“Nessuno ricorda la miseria della ferraglia arrugginita di Acqualonga, tutti l’imponenza del ponte Morandi”. L’ex Procuratore capo di Avellino Rosario Cantelmo ricorda il tragico incidente che il 28 luglio del 2013, poco dopo le venti, vide un bus turistico precipitare giù dal viadotto autostradale di Acqualonga all’altezza di Monteforte Irpino. A bordo 40 pellegrini che facevano ritorno a Pozzuoli e dintorni dopo alcuni giorni passati a Pietrelcina. Intervistato da Antonello Caporale, Cantelmo, oggi in pensione, ripercorre per il Fatto Quotidiano i sette successivi anni del processo, conclusosi a gennaio 2019 con l’assoluzione in primo grado dell’ad di Autostrade per l’Italia Castellucci, e lo fa mettendo a confronto quella tragedia con quella, avvenuta due anni fa, il crollo del Ponte Morandi. Un’intera intervista in cui traspare tutta la differenza di trattamento che lo Stato ha riservato alle vittime e ai superstiti delle due tragedie.
“I quaranta disgraziati che il bus senza freni lanciò nel burrone, e le famiglie nel dramma, dovevano avere da parte dello Stato una attenzione più ferma. E più degna- dice Cantelmo- Accertammo che i chiodi che bloccavano le barriere laterali (dei viadotti autostradale ndr.) erano completamente corrosi dalla ruggine. I chiodi arrugginiti. Nulla di improponibile alla tecnica e, penso, neanche di eccessivamente costoso. Disattenzione, colpevole negligenza, totale disprezzo dei doveri. Quella sciagura era evitabile. Le responsabilità precise”. Poi la chiosa finale, anche la morte ha bisogno di location straordinarie, è la riflessione che gli pone il giornalista. La risposta ermetica di Cantelmo è senza appello: “infatti”.