di Michele Zarrella
Sono decenni che gli scienziati ci suggeriscono di ridurre le emissioni di gas serra nell’atmosfera. Sono decenni che i Paesi di questo mondo si riuniscono e sottoscrivono accordi per ridurre tali emissioni. Sono decenni che tali accordi non vengono rispettati.
Intanto il numero di eventi estremi continua a salire. La tabella dell’Osservatorio Città Clima di Legambiente certifica che ce ne sono stati 351quest’anno e sono aumentati di quasi sei volte in Italia rispetto a quelli del 2015, quando ne furono registrati 60.
L’Osservatorio Città Clima di Legambiente certifica anche che gli allagamenti nel 2023 furono 118, quest’anno sono stati 134; che le esondazioni fluviali sono state 46 con un incremento del 23,9% rispetto allo scorso anno e infine i danni da siccità prolungata sono stati 34 con un aumento del 54,5% rispetto al 2023. Siccità che al Sud è divenuta pericolosamente cronica colpendo maggiormente Sicilia, Sardegna e Basilica. Tra gli eventi estremi più ricorrenti le piogge intense hanno causato 134 allagamenti. Poi il vento con 62 eventi dannosi. Ma anche siccità prolungata, grandinate e frane. Insomma, o troppa acqua o troppo poca.
Il Nord Italia è stato il più colpito con 198 eventi meteo estremi. Poi c’è il Sud con 92 e infine il Centro con 61. La regione più colpita è stata l’Emilia Romagna con 52 eventi. Seguono Lombardia, Sicilia, Veneto. Le città più colpite sono state Roma, Genova e Milano. Delle province più colpite al primo posto c’è Bologna. Poi Ravenna, Roma, Torino, Palermo.
Gli eventi estremi impattano sulle infrastrutture, sui trasporti, sulle industrie, sulle attività economiche, sulle case e sulla vita delle persone. I danni si prolungano per anni e a volte per decenni. Sarebbe ora di mettere in atto quel proverbio tanto bistrattato ma molto utile: Meglio prevenire che curare. Infatti i costi per gli interventi per un’emergenza potrebbero ridursi del 75% se si mettessero in atto le operazioni di prevenzione, che sono già state individuate nel piano nazionale di adattamento climatico. Realizzare per esempio le vasche di laminazione per permettere esondazioni controllate dei fiumi, a cui l’Homo sapiens ha tolto il suo spazio naturale, permetterebbe di risparmiare danni e perfino vite umane. Altro esempio è utilizzare le acque reflue in agricoltura che garantirebbe acque depurate con contenuto naturale di azoto e fosforo 24 ore al giorno per tutto l’anno. Ma il decreto del presidente della repubblica che ne prevede l’utilizzo non viene ancora approvato. Come pure non viene approvata la legge contro il consumo di suolo da cementificazione.
Queste e altre sono le cose da fare. Lo sappiamo. Sono già state individuate nel piano nazionale di adattamento climatico. Occorre solo la volontà di metterle in atto. E speriamo che nel 2025 si faranno. Ma la speranza non deve essere una immobile attesa. Deve essere operosa. La speranza è agire, muoversi, camminare. Altrimenti c’è la disperazione. La parola latina spes contiene la parola pes che vuol dire piede e con i piedi noi camminiamo. Allora la speranza è che nel 2025 agiamo nel rispetto della nostra casa: l’ambiente. Perché l’ambiente è la nostra casa. Facciamo pace con l’ambiente, con la biosfera che ci ospita e di cui siamo parte e saremo felici per noi, per il prossimo e per le future generazioni.