La sfida per il cambio di passo

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Il test elettorale non è ancora terminato. Domenica e lunedì prossimi si svolgeranno i ballottaggi per le comunali. Un turno ricco di sfide interessanti come quelle di Arezzo, Reggio Calabria o di Matera e nella nostra Irpinia ad Ariano. Questo test comunale è solo un piccolo antipasto di quelle del prossimo anno che toccheranno tutte le più grandi città italiane: Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna. Al momento l’eco delle regionali non si è ancora spento e come hanno messo in evidenza alcuni analisti il voto del 20 e 21 settembre ha segnato un ulteriore cambiamento della forma della nostra democrazia. Sempre di più i partiti perdono peso e contano le persone e soprattutto i leader.  Se questo è vero a livello nazionale lo è maggiormente in ambito territoriale dove la figura emergente è quella del governatore. I successi strepitosi di Zaia in Veneto o di De Luca in Campania sono gli esempi più significativi di questa impronta personalistica. Se questa è la cornice di partenza, colorare il quadro resta l’impresa da delineare. I partiti fanno fatica e il governo Conte, nonostante le tensioni interne, è uno dei pochi punti di equilibrio. Da qui al termine della legislatura può succedere di tutto a partire dalle fibrillazioni in casa dei Cinque Stelle che sono destinate ad aumentare.  La divisione resta più o meno sempre la stessa, tra i governisti fedeli a Di Maio contrapposti ai movimenti guidati da Di Battista che in questa legislatura è fuori dal Parlamento.  Inevitabilmente dunque il tema della divisione grillina ha riflessi sul governo. Il Presidente del Consiglio non è mai entrato in queste polemiche ed ha anche evitato di metterci direttamente la faccia nelle elezioni regionali. Resta un tecnico, l’avvocato del popolo come si era lui stesso definito e una vecchia volpe come D’Alema ritiene che oggi la politica è a un punto di caduta grave e Conte è stato scelto casualmente, estratto a sorte, però ci è andata bene. Adesso il premier deve gestire la partita dei 209 miliardi del Recovery Fund ed è questa la vera sfida da vincere e dunque è ora l’occasione per un cambio di passo nell’esecutivo. Il punto principale è quello di non sprecare questi fondi che occorre saper spendere e per farlo servono riforme vere e serie anche perché in passato, purtroppo, non siamo stati capaci di grande progettualità. Conte e la sua maggioranza hanno il compito di non sovrapporre l’interesse generale a quello personale. E’ uno dei lasciti di questo test elettorale che ci ha consegnato una crescente disillusione verso le politiche populiste. Come ha scritto Claudio Tito su Repubblica “gli italiani sono meno propensi agli eccessi. E’ qualcosa di preliminare rispetto all’opzione di centrodestra o di centrosinistra. Quelle forme di radicalismo che hanno riscosso successo negli ultimi dieci anni, soprattutto nella coniugazione sovranista, si fermano adesso sotto il tetto invisibile della normalità. L’Italia, fortunatamente, non riesce a fare a meno della normalità. Certi eccessi, talune intemperanze o atteggiamenti anti-istituzionali, adesso sembrano una manifestazione di debolezza”. La prova più tangibile di questo cambio di passo sta nel referendum. Pur avendo stravinto, i sostenitori del Sì non hanno caricato di un significato anti casta e anti-Parlamento il risultato. E allora adesso il dibattito dovrebbe concentrarsi sulla funzione rappresentativa e legislativa delle nuove Camere. E’ il modo migliore per svuotare quello spirito qualunquista che ha descritto la politica solo come numero di poltrone o di stipendi da assegnare. Il paese si è reso conto che la contestazione è stata utile per far esplodere il sistema ma per evitare il declino queste spinte vanno governate e non più alimentate.

di Andrea Covotta



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