Osteoporosi: cosa fare quando le ossa sono fragili

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Ossa fragili come la porcellana. In Italia sono almeno 5 milioni le persone affette da osteoporosi, per l’80% donne, costrette a fare i conti con una qualità di vita ridotta e la continua minaccia di fratture. «La nostra riserva di calcio viene fissata nello scheletro verso la fine dell’adolescenza e questa “valigia”, che progressivamente si svuota, può essere più o meno pesante a seconda di numerosi fattori: genetica, alimentazione, attività fisica, salute generale», spiega il dottor Gianni Nucci, responsabile dell’Unità operativa di Ortopedia e Traumatologia presso il Santa Rita Hospital di Montecatini Terme, Pistoia.

«Per esempio, essere state anoressiche da ragazze predispone alla fragilità ossea da adulte, così come seguire cure prolungate a base di cortisone, ormoni tiroidei, anticoagulanti come l’eparina o inibitori di pompa protonica, più noti come gastroprotettori, che interferiscono negativamente con il metabolismo dell’osso».

Serve una diagnosi precoce

Il problema è che spesso la fragilità ossea passa inosservata, perché l’osteoporosi – a cui viene addirittura dedicata una giornata mondiale, celebrata il 20 ottobre di ogni anno – progredisce di nascosto, in maniera silente, fino a quando non si manifesta per la prima volta con una frattura.

«Spesso bastano una piccola caduta o uno sforzo banale, come la torsione del busto, un saltello o il sollevamento di una busta della spesa, per causare il danno. Ecco perché occorre un monitoraggio periodico dello scheletro, in modo da intervenire precocemente se qualcosa non va». È importante che tutte le donne si sottopongano a un primo controllo al momento della menopausa, a meno che non ci siano fattori di rischio (come costituzione molto gracile, disturbi del comportamento alimentare in periodo adolescenziale oppure osteoporosi precoce in famiglia) che rendano opportuno un appuntamento già negli anni precedenti.

«Anche gli uomini devono monitorare la loro massa ossea, soprattutto se intorno ai 55-60 anni iniziano a presentare un dorso curvo senza motivi apparenti, se usano glucocorticoidi per trattare malattie infiammatorie intestinali o reumatologiche oppure se sono forti fumatori e abusano di alcol», elenca Nucci.

L’esame principale a cui sottoporsi è la densitometria ossea (conosciuta anche con l’acronimo MOC) eseguita mediante la tecnica a doppio raggio X (DEXA): si tratta di un esame rapido, non invasivo e a bassa esposizione radiante che analizza la massa e la quantità di minerali – tra cui il fosfato di calcio – presenti in un certo tratto dello scheletro, di solito a livello della colonna vertebrale e del femore.

«L’ideale sarebbe arrivare a una diagnosi di osteopenia, l’anticamera dell’osteoporosi, quando la densità minerale ossea è al di sotto dei valori normali ma non ancora patologica. Lì si può ancora correre ai ripari».

L’importanza della vitamina D

Un altro test utile (ma stavolta sin dall’adolescenza) è il 25-idrossi vitamina D, un banale esame di laboratorio che dosa i livelli di vitamina D nel sangue. «A dispetto del nome, si tratta di un vero e proprio ormone, coinvolto in differenti meccanismi regolatori dell’organismo: in particolare, a livello intestinale, consente l’assorbimento del calcio alimentare e lo fa apporre, cioè depositare, nelle ossa».

La vitamina D si forma prevalentemente nell’organismo grazie all’effetto della luce solare sulla pelle, ma la bassa esposizione dovuta alle stagioni fredde e nuvolose, alla presenza di smog nell’atmosfera o alla vita sedentaria che ci costringe per la maggior parte delle giornate in ambienti chiusi può condizionare la capacità dell’organismo di sintetizzarne in quantità adeguate con tutti i rischi che ne conseguono.

E se scopriamo una carenza? Purtroppo solo pochi alimenti – quasi tutti di origine animale – ne contengono quantità apprezzabili, tanto che la dieta può provvedere al massimo per il 15-20% al fabbisogno quotidiano: oltre che nell’olio di fegato di merluzzo, si trova nei pesci grassi (come salmone, aringa, sgombro, sardine e anguilla), nel latte e nei latticini, nel tuorlo d’uovo e in alcuni prodotti addizionati, come molti cereali per la prima colazione.

«Deve sempre essere il medico a valutare la necessità di una supplementazione», raccomanda il dottor Nucci, che sconsiglia il fai-da-te: oltre a essere potenzialmente inutile, acquistare liberamente un integratore a base di vitamina D in farmacia o al supermercato può addirittura essere pericoloso, perché un eccesso di questo nutriente può provocare una calcificazione diffusa a livello dei vari organi e sfociare in calcoli renali, spasmi muscolari, disturbi al sistema nervoso centrale o ai reni.

I farmaci disponibili

Una volta accertata la diagnosi di osteoporosi, invece, sono disponibili numerosi farmaci, come i bisfosfonati, capaci di aumentare la densità minerale ossea e riducendo così il rischio di frattura. Ciascuno di essi può avere una diversa via di somministrazione (intramuscolare, orale o endovenosa) e dovrà essere il medico a stabilire quello più indicato in base alla condizione di partenza e alle singole esigenze.

«Purtroppo il grande nemico è rappresentato dalla scarsa aderenza alle cure: siccome gli effetti positivi dei farmaci non sono immediatamente percepibili, molte persone interrompono il trattamento, mentre l’osteoporosi non può essere curata in modo discontinuo».

In più, c’è spesso la paura che l’utilizzo prolungato di bisfosfonati possa danneggiare le ossa mascellari o mandibolari, quelle dove si innestano i denti: «Niente paura, si tratta di ipotesi remote e dovute normalmente ad altre cause, come la presenza di ascessi, cattiva igiene orale e immunosoppressione».

Alla cura farmacologica va sempre abbinato un stile di vita attivo, perché le sollecitazioni a cui le ossa vengono sottoposte durante il movimento fisico stimolano la deposizione di sali minerali: «Questo accade soprattutto quando l’esercizio avviene a carico gravitazionale, cioè in posizione eretta con il carico del peso del corpo. Dunque, è più efficace una camminata a passo svelto rispetto a una nuotata», conclude Nucci. «E quando dobbiamo compiere azioni quotidiane più faticose di altre, come trasportare a casa la spesa o rifare il letto, possiamo avvalerci di ausili come il busto, che impediscono alle ossa osteoporotiche di cedere e fratturarsi».

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