«Da Petracca iniziativa positiva, se volta ad aprire un confronto politico di cui il Pd ha ormai bisogno antico. Il congresso deve segnare un cambio di passo: il partito deve trovare la voglia e la capacità di stare sul pezzo ed avanzare proposte sul futuro dell’Irpinia post Covid. Una candidatura unitaria? E’ un’aspirazione di un modo diverso di fare politica». Carmine De Blasio, l’ex segretario del Pd irpino ed esponente di Area dem a tutto campo sul congresso del partito e sui prossimi appuntamenti elettorali e programmatici.
Cosa pensa del manifesto politico lanciato dal consigliere regionale Petracca e sottoscritto da 184 amministratori del Partito democratico?
«Se l’iniziativa ha, come immagino, la finalità di proporsi come un’occasione di confronto, è utile e positiva. Sono passati esattamente cinque anni dalle mie dimissioni da segretario provinciale e posso dire che c’è un bisogno reale, ormai antico, di partecipazione all’interno del partito».
Non lo interpreta come una prova di forza in vista del congresso provinciale?
«Le regole del congresso pare siano state già definite, quindi non credo che possa essere questo l’obiettivo dell’iniziativa di Petracca tantomeno quella di raccogliere adepti ad una corrente visto che il manifesto parte dall’unico consigliere regionale del Partito democratico. D’altronde il consenso Petracca lo ha già raccolto nelle urne».
Salvo ulteriori colpi di scena, il Pd dovrebbe celebrare il suo congresso provinciale il 28 febbraio. Come auspica che si svolga l’appuntamento?
«Innanzitutto la recente esperienza mi porta a dire che finché non arriverà una formale convocazione, bisogna essere prudenti visti i tanti falsi allarmi avuti in questo senso nel corso di anni ormai. Mi sono sempre sforzato di concepire la politica come qualcosa di aderente alla realtà e ai tempi che vive una comunità. Da cinque anni a questa parte, da quando abbiamo lasciato la responsabilità del partito, sono cambiate tante cose. Quello che ci attende deve essere un congresso che abbia la consapevolezza dei tempi che viviamo che impongono un’idea e una pratica della politica seriamente e concretamente capace di stare sul pezzo. Spesso ragioniamo con schemi mentali vecchi di decenni, ci muoviamo come se stessimo facendo politica nell’Irpinia di trenta anni fa. Questo non fa altro che marcare la distanza dalle persone e da quello che accade ogni giorno. Il drammatico momento che stiamo vivendo impone alla politica lo sforzo di guardare al domani e alla definizione di possibilità di futuro. Mi auguro che si possa aprire una stagione del genere che chiaramente non si costruisce con i numeri o con le truppe cammellate, ma con la voglia di fare e di proporre. Se non si è capaci di portare queste condizioni nell’impegno politico, si consuma il tempo che è una delle opzioni più comode: continuare a galleggiare e magari godere del momento che si considera più alto per se stessi. Ma, il populismo insegna, queste sono stagioni brevi e improvvisate».
Ci sono i margini per una candidatura unitaria che possa mettere fine alla lunga stagione di divisioni intestine del Pd irpino?
«L’unità non è una dichiarazione, ma un’aspirazione. Bisogna lavorare per raggiungere questa condizione, ma prima di tutto viene la ragione politica per cui si svolge un congresso. La proposta politica, la più ampia condivisa, è necessaria per dare forza ad un progetto sostenibile e resistente. Altrimenti l’alternativa restano i calcoli, i posizionamenti, i tatticismi. Il partito così come lo si intendeva venti anni fa, non serve più perché le modalità e i canali della partecipazione sono cambiati. Per quanto disorganizzato, l’unico partito presente sulla scena politica irpina resta il Pd ed è quello che, in questa fase storica, ha la maggiore responsabilità di interrogarsi e di proporre quale sarà l’Irpinia del dopo Covid. Se di fronte ad un piano di rilancio del Paese, unico per portata finanziaria ma anche per potenzialità di iniziative, un partito non trova il tempo e lo spazio per confrontarsi ed avanzare proposte, allora non ha ragione di esistere. Un partito che sta al Governo del Paese non può assistere con pigrizia all’evolversi del Recovery Plan. Abbiamo però un contraltare, l’azione amministrativa della Regione Campania che è un esempio notevole di capacità di coniugare idea e concretezza. De Luca sta dando alla Campania in questi mesi, un ruolo che nessuno avrebbe potuto immaginare ritagliando una credibilità di guida del Mezzogiorno che mancava da decenni».
Tra i passaggi prossimi che il Pd irpino dovrà affrontare, c’è quello delle elezioni provinciali rinviate da marzo a maggio per l’emergenza Covid. Sarà il banco di prova per il partito nuovo che Lei auspica?
«Gli appuntamenti elettorali, se si riducono ad essere l’unico elemento che scandisce la vita di un partito, non possono fare altro che evidenziare la scarsità dei contenuti di quella comunità politica. Se non c’è discussione, confronto e proposta politica, è evidente che, come accaduto già per due volte consecutive alle elezioni provinciali, può succedere di tutto. Quindi il congresso deve essere il passaggio indispensabile per cambiare questo atteggiamento politico, se riusciamo in questa impresa automaticamente ad ogni elezione, provinciali comprese, il partito sarà pronto ad avanzare una sua proposta organica. Le elezioni provinciali saranno un appuntamento, dal punto di vista politico, assolutamente vuoto se prima non si aprirà una nuova stagione interna al partito».