Grottaminarda. La scala mobile è ancora lì. Ferma. Con i pendolari, e i viaggiatori in genere che la guardano quasi sconsolati. Perché se non arrivi con gli autobus, grazie alla fermata a richiesta che è stata collocata a pochi passi dal municipio della cittadina, quando arrivi all’Autostazione dell’Air, l’ultima rampa bisogna percorrerla a piedi.
Alcune volte, con il fiatone, altre si vedono mamme con la carrozzina che, coraggiosamente, affrontano l’ultima salita per arrivare nell’avveniristico box. È trascorso giusto un anno. E si procede a piccoli passi. E la scala mobile rappresenta la quasi immobilità di quel posto. Che, ad un anno di distanza, non ha ancora riempito i suoi quattro piani. Anche se qualcosa è cambiato.
Come, ad esempio, la biglietteria: che non è più un tavolo messo in mezzo all’ingresso ma che, adesso, svolge le sue funzioni all’interno. Normale, si direbbe. O come la sala d’attesa che, sopratutto in questo periodo invernale abbastanza freddo, può accogliere comodamente chi deve aspettare un autobus per tornare a casa.
Dei quattro piani, come disse Anthony Acconcia il giorno dell’apertura dell’autostazione, uno sarebbe stato occupato da un asilo aziendale, da attività commerciali e una biblioteca solidale. Tante manifestazioni di interesse, soprattutto per le seconde, specialmente per le attività di ristoro,probabilmente più di quanto sia possibile accoglierne. Ma non si vede ancora niente. Le corse Air giornaliere che partono dalla cittadina ufitana sono 114 e ne usufruiscono circa cinquemila passeggeri ogni giorno. Che, gran parte di questi, possono utilizzare il parcheggio interrato con 200 posti auto. Quando si finirà questa grande opera? Perché adesso manca un’anima.
Saranno capaci di dargliela? Certamente il posto scelto anni fa non è stato uno dei migliori, perché è a pochissimi metri dal cimitero comunale. E a lavori in corso ci furono forti polemiche per per questo. Ci sono voluti più di dieci anni per inaugurarlo, proprio l’anno scorso. Speriamo che per tutto il resto si possa fare un poco prima.
Giancarlo Vitale
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