedicata, è stata organizzata una festa speciale, anche con specialità gastronomiche, con sottofondo il ritmo delle ballate irpine suonate da eroici artisti, che si sono cimentati sprezzanti del freddo pungente. Domani si continua con le celebrazioni religiose.
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