Nas scoprono commercio di pesce adulterato, coinvolto laboratorio di Avellino

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 Nelle prime ore della mattina, i militari del Nucleo antisofisticazioni sanitarie di Bari, coordinati dalla Procura della Repubblica di Trani e con il supporto dei Comandi Provinciali dell’Arma, stanno seguendo, tra gli altri provvedimenti, 18 misure cautelari personali¸ emesse dal gip del Tribunale di Trani, a carico di altrettanti titolari e dipendenti di aziende ittiche di Bisceglie (Barletta-Andria-Trani), di una società di consulenza e di un laboratorio privato di Avellino, nonché alcuni provvedimenti di sequestro, sia impeditivo che per equivalente, anche a carico di alcune delle società coinvolte. Ai destinatari delle misure è contestato il reato di associazione per delinquere finalizzata, tra l’altro, all’adulterazione di sostanze alimentari, frode e falso inerenti l’attività di produzione e commercio di prodotti ittici in tutto il paese.

Sarebbero due i laboratori di analisi di Avellino finiti nel mirino dei carabinieri 

Sono cinque le persone finite in carcere, e sette agli arresti domiciliari, dei 18 indagati nell’ambito dell’inchiesta coordinata dalla Procura di Trani sulle sofisticazioni alimentari. Le altre sei persone coinvolte sono state raggiunte da misure che vietano divieto o obbligo di dimora.

Le indagini seguono i nove decreti di perquisizioni eseguite dai carabinieri del Nas di Bari, con la collaborazione dei colleghi di Napoli, Taranto, Foggia, Campobasso e Salerno, nel maggio dello scorso anno a carico non solo di una impresa ittica di Bisceglie (in provincia di Barletta – Andria – Trani) ma anche di due laboratori privati ??e accreditati di Avellino in cui si svolgevano le analisi sul prodotto lavorato nell’azienda biscegliese. Esami, questi, da cui non sarebbe emersa la presenza di additivi illeciti negli alimenti. A partire dalle indagini della magistratura di Trani, che hanno portato alla iscrizione nel registro degli indagati anche di imprenditori e dipendenti di alcune imprese ittiche, è stata l’intossicazione alimentare che ha colpito una decina di persone in diverse province italiane (tra cui una famiglia di Pezze di greco, contrada di Fasano nel Brindisino) e dovuta al consumo di tonno pinna gialla. Secondo quanto accertato all’epoca dei fatti, il prodotto ittico, prima della sua immissione in commercio da parte dell’azienda di Bisceglie, sarebbe stato “decongelato e adulterato con sostanze non consentite”, riferirono gli investigatori per “esaltarne l’aspetto e il colore ma rendendolo di fatto nocivo per la salute dei consumatori”.


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