Di Michele Solazzo*
Le 300 persone che si sono riunite a Giugliano lo scorso sabato sono state un piccolo grande evento in un’estate elettorale asfittica, che pareva ormai dover vedere la semplice ratifica del secondo mandato di De Luca, con il mediocre della destra (travolta da scandali, inchieste e frenata dall’incapacità cronica della retorica eversiva e razzista di Salvini di attecchire alle nostre latitudini), e la resa dei 5 Stelle che stanno gestendo la campagna elettorale in silenzio per non disturbare l’alleato di governo. La nostra assemblea ha senz’altro creato un po’ di dibattito, fatto sorgere domande, anche critiche come è giusto che sia (e persino attacchi e illazioni, ma di questo è inutile parlare). Vorremmo perciò provare a chiarire per punti chiave ciò che per noi è il perimetro di alleanza definito a Taverna del Re.
La nostra risposta contra tre M: metodo, movimento e momento.
1. METODO: Al di là delle singole, sacrosante, vertenze territoriali, le realtà di base dell’ambientalismo campano hanno in anni e anni di resistenza e lavoro di comunità sviluppato un metodo di confronto e decisione. Questo metodo per noi è il requisito preliminare di ogni forma di coalizione sociale e civica. Il luogo sovrano sono le assemblee sui territori e quelle di confronto plenario. In queste assemblee sono benvenute tutte e tutti coloro che vogliono contribuire fattivamente al percorso. Nelle nostre fila contiamo studenti giovanissimi, contadini, attivisti di associazioni anticamorra, di collettivi universitari, dei centri sociali; membri di comunità parrocchiali, e anche militanti di realtà politiche organizzate (sindacati, partiti). Ognuno, però, vale per se stesso, secondo le competenze che ha e la disponibilità di tempo e risorse che vuole mettere in gioco. In piazza si scende sempre come federazione di comitati, senza bandiere, cappellini, tessere. Questo varrà anche in questo caso. Le candidature saranno decise in assemblea e saranno espressione di percorsi di attivismo ambientalista radicati sui territori: dalle provenienze più diverse, certo, ma questo è una ricchezza se si riesce ad abbandonare il paradigma per cui un percorso di tanti e diversi deve sempre avere un capo.
2. MOVIMENTO: Diciamolo chiaramente. Stopbiocidio non si candida alle elezioni regionali. Anche volendo, non potrebbe, per le ragioni appena dette. Stopbiocidio è una campagna ormai quasi decennale portata avanti da donne e uomini che animano insieme un progetto comune a partire da provenienze diverse e autonome. Tra i nostri attivisti ci sono persone convinte che lo strumento elettorale serva, persone che non votano da anni eppure si impegno politicamente con sforzi quotidiani, e persone che votano cose diverse, pur senza esaurire nella crocetta il loro impegno. Stopbiocidio ha lanciato un appello perché la questione del disastro ambientale, cancellata con un colpo di spugna dal dibattito, torni al centro della campagna elettorale. Le forze che hanno raccolto il nostro appello, a determinate condizioni, svilupperanno un progetto di civismo che avrà sue gambe, suoi linguaggi, sue parole d’ordine, suoi simboli (e tutti, lo ripetiamo, saranno discussi in assemblea).
3. MOMENTO: Una delle preoccupazioni più comprensibili che abbiamo sentito espressa in queste ore è che saremmo in ritardo rispetto alla campagna elettorale. Ciò dipende ovviamente da come si valutano i tempi e da cosa si vuole fare con quel tempo. Siamo in ritardo per costruire un partito che prenda il 51%? Senz’altro. Ma se l’obiettivo è questo, allora non basterebbero mesi o anni, vista la crisi irreversibile della partitocrazia e la volubilità del consenso. Siamo senz’altro in tempo, però, per agitare il tema ambientale in ogni contesto possibile, usando la campagna elettorale come momento di innesco per confronti, azioni, dibattiti, approfondimenti. Abbiamo la responsabilità di imporre a tutti i candidati di questa tornata l’urgenza della questione ambientale, della messa in sicurezza dei territori, delle bonifiche, della gestione virtuosa dei rifiuti, della sanità pubblica, delle sfide della riconversione ecologica e dei cambiamenti climatici.
Chiunque andrà a governare la nostra regione dovrà fare i conti con queste necessità ed è per braccare tutti quanti vogliono nascondersi il problema dell’avvelenamento della nostra terra e della morte della nostra gente che attraverseremo questa campagna elettorale. Consapevoli che i governi cambiano, ma le comunità ribelli e solidali restano. E consapevoli anche che tante forze potranno unirsi alla nostra, anche non subito. Perché – e questo possiamo dirlo fin da subito – la nostra rete, che non è nata con fini elettorali, non morirà dopo le elezioni. Continuerà a fare il suo lavoro, riproducendo questo esperimento territorio per territorio, comune per comune, strada per strada, sito per sito, cassonetto per cassonetto.
Non siamo nati ieri, non ci fermeremo domani. Saremo la spina nel fianco di chi vuole condannare a morte la nostra terra. Sempre.
*Michele Solazzo, comitato No Eolico Selvaggio