La Sindone a Montevergine tra memoria e futuro, dal ruolo cruciale dell’Abate Marcone alla sfida del turismo religioso – Corriere dell’Irpinia

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Diventa l’occasione per rilanciare la sfida del turismo religioso in Irpinia il convegno dedicato alla Sacra Sindone, promosso dall’associazione “Insieme per Avellino e per l’Irpinia”, presso il Circolo della Stampa. Lo sottolinea con forza Pasquale Luca Nacca “Il 25 settembre saranno trascorsi 85 anni dal passaggio della Sindone in Irpinia. Pochi sanno, infatti, che durante il secondo conflitto mondiale, il “sacro lenzuolo”, che secondo la tradizione avrebbe avvolto il corpo di Gesù deposto nel sepolcro, fu trasferita presso l’Abbazia di Montevergine per essere messa al sicuro dai tedeschi. Questo convegno diventa l’occasione per rievocare una pagina cruciale nella storia del territorio e accendere i riflettori sulla storia della fede in Irpinia, in vista delle celebrazioni del Giubileo del 2025 e dell’800esimo anniversario dalla morte di S. Francesco d’Assisi. Date che si affiancano al 300esimo anniversario dalla nascita di S. Gerardo Maiella nel 2026 e all’anniversario della morte di Moscati nel 2027. Si tratta di anniversari che l’Irpinia a chiamata a celebrare nella maniera più adeguata e che possono rappresentare un’occasione di rilancio per il territorio. E’ un percorso che può rappresentare una strada per il rilancio delle aree interne”.

E’ lo storico Gerardo Troncone a ricordare il passaggio della Sindone a Montevergine. “Nel 1939 l’Abate Ramiro Marcone fu convocato in Vaticano dal Sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Giovan Battista Montini. Trovò ad attenderlo il Cardinale Luigi Maglione della Segretaria di Stato, che gli confidò l’intenzione di trasferire la Sindone a Montevergine, poichè ritenevano che non fosse più sicura neppure in Vaticano, nel momento in cui l’Italia fosse entrata in guerra. Il 25 settembre la Sacra Sindone, trasportata a Montevergine in automobile, sotto la vigilanza di Monsignor Paolo Busa, primo cappellano del Re e custode, a Torino, dell’eccezionale reliquia, e di Monsignor Giuseppe Garglio, secondo Cappellano del Re, fu consegnata all’Abate Marcone, il quale -recita il verbale di consegna- “l’accetta lieto di poter conservare nel Santuario sì preziosa Reliquia”. La cassa rimase sotto l’altare del Coretto da notte del cenobio, un pregevole manufatto ligneo del ‘600, dal 1939 fino alla fine della seconda guerra mondiale, Nel 1946 venne messo a punto il piano per il trasferimento della Santa Sindone a Torino, nella cappella della Real Casa. I monaci espressero, però, il desiderio di vedere il sacro lenzuolo prima che lasciasse il Santuario di Montevergine; l’ostensione avvenne nella notte tra il 18 e il 19 ottobre, alla presenza del cardinale arcivescovo di Torino Maurilio Fossati, del custode della Sindone  Monisgnor Paolo Brusa, del priore di Montevergine Roberto D’Amore, dei monaci e di alcuni amici della comunità. A questo straordinario evento è stato dedicato anche un libro a cura di Giovanni Mongelli: “La sacra Sindone a Montevergine e la sua ostensione il 28-29 ottobre 1946.”

