Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, risponde alla lettera aperta del direttore del Corriere dell’Irpinia, Gianni Festa, pubblicata sull’ultimo numero del settimanale e sul nostro sito web.
Caro Direttore,
le Sue parole sono importanti.
L’esercizio della responsabilità – di una qualunque responsabilità – si regge su due qualità: la sensibilità di ascoltare e il coraggio di decidere. Normalmente, per poter serenamente decidere, anche a costo di scontentare qualcuno, si deve aver dedicato molto tempo ad ascoltare.
Per questa ragione, accolgo la Sua lettera con gratitudine: la considero, anche a beneficio dei Suoi lettori, nostri concittadini, un momento di scambio necessario che, mi auguro, sarà utile a Lei per avere delle risposte e, sono certo, sarà indispensabile a me per rendere più proficuo il mio impegno.
Il primo degli argomenti con cui proverò a rispondere alle Sue sollecitazioni è prioritario, ma non La soddisferà. Intuisco chiaramente, infatti, che quello che Lei chiede al Ministro dell’Interno, affetto da irpinitudine, è ben altro rispetto ai dati oggettivi che pure mi corre l’obbligo di riportare a Lei e ai Suoi lettori.
La provincia di Avellino nell’ultimo periodo è sicuramente stata messa alla prova. Si sono verificate vicende che hanno destato scalpore ma che al tempo stesso confermano la capacità di reazione e di intervento dello Stato. Peraltro, l’analisi dell’andamento dei fenomeni criminali non ci restituisce una situazione in peggioramento, tantomeno fuori controllo.
Ma non è questo il tema centrale che Lei pone. Quella “tranquillità” tipica della nostra terra che Lei ascrive al nostro passato, poco o nulla ha a che fare con la contabilità dei reati, il cui decremento pur testimonia l’efficacia di un sistema di prevenzione e contrasto della criminalità, organizzata e diffusa, che funziona egregiamente.
Quello a cui Lei richiama la mia attenzione è la necessità, comune ad ogni territorio, di promuovere il radicamento di una cultura della legalità che generi una risposta immunitaria della società intera ai tentativi di corruzione e infiltrazione delle consorterie criminali.
Ebbene, il primo passo in questa direzione è una comune presa di coscienza dell’inevitabile e preziosa verità che l’Irpinia è pienamente immersa nel mondo. È una terra prospera e, come tale, attrattiva. Probabilmente meno tranquilla rispetto al passato, ma anche meno isolata, molto più visibile, conosciuta per il suo patrimonio di ingegno e bellezza ben oltre i confini italiani.
Intendo dire che quello che può essere percepito come un rischio, ossia la rinuncia alla pacifica quotidianità della civiltà contadina, è invece una risorsa. Non possiamo tornare al passato, ma possiamo costruire brillanti prospettive di futuro.
Avellino non è più – forse non è mai stata – quella città che il Suo autorevole collega definiva “addormentata”. Di questo, so che converrà con me, dobbiamo essere fieri. L’orgoglio, tuttavia, deve motivarci a sviluppare idee e strumenti sempre più raffinati per difendere la nostra terra da chi, allettato da tanta ricchezza, vorrebbe depredarla.
Rispetto a queste considerazioni, per riaffermare la cultura della legalità ognuno è chiamato a fare la sua parte. Il Governo sta investendo tanto sul rafforzamento della presenza delle Forze di Polizia quanto sull’implementazione delle infrastrutture logistiche, per garantire a cittadini e imprese di poter accedere, in piena sicurezza, a nuove opportunità di sviluppo.
È lo sviluppo, infatti, nella sua accezione più ampia – dunque sul piano lavorativo, culturale, sociale, educativo – il principale antidoto contro la criminalità, ancor prima e ancor di più di qualsiasi strategia di repressione dei reati basata sul controllo del territorio e sulla presenza delle Forze dell’Ordine.
In questo, so di trovare in Lei e in tutti i nostri concittadini dei solidi alleati.
Con stima,
Matteo Piantedosi