Morte Luongo, Nigro: «Ciao Sandor, amico, maestro, innamorato di Tufo» – IL CIRIACO

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Riceviamo e pubblichiamo

«La morte di Sandor è giunta non inaspettata, ma ugualmente dolorosa. Da tempo, infatti, lottava contro un male inesorabile e si notava che le sue condizioni andavano lentamente peggiorando, ma si sperava in una ripresa. Poi improvvisamente è arrivato il tracollo e la fine. Io ho perduto un amico (che tale è stato fin dalle scuole elementari), e un maestro impareggiabile di azione politica e di rigore morale. Ma la comunità tufese perde un personaggio straordinario che per anni ha impiegato tutte le sue forze e le sue capacità, per arrestarne il declino e assicurarle un futuro di prosperità e progresso. Per quindici anni gli sono stato vicino e ho collaborato con lui, e pertanto nessuno può testimoniare più di me l’impegno che metteva nel portare avanti le varie iniziative e la passione che animava la sua attività e che finiva col coinvolgere tutti quelli che gli erano vicino. Il suo esempio, il suo entusiasmo sono stati contagiosi per decine di giovani che, grazie a lui si sono avvicinati alla politica, intesa come ricerca del bene comune, e hanno scelto di impegnarsi attivamente a favore della propria comunità. I risultati non sono stati all’altezza delle aspettative, ma certamente non si poteva pretendere un miracolo in una situazione di generale arretramento non solo dell’Irpinia, ma dell’intero Mezzogiorno. Dopo il terremoto Tufo veniva vista con interesse, e spesso come esempio da imitare, dalle amministrazioni comunali più vicine, proprio grazie alle idee e ai progetti che il nostro Comune portava avanti sotto lo stimolo e l’energia propulsiva di Sandor. Egli infatti non aveva una visione angusta e limitata dei problemi, ma grazie ai propri studi e interessi e alle frequentazioni con esponenti qualificati della facoltà di Architettura dell’Università di Napoli, riusciva a inquadrarli in un orizzonte più vasto, che avrebbe dovuto coinvolgere realtà più ampie rispetto a quelle della piccola comunità tufese. Aveva capito infatti che la salvezza poteva venire solo da uno sforzo collettivo e da un progetto unitario delle tante piccole comunità che, prese singolarmente, con grande stento riuscivano ad assicurare l’ordinaria amministrazione ai propri concittadini. Con questa convinzione egli spese tutte le sue energie per convincere gli amministratori, specie quelli della media valle del Sabato, e in particolare quelli dei Comuni inclusi nella zona doc del Greco di Tufo, ad avviare discussioni e iniziative rivolte all’analisi e alla soluzione dei problemi comuni. Egli in realtà aveva grandi capacità dialettiche e persuasive, ma probabilmente i tempi non erano maturi per discorsi del genere a causa delle grandi difficoltà in cui allora si dibattevano i Comuni per i problemi creati dal terremoto. D’altra parte anche noi, al nostro interno, dovevamo fare i conti con le nostre difficoltà, che erano di due specie: da una parte i difficili rapporti con le amministrazioni (di colore politico diverso dal nostro) che dovevano approvare i nostri atti, dall’altro l’opposizione dei nostri avversari politici nel Consiglio comunale e nel paese, che a partire dal 1985 divenne molto aspra. In certi momenti veniva davvero la voglia di mollare tutto e badare unicamente ai fatti propri.
L’ostilità infatti si manifestava anche con frequenti denunce all’autorità giudiziaria, che avevano soprattutto lo scopo di creare difficoltà all’attività amministrativa e mettere tensione e paura tra gli amministratori. In questo modo era stato colpito anche Sandor e non aveva più potuto ripresentarsi come candidato sindaco alle elezioni del 1980. Ma i suoi avversari non erano riusciti a bloccarlo, perché, anche da semplice consigliere comunale, aveva continuato a dare un contributo insostituibile all’attività amministrativa, essendo l’elemento trainante di progetti che lui aveva precedentemente avviato e conosceva meglio di tutti. Colpiva in lui la competenza che dimostrava di aver acquisito (pur non essendo un tecnico) sui problemi tecnici e urbanistici, e quando parlava con i funzionari competenti della regione o della provincia, a tutti dava l’impressione di essere un loro pari. Anche Sandor, in tanti anni di attività, ebbe qualche momento di sconforto, soprattutto quando di fronte alle difficoltà e alla cattiveria di alcuni avversari, rifletteva sul fatto che noi impiegavamo il nostro tempo per i nostri compaesani, anche i nostri avversari, trascurando le nostre famiglie e i figli, per ricevere simili ricompense. Ma c’è da dire che mai fece venire meni il suo impegno, che era esclusivo e totalizzante, almeno fino quando credette nella possibilità di incidere in modo profondo nella realtà tufese, per assicurare un futuro migliore alle nuove generazioni. Per Sandor non esistevano le mezze misure. Avrebbe potuto aspirare sicuramente a una carriera politica più prestigiosa, ma non se la sentiva di lasciare a metà il lavoro iniziato per Tufo. Inoltre aborriva l’idea che si potesse sospettare che faceva il politicante per interessi personali. Anche questo era un tratto caratteristico della sua personalità, ossia l’assoluto disinteresse che metteva in ogni sua attività, al punto da rimetterci anche economicamente. Egli viveva del suo stipendio di professore, ci rimetteva le spese che faceva per il Comune, ed era sempre pronto a offrire di tasca propria in tutte le circostanze. Una generosità davvero eccessiva, che dovetti faticare non poco a contenere in limiti accettabili. Per questi suoi meriti una grande parte della popolazione lo ha sempre visto e osannato come una guida e un maestro, ma di tutti è riuscito a guadagnarsi la stima e il rispetto.

Il tempo e un’analisi accurata delle sue idee e della sua attività, sine ira et studio, riveleranno la grandezza della sua anima»

Francesco Nigro

(Sindaco di Tufo dal 1980 al 1995)



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