La “svolta” di Festa: azzardo calcolato o dannosa utopia?

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Ad un anno esatto dalla vittoria al ballottaggio, dopo una pandemia che si è abbattuta sul percorso amministrativo con la potenza distruttiva di un mare a forza nove, le parole del sindaco Festa hanno il sapore di un all-in con cui il primo cittadino mette sul tavolo tutte le sue fiches sperando di vincere la partita nel prossimo quadriennio. Una mossa che magari Festa ha pianificato (almeno speriamo) nel dettaglio, ma che certamente non è priva di rischi e che espone, tra l’altro, il primo cittadino e la sua giunta, se gli obiettivi non dovessero essere raggiunti, ad una inappellabile sentenza di fallimento. Dietro la scelta dal sapore promozionale di suddividere gli interventi (ma il famoso Dream Team di cui si sono perse le tracce c’entra qualcosa?) in settori le cui iniziali fanno la parola “svolta”, c’è un sostanzioso elenco di progetti che possono sicuramente incidere sull’immagine e la vita della citta, progetti che però si scontrano con alcune variabili al momento non individuabili (avere la certezza dei finanziamenti per i prossimi quattro anni ad esempio) che ne potrebbero rallentare, se non fermare del tutto l’attuazione. Quello che, però, sembra più evidente è ciò che manca al progetto di rilancio che Festa ha in animo per Avellino. In primo, non venendo meno alla sua indole un po’ guascona, il sindaco si è spinto molto oltre annunciando il taglio del nastro per Tunnel, Ex Gil e Piazza Castello nei prossimi tre mesi. Dovesse riuscirci non resterebbe che applaudirlo, se al contrario questo lasso di tempo dovesse passare invano la figuraccia sarebbe clamorosa. Suggestivo il capitolo dedicato alle “Origini” e proprio per questo è incredibile non avere ascoltato parole sul futuro della Dogana e nemmeno si vede la necessità di acquisire al patrimonio comunale la Torre dell’Orologio (di proprietà del Demanio e dunque già pubblico). Resta piuttosto nebuloso il meccanismo che dovrebbe riportare il consiglio comunale (e una parte degli uffici) a Palazzo De Peruta (con annessi problemi logistici), una mossa che può avere una ricaduta “sentimentale”, ma certo appare poco funzionale rispetto alla vita della città. Festa ha ribadito anche di non voler più vedere cantieri che durano all’infinito, un nobile proposito sul quale, fossimo nei panni del sindaco, non scommetteremmo a prescindere. E a proposito di cantieri c’è da rimanere delusi per non aver ascoltato parole sull’ex Dante Alighieri (che fine ha fatto il progetto?) e forse qualche attenzione in più andrebbe riposta sulla manutenzione delle strade cittadine e sulla pulizia quotidiana questa sì che può essere realizzata in tempi brevissimi e che, sinceramente, sembra essere una priorità. Molto “festiana” nel nome e nella finalità è la “Smile Arena” da realizzarsi a Campo Genova, un’area che, dall’insediamento di questa amministrazione, vive una sorta di “crisi di identità”, sospesa tra l’essere la nuova Disneyland o la Porta Portese de noantri. Un programma sicuramente ambizioso che richiede impegno, coesione politica e capacità oltre ad una buona dose di fortuna. A questo aggiungiamo anche si tratta di un programma proposto da un’amministrazione di un comune in predissesto, una condizione fortemente limitativa dalla quale Festa intende uscire, lo ha detto, nei prossimi quattro anni: è come scalare l’Everest, in bocca al lupo. Il sindaco si gioca tutto dicevamo, già a cominciare dai prossimi tre mesi con i tagli di nastro da lui annunciati e per i quali è atteso al varco, per arrivare a fine mandato con una città completamente cambiata e per nulla simile a quella “oppressa da 40 anni di potere”, tre dei quali Festa li ha trascorsi facendo il vicesindaco non va dimenticato, in modo da poter incassare il dividendo elettorale per la riconferma. Ci riuscirà? Festa è apparso sicuro ma è in politica da un tempo sufficiente per non sapere che quattro anni sono lunghi e che la partita potrà vincerla solo alla fine. Per perderla, invece, potrebbe volerci molto meno tempo.

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