Medico di base per chi è senza dimora: la proposta di legge

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Svincolare il diritto al medico di base dal requisito della residenza sul territorio è lo scopo di due progetti di legge, in discussione alla Camera, che mirano a garantire a tutti il diritto alla salute e alleggerire i Pronto soccorso intasati

Garantire l’assistenza sanitaria del medico di base anche a chi è privo di residenza sul territorio italiano. Mirano a questo obiettivo due disegni di legge collegati (il 433 e il 555), presentati rispettivamente da Pd e M5S tra ottobre e novembre dello scorso anno e ora in discussione alla Commissione Affari sociali della Camera. A oggi, infatti, il nostro ordinamento, e in particolare la legge 833/1978 (art.19) istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale – che le due proposte puntano a riformare –  subordina al possesso della residenza il diritto al medico di famiglia, stabilendo che gli utenti del SSN siano iscritti in appositi elenchi gestiti dalle Asl nel cui territorio risiedono.

Il legame tra residenza e diritto alla salute

C’è da dire che la legge riconosce a oggi in parte delle tutele, anche a chi si trova al di fuori del proprio territorio di residenza, ma con alcuni limiti. Cosa succede ad esempio a un cittadino residente che si sposti in un altro Comune d’Italia? Chi soggiorni in altra località diversa dalla propria da almeno tre mesi per motivi di studio, lavoro e salute – spiega il Ministero della Salute – senza aver trasferito la residenza può individuare un medico di famiglia temporaneo revocando il proprio medico e scegliendo un nuovo incaricato tra i nominativi di medici forniti dall’Asl del luogo di soggiorno. Il permesso vale da tre mesi a un anno, ma è possibile il rinnovo anno per anno.

Questa possibilità tuttavia esclude chi si sposta senza motivi di studio, lavoro e salute. Gli stranieri, anche extra Ue, presenti in Italia, ad esempio per turismo per non oltre 90 giorni, possono invece usufruire delle prestazioni sanitarie urgenti, quindi presentarsi in Pronto soccorso, e di elezione pagando le relative tariffe regionali, ma non iscriversi al SSN (eccetto gli studenti e le ragazze alla pari). I migranti con regolare permesso di soggiorno, se dotati di residenza anagrafica possono iscriversi al SSN rivolgendosi alla Asl del proprio Comune o, se non ancora residenti, al Comune di domicilio effettivo.
Inoltre, esiste la possibilità di venire in Italia per farsi curare, laddove nel proprio Paese non esistano o non siano facilmente accessibili competenze medico specialistiche per trattare la propria patologia, attivando le procedure di ingresso per cure.

I senza dimora, invisibili alle istituzioni

La crisi che ha colpito il nostro Paese, anche in conseguenza della pandemia “ha aggravato le condizioni delle persone che vivono in povertà e in condizioni di esclusione sociale e di emarginazione estrema” si legge nel disegno n.433, che fa riferimento al mondo dei senza dimora. Un fenomeno sommerso – spiega il testo – che comprende: “persone senza tetto, chi vive nei campi attrezzati, in insediamenti spontanei e in condizioni di mancanza d’alloggio, invisibili dal punto di vista sociale e alle istituzioni”.

Chi sono dunque i destinatari dei due progetti di legge? Lo abbiamo chiesto al deputato Marco Furfaro, tra i proponenti del disegno n.433. «La legge si rivolge a tutti i senza dimora – spiega a Starbene.it – perché essere senza dimora in questo Paese significa non avere una residenza. La residenza è strettamente connessa al diritto alla salute. Le persone oggi senza residenza, sia che vivano in strada o siano ospitate da un amico, perdono il diritto al medico di base. Questa è la stortura che cerchiamo di sanare. Alcuni Comuni hanno previsto negli anni delle vie fittizie tramite le quali ‘mettere a residenza’ le persone senza dimora. Però è un fenomeno limitato. Questa legge prova a stabilire un principio: anche chi non ha la residenza possa iscriversi all’elenco dell’ente territoriale in cui si trova per accedere al medico di base».

I costi del sistema attuale

«Certo, anche i senza dimora possono accedere al SSN andando in Pronto soccorso – prosegue Furfaro – ma ciò genera due problemi. Quando le persone vi si presentano la malattia solitamente è in uno stadio più avanzato rispetto al momento in cui invece si sarebbero recati dal medico di base. Un conto è andare con un mal di pancia, un altro con la peritonite. E poi c’è un altro paradosso: il sistema non garantisce appieno la prevenzione e il diritto alla salute e tutto ciò ha un costo enorme per lo Stato. I senza dimora si presentano in Pronto soccorso più volte l’anno perché è l’unico modo per curarsi, ma ogni accesso allo Stato costa in media, facendo un esempio, 200 euro. Mettiamo che ci vadano cinque volte: sono 1000 euro l’anno a fronte di un medico di base che costa invece 80 euro annui».

«Questa legge oltre a garantire il diritto alla salute, rappresenta anche un investimento in prevenzione e un’opportunità di risparmio per lo Stato, oltre a decomprimere i Pronto soccorso intasati», dice Furfaro. «Negli ultimi anni purtroppo nel nostro Paese i senza dimora stanno aumentando a vista d’occhio. Secondo un censimento Istat i senza dimora oggi in Italia sono 100.000 persone in condizione di grave indigenza, fragilità, che spesso non hanno un tetto e vivono in abitazioni di fortuna, di cui 60.000 sono italiani. Non sono solo senza fissa dimora, come dire ‘strutturali’ (persone che faticano a reinserirsi nella società) ma c’è anche un incremento costante di padri e madri di famiglia che divorziano, che perdono il lavoro, in alcuni casi finiscono a vivere in auto o da un amico».

La carenza di medici di base

Come far fronte alla carenza dei medici di famiglia, che sono pochi rispetto alla popolazione? «Il diritto alla salute – aggiunge il deputato – deve essere garantito e universale. In questo Paese si spendono oltre un miliardo di euro nella legge di Bilancio per fare condoni, si potrebbero mettere nel SSN per aumentare i medici di medicina generale. Per aumentare i finanziamenti si potrebbe togliere il cosiddetto vincolo assunzionale per i medici di base, ovvero il limite al tetto di spesa per le assunzioni di nuovo personale. Limite che costringe le Regioni, con carenza di medici, a pagarli ‘a gettone’. Invece si potrebbero destinare quei fondi nello sblocco del vincolo, permettendo alle Regioni di assumere nuovi medici».

Una battaglia già vinta a livello regionale

In alcune Regioni la legge è gia operativa. «È una proposta di legge presentata da anni su iniziativa del Pd nei Consigli regionali, e infatti in varie Regioni è stata già approvata: Liguria, Puglia, Emilia Romagna e Abruzzo, ed è in corso di discussione anche in Veneto, Toscana e Lazio», conclude Furfaro. «La battaglia nasce da chi opera ogni giorno a contatto con persone più sfortunate, mi riferisco ad Antonio Mumolo, presidente dell’associazione “Avvocato di strada” onlus. Un’associazione nazionale che presta a titolo gratuito assistenza alle persone più fragili, come i senza fissa dimora, e che da anni pone questo tema all’attenzione della politica».

agosto 2023

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