E’ la professoressa Teresa Colamarco a spiegare le ragioni della scelta di Montevergine per il trasferimento della Sindone “Certamente Montevergine appariva un luogo sicuro per l’asprezza della montagna ma non solo. La scelta del santuario era legata non tanto ai rapporti esistenti tra la comunità monastica di Montevergine e casa Savoia ma alla presenza, alla guida della comunità, dell’abate Ramiro Marcone, uomo di fiducia del cardinale Maglione, segretario di stato del Pontefice. L’abate era un uomo energico che aveva dato nuova linfa al santuario, apprezzato per la sua cultura negli ambienti ecclesiastici ma anche fortemente pragmatico, come testimoniano le opere da lui realizzate, a partire dal nuovo istituto delle Suore benedettine per gli orfani di guerra. Aveva, inoltre, dato nuovo impulso dato al pellegrinaggio mariano. Era un uomo considerato di grande affidabilità anche per la forte osservanza delle regole, in sintonia col Vaticano sul concetto di apostolato, come aveva dimostrato quando era stato visitatore apostolico in Croazia. Da parte sua, Vittorio Emanuele consentì subito alla proposta del Vaticano. Due giorni dopo l’arrivo della Sindone, giunse a Montevergine anche il cardinale Maglione. Non dimentichiamo che la stessa nomina dell’Abate era appannaggio della Santa Sede”.

Toccante la testimonianza del giornalista Paolo Matarazzo “Un giorno, fu mio padre, meccanico bravissimo, specializzato nelle riparazioni di macchine da corsa, mentre lavoravo nella sua officina a raccontarmi un episodio che aveva segnato fortemente la sua vita e quella della comunità irpino. Me lo raccontò con la voce rotta dall’emozione ma mi chiese di conservarlo per me ancora per alcuni anni, prima di parlarne pubblicamente. Lui stesso si era impegnato a mantenere questo segreto con i monaci di Montevergine. Scoprii così che la notte in cui la Sindone era arrivata a Montevergine, si era fermata a causa di un guasto l’auto che la trasportava ed era stato mio padre a ripararla. ‘Di sera mi vennero a prendere i monaci a casa, in campagna, a via Circumvallazione – mi raccontò papà – Mi dissero solo ‘Peppino vieni con noi, dobbiamo riparare un’auto importante’. Quando raggiungemmo l’auto, mi rivelarono che trasportava la Sindone a Montevergine. L’auto rimase nella mia officina per un’intera notte, poi, dopo essere stata riparata ripartì per Montevergine. Ecco perchè – mi ripetè – la Sindone ti proteggerà sempre’. Papà era il meccanico di fiducia del santuario, a chiamarlo in quell’occasione era stato Padre Rabasca. Mi commuovo ancora a pensare a quell’episodio, papà rischio la vita per mettere in salvo la Sindone”

La professoressa Giovanna Nicodemi si sofferma sulla complessa storia del Sudario “Quando si parla della Sindone bisogna muoversi su due fronti, quello scientifico e quello storico, ma è chiaro che la spiegazione finale è  demandata ai Vangeli. La Sindone compare in Europa nel 1353 ma ci sono almeno quattro testimonianze legate a miniature e affreschi di catacombe risalenti a un periodo anteriore a questa data, la troviamo, ad esempio, ad Edessa nel 50 d. C, immediatamente dopo la Resurrezione. Fu un crociato, Geoffrey de Charny,  a portarla in Europa, la fece conoscere attraverso la prima ostensione a Lirey nella sua città natale, testimoniata dalla realizzazione di un medaglione in bronzo votivo. La Sindone sarebbe poi stata ceduta ai Savoia nel 1453 dai discendenti di De Charny. Inizialmente, i Savoia la custodirono nella loro capitale di Chambery, dove divenne reliquia dinastica e segno di legittimazione della dinastia, ma nel 1532, la Sindone subì un grave incendio nella Sainte-Chapelle du Saint-Suaire, che lasciò delle bruciature sul lenzuolo ripiegato in una cassetta d’argento. Nel 1578 il duca Emanuela Filiberto la trasferì a Torino. Successivamente fu esposta in occasioni non soltanto a carattere religioso, ma anche per le nozze di casa Savoia, ultima quella nel 1931 tra Umberto II e Maria José”. Fotografata per la prima volta nel 1898, a partire dal XX secolo fu oggetto di numerose estensioni, le ultime nel 1978, 1998, 2000, 2010, 2013 2015 e 2020 . A caratterizzare l’incontro anche un video della studiosa Emanuela Marinelli, tra le più illustri sindonologhe che da 40 anni racconta le evidenze scientifiche legate al Sudario del Cristo



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