Medicina preventiva, a Torino un ambulatorio per le persone sane

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“Dottore, mi scusi, la contatto perché sto bene”. Potrebbe essere questo lo scenario del futuro, dove le persone sane si rivolgono ai professionisti della salute per non ammalarsi. L’idea ha preso forma a Torino, nell’ambulatorio Medicina d’insieme dell’Ospedale Humanitas Gradenigo, dove viene offerto un approccio personalizzato a chi non vuole trasformarsi in un paziente da trattare. A disposizione c’è un’équipe multidisciplinare, formata da dietologi, fisiatri, fisioterapisti, psicologi, psichiatri, gastroenterologi, endocrinologi, agopuntori e altri professionisti, guidati da un’oncologa esperta in medicina preventiva.

Perché un simile dispiegamento di forze? Siccome i noti slogan “mangia bene”, “fai attività fisica” o “smetti di fumare” spesso non sortiscono gli effetti sperati, al punto che i malati cronici stanno aumentando anziché diminuire, la Medicina d’insieme vuole agire in maniera completa e sartoriale sul singolo individuo.

Ne abbiamo parlato con l’ideatrice e responsabile del progetto, la dottoressa Viviana Contu, oncologa.

Dottoressa, com’è nata la sua idea?

Fare l’oncologa in un reparto ospedaliero vuol dire stare accanto a tanti malati, giovani e meno giovani, più o meno sofferenti, tutti travolti da una malattia che fa molta paura. E significa anche veder morire centinaia di persone, che spesso hanno più patologie croniche: diabete, pressione alta, obesità, cardiopatie. Quando prendi consapevolezza che tutte queste patologie dipendono da fattori di rischio modificabili, che io definisco “auto-inflitti”, devi necessariamente fare qualcosa. La Medicina d’insieme nasce da lì, dal desiderio di riuscire a evitare che le persone si ammalino.

Ed è possibile?

La letteratura scientifica dice che l’80% delle malattie cardiovascolari e dei casi di diabete, circa il 30-40% dei tumori, molte degenerazioni cognitive e tante patologie psichiatriche come ansia e depressione sono condizioni prevenibili con uno stile di vita corretto. Si condanna sempre la genetica, che in realtà impatta pochissimo.

Però, cambiare stile di vita non è facile…

È vero, anche se se ne parla allo sfinimento. Tutti danno consigli: cuochi, personal trainer, estetisti, personal shopper. La Medicina d’insieme restituisce questi temi ai legittimi “proprietari”, cioè medici e scienziati. E lo fa con un occhio di riguardo per la singola persona.

È evidente che uno stesso comportamento sbagliato, per esempio la sedentarietà, debba essere affrontato in modo diverso in un ventenne universitario, in una donna in carriera con tre figli o in un anziano con una patologia. La Medicina d’insieme è molto più di una moda orientata al mangiare sano e al mantenersi attivi. È un approccio innovativo che integra prevenzione, personalizzazione delle cure, collaborazione multidisciplinare. È un focus sulla persona nella sua interezza.

Come si svolge il percorso che offrite?

Dopo aver compilato un questionario che indaga ogni dettaglio della vita presente e passata, la persona accede a una prima valutazione, che du circa un’ora, in cui vengono raccolte e completate tutte le informazioni necessarie per capire quali sono le predisposizioni personali e familiari che possono esporre a rischi per la salute. In più, si valuta la necessità di eseguire esami di laboratorio o visite specialistiche per approfondire qualche aspetto particolare.

In base ai risultati, che succede?

Il medico ragiona su alcune caratteristiche. Chi è la persona che ha di fronte? Qual è la sua età? Che indole ha? Quanto è predisposta alle novità? Lavora? Ha famiglia? Qual è il cambiamento più piccolo, fattibile e meno destabilizzante che si può concordare per iniziare? Su queste basi, vengono forniti suggerimenti personalizzati in ogni ambito. Mi viene in mente il caso di una donna di 68 anni, venuta da me con due obiettivi: invecchiare al meglio e risolvere i suoi sintomi di stanchezza, pancia gonfia e difficoltà a rientrare nel peso forma.

Era molto preparata sulle mode del momento: dieta con molte fibre (troppe per lei), zero zuccheri, poche proteine e la maggior parte assunte con integratori (per evitare la carne, diceva), consumo di alimenti etichettati come “High protein”, camminate quotidiane per raggiungere i 10.000 passi. A questa signora, però, sfuggiva un concetto importante: già dopo i 50 anni, il nostro corpo ha un bisogno vitale di proteine per prevenire la perdita di massa muscolare.

Stava lì il suo problema?

È emerso che il suo bilancio calorico e proteico non era adeguato. Inoltre, la signora presentava una disbiosi intestinale e aveva familiarità per l’osteoporosi. A quel punto, abbiamo studiato per lei un programma di tonificazione muscolare e delle indicazioni alimentari: non una dieta restrittiva, ma pasti completi e ben bilanciati. Alle visite successive, la signora si stupiva sempre nel vedere che stava ridisegnando il suo corpo, sviluppando muscolo e perdendo girovita, pur mangiando di più.

Quindi si viene rivalutati periodicamente?

Certo, l’obiettivo è prendere per mano la persona attraverso il cambiamento. Se durante gli esami iniziali emergono problemi di salute, ovviamente le rivalutazioni verrano calendarizzate in base alla patologia che emerge. Diversamente, i controlli periodici vengono concordati con la persona: c’è chi familiarizza subito con il cambiamento, ne trae giovamento e richiede valutazioni semestrali o annuali; c’è invece chi fa più fatica e ha bisogno di controlli più ravvicinati, per sentire che gli siamo accanto.

C’è un modo per capire se stiamo davvero abbassando il rischio di ammalarci in futuro?

Ovviamente non sappiamo a priori qual è il nostro rischio di partenza, quello geneticamente determinato, quindi possiamo solo ragionare sulla media della popolazione. La scienza ha mostrato chiaramente che un enorme numero di malati non sarebbe in tale condizione se avesse seguito uno stile di vita corretto. Il dato che a suo tempo mi scosse di più fu questo: il 30-40% dei tumori sarebbe evitabile. Significa che almeno una persona su tre non si sarebbe mai ammalata di cancro se solo avesse vissuto diversamente. E nelle malattie cardiovascolari le percentuali salgono fino all’80%.

Restare in salute equivale a una vita di privazioni?

Assolutamente no. Se mi ritengo pigro e dico che tanto sono fatto così, è evidente che nulla cambierà mai. Ma se accetto di adottare le prime piccole e banali modifiche, si innescherà un circolo virtuoso. Per esempio, potrei iniziare a fare le pulizie di casa con la musica, sfruttando i vari movimenti per contrarre i muscoli con consapevolezza. Non c’è sforzo fisico in tutto questo. È più un atteggiamento mentale.

E senza accorgercene, guadagniamo salute.

Esatto. Se le persone sperimentano i benefici dei piccoli cambiamenti sono portate a continuare e a migliorare. L’elemento fondamentale è la motivazione personale. Senza quella, lo sappiamo, non si va da nessuna parte nella vita.

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