Non c’è solo una sinfonia nuova, c’è anche e soprattutto una donna rigenerata dietro a Veronica, il secondo e recentissimo album di Bianca Atzei, uscito sette anni dopo il primo disco in studio. In questo progetto, ricco di duetti e collaborazioni con artisti italiani e internazionali da Arisa a Cristiano Malgioglio, Virginio, Briga e J-Ax, i Legno, niente è scontato. Né la vena artistica di Bianca che affiora in undici brani variegati per generi, parole, vocalità né tantomeno la rinnovata corrente esistenziale della cantante. Perché questa compilation, seguita anche dalla pubblicazione il primo luglio del singolo inedito Playa Nera, è il simbolo della sua rinascita, come dice lei stessa a Starbene.
Iniziamo dal titolo: perché hai scelto “Veronica”?
Veronica è il mio vero nome, che poi ho cambiato artisticamente in Bianca all’inizio della carriera. Ho deciso di usarlo perché non ho più bisogno di una maschera. Adesso gioco a carte scoperte e questo nuovo lavoro esprime la mia interiorità a 360 gradi. Per scoprirla, ho dovuto scavare nelle mie radici, a iniziare dal nome che non mi piaceva e non accettavo.
Come ti senti, ora, Veronica o Bianca?
Solo una persona più consapevole. Prima mi contendevo tra Bianca, felice di stare sul palco, davanti ai riflettori, sempre sorridente e Veronica, con un lato più buio, ripiegato in se stesso, malinconico. Era una continua lotta, spinta dalla voglia di cancellare Veronica ed esaltare Bianca che, a parole, mi faceva apparire più felice e forte. Ma era solo fumo negli occhi, in realtà tutto quello che sentivo rimaneva dentro di me, incatenato. Perché, di fatto, non ero libera di potermi esprimere, come persona e artista.
A che punto sei arrivata?
Adesso, dentro di me Bianca e Veronica hanno fatto pace e trovato il giusto equilibrio. A 35 anni, infatti, ho realizzato che l’una non potrebbe esistere senza l’altra, poiché si danno forza a vicenda e, in fin dei conti, sono la stessa identica persona. La verità è che se non ci fosse stata Veronica non ci sarebbe neanche Bianca e che, se Bianca sta bene sul palco, anche Veronica è contenta. Questa unione, la mia vera essenza, l’ho fatta uscire realizzando questo disco. Ogni canzone è una sfumatura di Veronica, il nucleo nascente di Bianca, da dove tutto è partito.
Quanto è stato importante accettare di essere te stessa?
Fondamentale, la consapevolezza è dinamismo vincente. È un motore di vita, perché solo quando prendiamo atto di noi stessi, del nostro vissuto, del nostro presente, delle nostre aspirazioni siamo in grado di rimetterci in discussione. Di rinnovarci. Il progetto Veronica, infatti, è la mia rinascita. Mi ha permesso di far venire fuori il coraggio che per un periodo avevo dimenticato.
Reinventarsi: ha una scadenza?
No, non è mai troppo tardi. L’importante, a un certo punto, è rintracciare noi stessi, per riuscire a stare bene. Mi poteva capitare prima? Certo, chissà dove sarei arrivata, che direzione avrebbe preso la mia vita personale e professionale se fossi cambiata qualche anno fa. Ma è successo ora, e va bene così. Inutile guardare indietro, rimuginare su brutti ricordi, rimorsi, rimpianti. Il passato resta sempre dentro di noi, nel bene e nel male, ma da qui a farsi condizionare ne passa… Io voglio solo guardare avanti.
La tua rinnovata consapevolezza fa rima con fragilità?
Non è credibile far vedere che si è sempre vincenti, la verità è un’altra. Io mi sono sentita più forte quando ho ammesso a voce alta le mie difficoltà, dalla partecipazione all’Isola dei Famosi, dove ho raccontato le mie delusioni d’amore, al problema al cuore insorto durante la prima esibizione al Festival di Sanremo nel 2015 fino alla perdita, un anno e mezzo fa, del bambino che stavo finalmente aspettando, dopo tanti esami e cure per averlo. No, non mai avuto paura di mettermi a nudo, anche perché la vita non è solo sorrisi. I problemi ci sono per tutti, e la soluzione migliore è spartirli con gli altri. Perché sentirmi parte di una grande famiglia mi dà la forza di andare avanti e poter dare una mano mi fa stare più serena.
