La giostra si è fermata: signori si scende e si torna sulla terra a misurarsi con dura realtà. Alle 12 di ieri ci siamo (finalmente) lasciati alle spalle settimane di voci, indiscrezioni e ed ipotesi, trasformatesi, con il passare dei giorni, in certezze, veleni e veti. I giochi sono fatti ma questo non è più tempo delle promesse scritte sulla sabbia o dei mirabolanti annunci dietro i quali ci hanno fatto credere che si nascondesse il sol dell’avvenire. Il tempo difficile che si siamo lasciati alle spalle e quello, per certi versi, ancora più difficile che ci attende, impone serietà nei comportamenti e nelle parole che si pronunciano e questo soprattutto in una campagna elettorale il cui significato va molto oltre l’elezione di quattro consiglieri che dovranno rappresentare questo territorio nell’aula del consiglio regionale. Eppure le sensazione che si percepisce, e che in alcuni casi si fa certezza, è che sarà più di una la partita che si giocherà. Quella elettorale, il 20 e 21 settembre, e quella più politica, nei partiti e tra i partiti, immediatamente successiva all’esito del voto. E non v’è dubbio che, volendo partire da qui, si debba cominciare da quello che è accaduto nel Partito Democratico. La decisione di Livio Petitto (con il supporto operativo del sindaco di Avellino) è in qualche modo la certificazione di una spaccatura irreversibile tra due modi di intendere la militanza e lo stare nel partito. Certo, la politica è l’arte del possibile e gli appuntamenti elettorali fungono spesso da stanza di compensazione, ma qui la rottura è profonda, quasi personale, e non si vede, fintanto che i protagonisti rimarranno questi, in che modo e su quali basi potersi ritrovare attorno al calumet della pace. E’ naturale che a pagare un prezzo altissimo siano stati il Pd come comunità politica e la sua immagine uscita deturpata da questi due mesi di scontri ininterrotti. Intollerabile l’incapacità di decidere con il continuo ricorso ai livelli regionali (laddove si è registrato il “capolavoro” sulla ricandidatura degli uscenti: un criterio senza…criterio) e alle “raccomandazioni” di qualche big nazionale. In Irpinia il partito vive in pieno Vietnam ed oggi sembra più chiaro che non celebrare il congresso quando si poteva farlo è stato un errore: una resa dei conti sarebbe stata prima ed un resa dei conti sarà adesso o quando il congresso si farà, tanto valeva allora dare la possibilità al partito di avere un segretario ed organismi dirigenti legittimamente eletti, una maggioranza ed una minoranza interna e fare in modo che tutte le decisioni, in special modo quelle legate alla definizione delle candidature, passassero dal territorio e non attraverso l’intervento di qualche leader tra Napoli e Roma. Il copione, invece, è stato il solito e il caso Petitto (come l’addio di Farina e pure qualche malumore in Areadem) rischia di deflagrare e di produrre effetti dirompenti già alle prossime scadenze (provinciali in primis) e negli enti sovracomunali (ovvio riferimento all’Alto Calore). Ma se Sparta piange Atene certo non ha molti motivi per ridere. E Atene in questo caso è Forza Italia dove la lista del partito è rappresentativa solo di una parte del partito, quella che fa riferimento al commissario Fulvio Martusciello. Ma il riferimento storico degli azzurri, Cosimo Sibilia, non ha certo l’intenzione di rimanere neutrale e quel “sosterremo Caldoro” senza andare oltre ha il significato di un “ci vedremo a Filippi”, ovvero valuteremo ad urne chiuse. Ma Forza Italia deve anche guardarsi dall’assalto della Lega sempre più intenzionata a marcare la sua leadership nella coalizione e dalla crescita costante di Fratelli d’Italia. Nemmeno in questi due partiti la formazione della lista è stata agevole mentre è finito in malo modo il tentativo di unire al centro la civica di Caldoro con le candidature espressione di Gargani e Rotondi. Sull’altra sponda, invece, Italia Viva al debutto punta su Alaia vero dominus del partito in Irpinia mentre i Popolari di De Mita avviano un percorso di ricostruzione di un’area politica confermando il patto con De Luca e puntando ad ottenere il massimo soprattutto qui in Irpinia. Questioni che saranno all’ordine del giorno non appena i dati elettorati saranno definitivi fino ad allora però, è legittimo chiedersi e chiedere ai 100 candidati, se davvero hanno chiara l’importanza dell’appuntamento per la Campania e per l’Irpinia all’interno del Mezzogiorno, se e come immaginano il ruolo della Regione rispetto alle risorse europee che pure arriveranno da queste parti. In sostanza se si sono candidati per portare avanti un progetto serio e credibile, un obiettivo e non per vivere un mese da protagonisti. Questo andrebbe chiesto ai candidati e questo chiederemo: è il modo più facile per individuare classi dirigenti. Anche senza i congressi.