Quando le giornate/hanno il sopravvento sulla notte/e i giardini si ricamano di colore/la passione cresce/nella cucina laboriosa/profumata di orgogliosa perfezione/in un crescendo di emozioni/che catturano gli scettici/regalando/cerchi di candida dolcezza.
Ingredienti:
500 gr. di farina 00;
100 gr. di zucchero;
4 uova ;
50 gr. di olio di semi;
30 gr. di grappa;
½ bustina di lievito vanigliato;
Per la glassa:
500 gr. di zucchero;
100 gr. di acqua;
un albume
un cucchiaio di succo di limone;un pizzico di cannella
confettini colorati
Procedimento:
Nella planetaria mescolare le uova con lo zucchero ,aggiungere il liquore e l’olio,;mettere il gancio alla planetaria e aggiungere la farina e il lievito fino ad amalgamare bene l’impasto.
Quindi metterlo sulla spianatoia oleata e lavorarlo per farlo gonfiare; quindi ricavare dei bastoncini lunghi 10cm. e formare le ciambelle. In un tegame riscaldare acqua e immergere poche per volta le ciambelle. Aspettare che vengano a galla e metterle ad asciugare su un canovaccio incidendo ogni ciambella lungo tutta la circonferenza. In una teglia mettere un foglio di carta forno, disporre le ciambelle e mettere a forno a 220° per 10 minuti e poi a 160 ° per altri 10 minuti , Intanto preparare la glassa mettendo in una casseruola lo zucchero con l’acqua e far sciogliere ,senza mescolare, fin quando comincerà a filare; togliere dal fuoco, aggiungere il limone,la cannella e l’albume e far montare con uno sbattitore elettrico.Immergere le ciambelle nella glassa pe metà e decorare con i confettini.Far raffrendere prima di servire .
Accompagnare con vin santo.
Curiosando:
S’ignora l’origine della parola tarallo forse deriva dal latino torrère (“abbrustolire”)o dal francese “toral”(essiccatoio) o dal greco “daratos” (sorta di pane).Per la sua forma rotonda si pensa che il nome derivi dall’italico “tar” (avvolgere) o dal francese “danal” (pane rotondo). Nel 1400, le famiglie contadine, usavano offrire questo alimento accompagnato con del buon vino come segno di amicizia e di cordialità.Matilde Serao nel suo libro “Ventre di Napoli”descrisse i “fondaci”,i quartieri a ridosso del porto, poveri ed affollati dove l’alimentazione era a base di biscotti ottenuti con gli avanzi di pasta di pane;magari addizionati con strutto e pepe e infornati a forma di ciambella . Nell’800 con la pasta dei taralli venivano preparate anche delle figure con cui si decoravano le tavole dei banchetti nuziali e mangiati a fine pasto abbinati a vino dolce. Col termine tarallino ,invece,s’intende la varietà pugliese,più piccolo ed addizionato con olio d’oliva. Secondo la tradizione popolare furono inventati da una mamma che per sfamare i suoi figli preparò dei piccoli cerchietti di pasta, impastando farina, olio e un pizzico di sale,chiusi con un piccolo nodo finale e fatti cuocere in forno. Oggi l’offerta è diversificata perché esistono versioni dolci o salate o addizionate ,specie nella tradizione pugliese,con cipolle,peperoncino, pomodoro.Le varietà dolci si preparano nell’Italia meridionale , in particolare nella provincia di Avellino, nel periodo pasquale e vengono regalate in segno di amicizia e buona fortuna. In Basilicata il tarallo nasprato è chiamato “il dolce della sposa” perché, in passato, era offerto nei banchetti nuziali come simbolo di buona fortuna e fertilità.
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