«Le giunte non si valutano per appartenenza territoriale degli assessori, ma per il lavoro che svolgono. Il congresso del Pd? Alzeremo l’asticella del confronto: al partito delle tessere, preferiamo quello delle idee. Non ci interessano prove muscolari, noi siamo consapevoli di come funziona la politica virtuosa». Il consigliere regionale del Pd Maurizio Petracca a tutto campo sulla nuova giunta De Luca, sul lavoro da fare per le aree interne e sul futuro del partito irpino.
De Luca ha varato la sua giunta, ma nel Pd locale non tutti hanno apprezzato la mancanza di un rappresentante irpino. Lei cosa ne pensa?
«E’ doverosa una premessa. Il presidente De Luca ha scelto la linea della continuità. D’altronde alla luce di un risultato elettorale così lusinghiero, mi sembra una decisione legittima e per certi versi condivisibile. La giunta appena varata vede la riconferma di sette componenti su dieci rispetto alla precedente. Posso comprendere il rammarico per la mancata nomina di un assessore irpino, ma credo che l’esecutivo non debba per forza rispondere a logiche territoriali, ma essere valutato per quel che fa, per l’attenzione che ha verso i territori. Su questo, come rappresentanza irpina all’interno del consiglio regionale saremo più che vigili».
Tra le deleghe assegnate alla giunta manca quella alle aree interne, nonostante se ne sia parlato tanto in campagna elettorale. Come va letto questo dato?
«La delega alle aree interne non era stata assegnata ad un assessore nemmeno nella precedente legislatura regionale. Eppure io credo che il primo governo De Luca si sia speso ugualmente e con efficacia per l’entroterra campano. Accadrà lo stesso in questo prossimo quinquennio. Le aree interne non devono essere considerate come una riserva. Sono territori che presentano grandi opportunità che vanno valorizzati. Il gap che va colmato è legato alle infrastrutture, materiali ed immateriali. E’ su questo versante che bisognerà intervenire in questi anni. Così come una priorità restano i servizi. Territori morfologicamente più complessi necessitano di servizi in linea con la missione di colmare le diseguaglianze».
Lei ha rivendicato più volte il lavoro svolto in commissione agricoltura nei cinque anni precedenti. E’ da lì che le piacerebbe ripartire?
«Nella precedente consiliatura mi sono occupato di agricoltura e di fondi per lo sviluppo come presidente dell’ottava commissione permanente. Abbiamo raggiunto risultati importanti, soprattutto per un metodo che abbiamo consolidato nel tempo, quello della concertazione e dell’ascolto che ci ha permesso di approvare la totalità dei provvedimenti all’unanimità e con il consenso delle organizzazioni di categoria e datoriali. E’ un risultato non scontato e che rivendico».
Lo spettro del Covid sta tornando prepotentemente sulla Campania. In che modo scongiurare un nuovo lockdown che lo stesso De Luca ha più volte paventato?
«Il Covid sta condizionando le nostre vite. E proprio in questi giorni registriamo un’impennata dei contagi che oggettivamente preoccupa. In queste ore il presidente De Luca ha respinto l’ipotesi di un lockdown regionale, ma questo non significa che non bisogna prestare la massima attenzione al quadro che quotidianamente emerge su scala regionale. Il blocco totale delle attività si scongiura solo rispettando le regole, quelle del distanziamento sociale. Io noto troppo lassismo e poca consapevolezza della delicatissima fase che stiamo attraversando ormai da sette mesi. Capisco le ragioni di chi sostiene che il blocco delle attività crei difficoltà di tipo economico ed occupazionale, ma non si può sottovalutare il rischio sanitario legato alla pandemia. Solo il rigido rispetto delle regole ci potrà consentire di evitare il lockdown».
All’interno della lista del Pd, il suo è stato un exploit inatteso. In che modo, il suo risultato personale avrà effetti sul futuro congresso provinciale?
«Il voto degli scorsi 20 e 21 settembre, come accade spesso per ogni turno elettorale, riconsegna un quadro politico nuovo, che scompagina certi equilibri per crearne di nuovi. Il mio risultato è stato per me molto lusinghiero, non c’è dubbio. Rappresenta il coronamento di un percorso portato avanti con abnegazione ed impegno negli ultimi cinque anni. Non è il risultato di un singolo, ma di un gruppo, di una comunità politica che condivide visioni ed obiettivi. Vorrei che in questo senso il mio risultato potesse avere effetti anche all’interno del Partito Democratico, rinnovando approccio, metodo e comportamenti».
Però le divisioni interne al Pd, con alcuni esponenti come Petitto e Farina che si sono candidati altrove, preannunciano nubi dense sul congresso. Da quali regole bisognerebbe partire per evitare un confronto fratricida?
«E’ in questo senso che auspico il rinnovamento che il mio ingresso nel Partito Democratico, insieme ad un gruppo, dovrebbe favorire. Il Pd deve essere sempre più inclusivo e sempre più aperto. Non più il partito delle tessere, ma il partito delle idee. In questo senso certe accelerazioni potrebbero rappresentare un deterrente alla costruzione di contenuti e proposte che dovranno, al contrario, qualificare l’azione del Partito Democratico. Ci sono mondi finora rimasti esclusi, ma che, invece, potrebbero trovare nel Pd una casa, un terreno comune di confronto. E’ a questi mondi che dobbiamo guardare con sguardo sgombro da pregiudizi e provando ad alzare quanto più è possibile l’asticella sul fronte delle proposte e delle idee. Superare i propri limiti sarebbe una prima, importante assunzione di consapevolezza. Lascerei perdere le prove muscolari e tenterei di animare finalmente un laboratorio di idee. E’ su questo che mi auguro ci si potrà misurare. Chi convince ed aggrega avrà il primato. La politica virtuosa funziona così».