Maculopatia degenerativa: come si riconosce e come si cura

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Sempre più spesso si sente parlare di maculopatia degenerativa legata all’età, un deficit visivo che interessa almeno un milione di italiani sopra i 50-55 anni. «Si tratta di una malattia che colpisce la macula, ossia la parte centrale della retina, quella che ci aiuta a leggere e vedere in modo dettagliato», racconta la dottoressa Barbara Parolini, oculista, medico chirurgo specialista in Oftalmologia presso Eyecare Clinic, Brescia. «Esistono diverse forme di maculopatia, ma quella degenerativa riguarda la popolazione intorno ai 55 anni e peggiora con l’età, rappresentando la principale causa di ipovisione nel mondo occidentale».

Cos’è la maculopatia degenerativa

Nonostante le dimensioni ridotte, circa due millimetri quadrati, la macula è responsabile della nostra capacità visiva: la sua efficienza è dovuta alla fitta presenza di fotorecettori, cellule sensibili alla luce il cui funzionamento richiede un grande dispendio energetico e comporta la formazione di prodotti metabolici di scarto. Se in condizioni normali questi “detriti” vengono smaltiti completamente, con l’avanzare dell’età questo processo diventa sempre meno efficace e possono formarsi degli accumuli (drusen), che alla lunga compromettono la visione. «Il fatto che non tutti gli anziani sviluppino questa patologia dimostra come la sua comparsa sia certamente legata a una predisposizione genetica, ma pare che l’esposizione al sole, il fumo, l’ipertensione, il danno ossidativo e l’obesità possano aggiungersi come aggravanti», spiega la dottoressa Parolini.

Ci sono due forme

La maculopatia degenerativa non è sempre uguale, perché ne esistono due forme: quella atrofica (o secca) rappresenta tipicamente l’esordio della malattia ed è caratterizzata da un lento e progressivo assottigliamento e indebolimento della retina. Al di sotto della macula si accumulano le drusen, fino a determinare le difficoltà visive. Talvolta, questo processo degenerativo evolve nella forma essudativa (o umida), che porta alla formazione di vasi sanguigni anomali nella macula indebolita, soggetti a rotture che causano emorragie o versamenti di siero, portando a un rapido e brusco calo della vista.

Quali sono i sintomi

Un calo della vista centrale, e quindi la difficoltà a leggere, scrivere e riconoscere i volti, deve accendere un campanello d’allarme. «Anche la distorsione delle immagini non va mai sottovalutata», raccomanda l’esperta. Infatti, fra i principali sintomi della maculopatia c’è proprio la cosiddetta metamorfopsia, cioè la percezione deformata, ondulata e distorta di tutto ciò che è dritto (righe, stipiti delle porte, gradini e così via).

Un test casalingo di semplice esecuzione è la griglia di Amsler, facilmente reperibile sul web: si tratta di una griglia a quadretti con un puntino nero al centro, da osservare a una distanza di circa trenta centimetri. Mentre si guarda il punto centrale (un occhio alla volta), bisogna notare se le linee appaiono rette o se qualsiasi zona della griglia sembra distorta, sfocata o scura. «Chi non ha facile accesso al web può fare lo stesso test guardando la griglia delle parole crociate», suggerisce la dottoressa Parolini.

Come vede la persona con maculopatia

«Il paziente con maculopatia vede bene con il campo visivo laterale, mentre ha difficoltà in quello centrale, che richiede una maggiore definizione delle immagini». Attenzione, però. Questa stessa visione può dipendere anche da altre problematiche, che talvolta colpiscono questa zona dell’occhio. «Per esempio, possono formarsi dei fori al centro della macula o delle membrane al di sopra, che a loro volta inducono pieghe e distorsioni. Sia i fori che le membrane si eliminano con un intervento chirurgico chiamato vitrectomia, che oggigiorno ha una buona percentuale di successo, se ci si affida a mani esperte. Ma a carico della macula si possono anche verificare danni vascolari, come quelli indotti dal diabete oppure le occlusioni di vene e arterie della retina».

