Gli ex operai Novolegno tornano a far sentire la loro voce. Questa mattina, davanti ai cancelli della fabbrica di Arcella chiusa dal Gruppo Fantoni a maggio dello scorso anno con il licenziamento di 117 lavoratori, sit in pacifico di una delegazione di operai. Dopo mesi da quel fatidico 14 maggio 2019, quando il gruppo Fantoni proprietario dell’azienda irpina con stabilimento principale a Osoppo confermò la procedura di licenziamento avviata a maggio del 2018 e chiuse lo stabilimento, gli ex operai rompono il silenzio.
“Non abbiamo cacciato nessuno da Arcella, il nostro padrone, Fantoni, se n’è andato di sua spontanea volontà. Quindi quest’area deve essere liberata, perché se c’è qualche altro imprenditore pronto a subentrare dando la possibilità a circa 90 persone di tornare a lavorare, quindi di salvare 90 famiglie, non può farlo. Ci hanno lasciato in strada letteralmente. Personalmente non posso più permettermi di far fronte alle spese dell’Università di mio figlio: con 700 euro al mese di Naspi non si vive” denuncia uno di loro.
Poi l’appello-denuncia nei confronti di amministratori locali, parlamentari, politici del territorio che pure usarono parole dure quando il Gruppo Fantoni decise di chiudere qualsiasi margine di trattativa, rifiutando addirittura di aderire alla procedura di Cassa integrazione Covid approvata dal Ministero del Lavoro, decretando definitivamente la volontà di lasciare lo stabilimento irpino. Un atteggiamento a cui il sindaco di Montefredane Valentino Tropeano rispose con fermezza, chiedendo alla proprietà di mettere subito in campo un piano di sicurezza, bonifica, manutenzione e messa in sicurezza dell’impianto.
Attività che ad oggi, dicono gli operai, sono ferme. In fabbrica, questa la denuncia, mancano solo loro e il loro lavoro per il resto poco o nulla è cambiato dietro quei cancelli chiusi.
“Chiediamo un nostro diritto, il lavoro. Siamo stati abbandonati da tutti da mesi ormai. Non è pensabile che un imprenditore del Nord possa fare quel che vuole sul territorio irpino. Davanti a questi cancelli sono state fatte tante promesse, a partire da quella di far liberare lo stabilimento e invece lo scempio è tutto qui, impianti, macchinari, tralicci. Ce ne andremo da qui quando qualcuno ci darà risposte concrete. La Naspi sta per terminare e, gradualmente, diminuisce sempre di più. La classe politica deve mantenere le promesse fatte il 14 maggio dell’anno scorso” dicono prima di rivolgersi alle associazioni ambientaliste che “per trent’anni hanno fatto la guerra contro la fabbrica. Ora che la qualità dell’aria è migliorata anche dopo la chiusura dell’impianto, perché non verificano se sussistono gli elementi per denunciare l’imprenditore?”.
Un grido di dolore interrotto solo dall’arrivo degli agenti della Digos, la breve manifestazione infatti non era autorizzata, ma che arriva dritto a chi di dovere. “Non vogliamo assistenzialismo, né che qualcuno proroghi gli ammortizzatori sociali. Noi chiediamo lavoro, abbiamo sempre dato il massimo in questa azienda, ci abbiamo messo sempre l’anima credendoci fino all’ultimo giorno. Chiediamo ai sindacati, ai politici, al Governatore De Luca che non si è mai interessato alla nostra vertenza in prima persona, nonostante più volte abbiamo cercato di avere un confronto con lui, di intervenire. Noi non abbiamo il potere mediatico dei colleghi della Whirlpool, siamo però 117 operai che non meritano di essere trattati da lavoratori di serie B. Tanti sono venuti qui a fare passerelle, appartenenti a tutti gli schieramenti politici, ma nessuno ha mosso un dito concretamente. E’ passato un anno invano, l’unico bilancio che possiamo fare- chiosano- è che siamo stati abbandonati e dimenticati da tutti”.
(FOTO Mario d’Argenio)