Di Antonietta Gnerre
Cari ragazzi, in questo giorno di fine anno sto riflettendo sul tempo che scorre. Su quel tempo che vorrei reinventare per voi mentre scrivo questa lettera, con tutte le cose belle che non riuscite a fare più. Nelle lettere vibrano i sentimenti, le emozioni. Quel senso di commozione difficile da dire a voce. Ricordatevi che non dovete mai perdere di vista il valore della scrittura e della lettura. Questo non significa che non dovete apprezzare le nuove tecnologie. Ma vi invito anche a non dimenticare ciò che sappiamo fare senza la tecnologia. Insomma dobbiamo cercare il più possibile di unire le due cose. Leggendo i libri s’impara a parlare e come scriveva Mario Lodi “Insegnare a parlare significa insegnare a pensare”.
Anche questo giorno di fine anno, purtroppo, è del tutto calato nel problema che ci invade: il Covid. Sì, siamo ancora alle prese con questa grande pandemia. Il virus muta, si rigenera di continuo con ondate di infezioni. Voi però avete il diritto di sognare la vostra vita. Di immaginarla con un futuro più sereno. Per questo, per gli auguri per il nuovo anno, ho deciso di parlarvi di un grande maestro, Mario Lodi. Tra qualche mese, il 17 febbraio 2022, ricorrerà il centenario della sua nascita (1922-2014). Lodi, oltre ad essere un grande maestro, è stato uno scrittore e un protagonista d’eccezione del rinnovamento pedagogico della scuola italiana. Ha fondato la Casa delle Arti e del Gioco, un laboratorio di linguaggi e metodi pedagogici. Uno studioso con un’idea di scuola intesa come laboratorio del “fare insieme”, ricalcando l’esperienza metodologica di don Lorenzo Milani nella piccola Barbiano. Una scuola che puntava sulla lettura dei giornali in classe, esaminando i temi d’attualità per confrontarsi con la società. Perché solo l’uso della parola equivale a ricchezza interiore per affrontare le difficoltà della vita. La scuola, secondo Milani e Lodi, è il luogo dove l’io dovrebbe incontrare il noi.
Mario Lodi ha donato al mondo intero storie per ragazzi straordinarie, una di questa è Cipì (Prima edizione 1972, collana “Gli Struzzi”, Giulio Enaudi Editore), scritta insieme ai suoi alunni, guardando al di là delle finestre della classe. Un romanzo che ci insegna i valori universali: l’amicizia, la solidarietà, la libertà. Un libro che tiene ferma la parola, i frammenti di una bellezza misurata, pregna di umanità e di spiritualità. Tra gli aspetti fondamentali appare la natura in tutta la sua bellezza. La forza di combattere le paure. “Protagonisti del racconto sono, con Cipì e la sua compagna Passerì, un gatto, una margherita-poeta, tanti altri passeri e tante farfalle; e soprattutto il sole, le nuvole, la pioggia, insomma tutta la natura con l’eterno ciclo delle stagioni”.
Cipì impara a difendersi dagli uomini, dall’animale coi baffi, dalla neve, dal temporale e dal “Signore della Notte”, un gufo che sembra un vecchio saggio. Alla fine Cipì diventa padre. Un padre che insegnerà ai suoi figli i valori della bontà e dell’onestà, ad essere attenti nel distinguere il vero dal falso. Il volo del passero Cipì sul mondo è dentellato da un tempo dove le creature, animali e esseri umani, imparano a comprendersi e a rispettarsi. In questo periodo storico, disorientato, Cipì c’insegna i valori umani più alti.
Buon Anno, ragazzi!
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