Negozi di vicinato sempre più a rischio chiusura

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I piccoli esercizi di vicinato, in Irpinia come altrove, rischiano di chiudere i battenti se non ci sarà l’introduzione di una tassa sugli introiti delle grandi piattaforme di commercio digitale, sinora fiscalmente non regolamentate, che possa riequilibrare la concorrenza tra attività fisiche e on line, insieme ad un progetto di riqualificazione ed aggiornamento delle attività più tradizionali.

Giuseppe Marinelli, presidente Confesercenti provinciale di Avellino, incalza su questioni di strettissima attualità, e sulle conseguenze  rispetto all’aumento dei costi energetici.  Le piccole attività di vicinato irpine  risultano sempre più in difficoltà».

«I timidi segnali di fiducia in un’inversione di tendenza – prosegue –  sono stati subito gelati dai nuovi dati Istat sull’inflazione registrata nel mese di aprile, che torna a salire. Ma la situazione reale per le famiglie e per le attività commerciali e del terziario in generale, salvo poche e specifiche eccezioni, non è sostanzialmente mutata. Restano infatti per intero le criticità emerse nell’ultimo anno, che non hanno consentito di lasciarsi alle spalle un periodo di crisi, determinato dalle precedenti emergenze. Restano sul tappeto anche i problemi strutturali di cui soffrono i territori e l’economia delle aree interne, che richiedono risposte urgenti e risolutive, che potranno venire soltanto grazie ad una programmazione strategica complessiva di tutti i livelli istituzionali, a cominciare da quelli locali, per mettere in campo interventi per l’ammodermamento del sistema produttivo, dei servizi e delle infrastrutture, con azioni mirate e calibrate».

Per Marinelli «occorrono provvedimenti di ordine generale del governo, come evidenziato dalla Confesercenti nazionale, che sostengano il potere d’acquisto delle famiglie e la nostra economia in una fase così delicata. Riteniamo quindi opportuna e necessaria una misura di detassazione dei futuri aumenti contrattuali riferiti ai Contratti collettivi nazionali di lavoro comparativamente più rappresentativi, per sostenere con più vigore i consumi e quindi, l’occupazione e la crescita del Paese, che secondo studi del settore potrebbero generare 2,9 miliardi di consumi aggiuntivi in tutta Italia».


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