L’intelligenza artificiale spiegatami da mio nipote

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Di Virgilio Iandiorio

Mio nipote Stefano, studente di scuola media di primo grado, mi ha spiegato che cosa può fare l’IA (Intelligenza Artificiale). Ha insistito perché vedessi che cosa può realizzare con l’IA. “Dimmi un argomento!” mi ha detto perentorio, “ti farò vedere come l’IA in pochi secondi ti scrive il testo”. “Vuoi una poesia alla Leopardi? ecco subito dei versi, anche in rima, di sapore leopardiano. “Chiedi di scrivere della Prima Crociata”, dico io, e lui “Di quante parole deve essere la composizione? cento, cinquecento o anche di più?”. In pochissimo tempo vedo la pagina (A4) che si riempie di parole. Poi leggiamo lo scritto, che è scorrevole e impostato come una pagina del libro di storia in uso nelle scuole. Nessun commento moralistico da parte mia. Mio nipote, però, era entusiasta della sua realizzazione. Io vedevo la distanza che mi separava da lui, non solo quella temporale. Io che investii il regalo di mio zio per la mia laurea nell’acquisto di una macchina Olivetti portatile, ora ero accanto a mio nipote che faceva scrivere all’IA il testo che voleva. E sapeva come muoversi sulla tastiera del pc. Apprezzando le novità informatiche che sa padroneggiare, gli ho detto di non dimenticare che lo strumento è creato per l’uomo non l’uomo per lo strumento (parafrasando le parole del Vangelo). A maggior ragione (l’uomo) deve possedere le qualità per indirizzare la macchina a fini che sono i tuoi non i suoi (della macchina). Gli ho raccontato un fatto veramente accaduto. Don Pasquale Di Fronzo, il sacerdote, storico, poeta e artista, da poco tempo scomparso, inviava sue composizioni a vari concorsi di poesia in Italia. Nessuna vittoria, nessuna menzione di merito. Decise perciò di fare uno scherzo. Inviò ad un concorso di poesia, una sua composizione che aveva realizzato in questo modo. Vocabolario di italiano Zingarelli, apertura a caso di una pagina, la prima parola della colonna di sinistra in alto da inserire nel verso. Ripetendo così l’operazione per molte volte, mise insieme tante parole e tanti versi quanti ne contiene un sonetto. Le parole messe insieme una dopo l’altra e in versi, con il semplice inserimento di qualche necessaria preposizione e congiunzione, diventarono una poesia. Diede alla composizione il titolo “Il Saprofita”, che aveva derivato allo stesso modo ad apertura di vocabolario. Un giorno si vide arrivare una lettera di invito a ritirare il terzo premio del concorso, tenuto in una città della Campania, a cui aveva inviato la composizione. Forse fu il primo caso di IA, quando non erano alla portata di tutti il PC e Internet e il Web. Potremmo dire che eravamo alla preistoria dell’IA. Non bisogna mai pensare che mescolando a casaccio le parole, ne vien fuori un discorso serio e ordinato. L’IA ha potenzialità enormi. Basta tenere sempre presente che siamo noi “al comando” della macchina E non avere nemmeno la paura che la macchina tolga lavoro all’uomo. C’è sempre qualcosa di nuovo da fare. Non resteremo con le mani in mano.


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