A cosa può portare la maculopatia

«Da sola, la maculopatia degenerativa non porta alla cecità, ma in ogni caso comporta una perdita anche grave della vista centrale», tiene a precisare la dottoressa Parolini. Mediamente, la capacità visiva di chi ne è affetto si riduce a 1/10 (si riesce a decifrare solo la prima riga della tabella di Snellen, il classico tabellone con le lettere che troviamo dagli oculisti), ma alcuni pazienti arrivano a vedere molto meno con possibilità di distinguere soltanto cose molto grandi. «Non a caso, i pazienti con maculopatia e capacità visiva bassa non possono guidare e possono necessitare di accompagnamento e assistenza», ricorda la dottoressa Parolini.

Come avviene la diagnosi

È una classica visita oculistica ad accertare il calo della vista, a cui devono seguire esami specifici per diagnosticare la maculopatia, in particolare l’OCT, una tomografia computerizzata o, in altre parole, una specie di TAC della retina ma senza radiazioni. «È un esame molto preciso e specifico, che offre moltissime informazioni. Oggi abbiamo a disposizione l’angio-OCT, che ci offre indicazioni sulla vascolarizzazione della retina e dei tessuti vicini, anche senza usare mezzi di contrasto e senza dilatare la pupilla».

Come si cura: l’intervento chirurgico e i nuovi farmaci allo studio

Mentre alcune forme di maculopatia si possono trattare con successo grazie a un intervento chirurgico, per quella degenerativa non esiste una cura, intesa come rimozione radicale della malattia con totale guarigione. «Esiste però la possibilità di preservare la vista in un sottogruppo di pazienti che presenta la forma essudativa tramite l’esecuzione di iniezioni all’interno dell’occhio. Questo trattamento è molto tollerabile, anche se il termine iniezione intravitreale o intrabulbare può suscitare una certa inquietudine», ammette l’esperta. «Tanti pazienti vengono mensilmente sottoposti a iniezioni per lunghi periodi e questa pratica, nella maggior parte dei casi, riesce a preservare la vista per un tempo lungo, anche di anni».

Per alcune forme più gravi invece, associate a emorragie interne all’occhio con severe perdite visive, si può proporre un intervento chirurgico che può restituire molta vista. «Siamo in pochi chirurghi a eseguire questi interventi, come il trapianto di coroide e la chirurgia sottoretinica. Pochi al mondo, purtroppo». Ci sono però nuovi farmaci allo studio, sempre da iniettare, per ottenere una maggiore efficacia e sicurezza anche in forme al momento non trattabili, come la maculopatia “secca”. «Ma si esplora anche la possibilità di terapia genetica, mentre la probabilità di arrivare a trapianti di retina è più remota».

Come si può prevenire: l’importanza della diagnosi precoce

Purtroppo non esiste una prevenzione vera e propria, ma solo la possibilità di arrivare a una diagnosi precoce. «È raccomandabile a tutti una visita oculistica dai 50 anni in poi, sia per valutare forme lievi di maculopatia, sia per controllare altri parametri oculistici estremamente importanti, come la pressione intraoculare o malattie della retina periferica, che possono essere silenti e non dare sintomi», conclude la dottoressa Parolini.

Nelle forme lievi di maculopatia degenerativa, inoltre, vengono consigliati dei cambiamenti nello stile di vita (stop al fumo di sigaretta, controllo della pressione arteriosa, abbondante assunzione di frutta e verdura, soprattutto a foglia larga) e l’assunzione di integratori vitaminici a base di sostanze come luteina, zeaxantina, zinco, vitamina A e vitamina E, che – come dimostrato in uno studio scientifico denominato AREDS 2 (“Related Eye Disease Study 2” – sembrano contribuire al rallentamento della progressione della malattia.

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