Ti piace condividere, e si sente anche nel tuo disco. Ma con qualcuno più degli altri?
Da sempre, ho un legame molto forte con mia madre che in ogni situazione mi supporta e sopporta tantissimo. È l’unica che riesce a tirarmi su in qualsiasi momento. È l’unica che capisce, comprende e conosce Veronica e Bianca. Intuisce ogni mio sguardo, cattura ogni parola, sa come sono. E io sono una persona super complicata. Non è facile starmi dietro…
Che importanza hanno i sogni nella tua vita?
Moltissima, senza rimani sempre incollato lì, nello stesso territorio. Mentre se fantastichi hai sempre la speranza che qualcosa di buono, di diverso si avveri nella tua vita. Con i sogni possiamo crearci in testa tutti i progetti che vogliamo e dare così un indirizzo alla nostra vita.
La tua rinascita a cosa ti porterà?
Anche solo il pensiero di poter realizzare qualcosa che desideri ti rasserena, almeno a me fa questo effetto. E io di cose che vorrei fare ne ho tantissime, canzoni sicuramente, ma anche recitare in un film, diventare madre, dipingere, creare una collezione di abiti tutta mia. Adesso che sono riuscita a diventare me stessa, non aspetto più il via di qualcuno per fare quello che voglio, lo faccio e basta. In questo percorso di risveglio, mi ha reso più sicura l’età, ma soprattutto la coscienza che libertà significa avere la possibilità di decidere, di scegliere, di cambiare, di trasformarsi, di intraprendere una nuova direzione.
La sperimentazione come ispirazione di vita, insomma…
Sì, mi sento in continuo cambiamento. E il mio nuovo disco, che spazia da un genere melodico all’altro, rappresenta alla fine la mia voglia di essere un po’ tutto. Anche dal punto di vista relazionale: ogni duetto rappresenta un incontro magico con quell’artista, che dà corpo a emozioni uniche. Con Arisa, abbiamo cantato in Le stelle l’amore in tutte le sue sfumature; con il rap Briga in Televisione la leggerezza; con Cristiano Malgioglio in Siamo tutti uguali abbiamo ironizzato sull’attrazione femminile (e non) verso i “belli ma impossibili”.
Il tutto abbellito dai fiori che spesso accompagnano le tue foto su Instagram.
Dici anche che le tue canzoni sono come fiori… Mi sono resa conto che, alla mia età, è molto più bello per una donna ricevere dei fiori piuttosto che una borsa. Me ne sono accorta, anche quello, forse un po’ tardi ma mi piace da morire perché mi fa sentire più desiderata, apprezzata. Il fiore per me è il simbolo della femminilità. Poi, dire che ogni brano assomiglia a un fiore è come affermare che c’è una rifioritura a ogni canzone, un qualcosa di nuovo, di libero, di profumato.
Mai fermarsi di fronte agli ostacoli
«Mi ero persa, lasciata andare. Non avevo più stimoli e, se non sto bene, non riesco neanche a scrivere», ci dice Bianca Atzei. Ma come è riuscita a “spezzare il cielo” per parafrasare una strofa del suo brano Le stelle e ritrovare se stessa? «La svolta è arrivata durante il lockdown. Mi sono fermata, mi sono guardata dentro e ho capito che dovevo cambiare un po’ tutto. Senza paura o vergogna, ho chiesto aiuto psicologico a un professionista. Sono fatta così: di fronte a un ostacolo, divento combattiva, non voglio soccombere. Adesso, per esempio, mi è tornata la paura di volare. Ma provo a non vederla, prendo l’aereo, e basta. Magari, stritolo la mano a chi mi sta vicino». Perché, come ha scritto su Instagram “mi voglio agitare solo di felicità”.
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