L’Irpinia tra rischi e opportunità: le due facce di una ripartenza – IL CIRIACO

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Prima il gruppo Fantoni che rifiuta l’attivazione della cassa integrazione colorando di nero il futuro di oltre cento famiglie e dell’indotto della oramai ex Novolegno, poi la Fca che, invece, la cassa integrazione la usa dopo aver sospeso l’attività nello stabilimento di Pratola Serra si spera solo per poco e senza conseguenze peggiori (la vicenda del presunto prestito da oltre sei miliardi di euro chiesto allo Stato in base al decreto rilancio, inquieta non poco, anche perché Fca non ha più sede in Italia). Se ci fosse stato bisogno di avere qualche segnale su come sarebbe stata la ripartenza in Irpinia non v’è dubbio sia arrivato e pure abbastanza chiaro. Il ritorno alla normalità dalle nostre parti, e nel Mezzogiorno in generale, sarà un percorso lungo, faticoso e costellato di ostacoli al termine del quale, forse, si potranno riveder le stelle. Ritorno alla normalità, sicuramente, ma quale? La situazione pre-Covid non era esattamente paragonabile al paese del Bengodi ed ecco che l’altra faccia della medaglia di una tragedia diventa un’opportunità. E allora ritorno alla normalità sia, ma ad una “nuova” normalità che ridefinisca un modello di sviluppo, ricostruisca una rete di relazioni sociali e rafforzi l’essere comunità. Una normalità che guardi al Mezzogiorno e alle sue zone interne come occasione di crescita. L’idea l’ha espressa in maniera efficace il commissario del Pd Aldo Cennamo in una intervista alla nostra testata qualche giorno fa, ma perché si realizzi serve davvero che tutti gli attori (la politica, gli imprenditori, i sindacati e gli enti locali) ci credano davvero e si impegnino seriamente, ognuno per la propria sfera di competenza, per arrivare ad un traguardo a cui si può dare il nome che si vuole (Patto, Manifesto, Contratto ecc.), ma che alla base ha soltanto la crescita di questi territori. Sono in grado gli attori citati di fare la loro parte? La fase tre della politica ci porterà direttamente alla campagna elettorale per le regionali nella quale, ovviamente, di obiettivi comuni non ci sarà neanche l’ombra. Quello che resta dei partiti e le coalizioni che si fronteggeranno saranno impegnate a scambiarsi accuse sulla gestione dell’emergenza e sulla ripartenza. Chi governa difenderà il lavoro svolto (a proposito perché da De Luca ancora nessun accenno all’accordo con i privati oggi all’esame della Corte dei Conti?) mentre chi ha fatto opposizione proverà a smentirlo (a proposito perché da Caldoro nessun accenno ai tagli lineari che hanno messo in crisi la sanità delle zone interne?). Toccherà dunque ai candidati dar voce alle istanze dei territori, credere che l’Irpinia e il Sannio possono essere motori di sviluppo perché centri di investimenti e nuova occupazione, cominciando a dotare il territorio delle infrastrutture necessarie. E ad investire dovranno essere quegli imprenditori che, auspicabilmente, riusciranno a liberarsi dalla tentazione troppo frequente di recitare il ruolo della vittima. Star fermi è costato a tutti, un sostegno alle imprese è necessario ma diventare assistito, pretendere l’ abbattimento delle tasse e chiedere il contributo dallo Stato (salvo poi scandalizzarsi se lo Stato vuole vedere come vengono spesi i soldi dei cittadini) è decisamente troppo ed ha poco a che fare con la definizione di imprenditore. A sostenere questa politica e il ruolo delle aree interne dovranno essere anche le forze sociali. La pandemia ha modificato, ed in modo sensibile, il modo di lavorare ed ha portato in primo piano alcune modalità (lo smart working) che diventeranno sempre più centrali in futuro. Il sindacato dovrà riuscire a interpretare i tempi nuovi senza venir meno alla sua funzione originaria con la consapevolezza che qui ed ora ci sono le possibilità per poter aprire una stagione nuova. “Last but not least” gli enti locali, Provincia inclusa. Protagonisti indiscussi di questi due mesi, spesso per decisioni cervellotiche o animate da protagonismo fine a se stesso, sono comunque un presidio imprescindibile e forse il biglietto da visita migliore per un territorio su cui investire. Si facciano promotori di occasioni di confronto, diventino l’anello di congiunzione tra la politica e la classe imprenditoriale, mettano sempre più il cittadino al centro e la qualità dei servizi come stella polare dell’azione amministrativa (in pratica facciano l’esatto opposto di quanto sta accadendo nell’Ambito A04). L’obiettivo è ambizioso e proprio per questo richiede serietà, impegno e credibilità. Non una di queste cose deve mancare e non uno degli attori protagonisti deve camminare con un passo più lento degli altri. Per l’Irpinia e le zone interne questa può essere davvero una grande occasione, bisogna crederci tutti insieme, l’alternativa è accontentarsi di tornare alla normalità di prima. E’ vero che non c’era il Covid, ma nemmeno tanto futuro.



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