Tutti i sondaggi, da mesi ormai, danno la perdita di consensi del Partito democratico, che è ora al 14%, superato dal M5S, e destinato – secondo le previsioni a calare ancora. Sembra in caduta libera. Come se questa notizia non li riguardasse, i notabili, i capicorrente ed i gruppi dirigenti continuano a trastullarsi nel vuoto delle parole e a consumarsi in un congresso lunghissimo, sempre alla ricerca di nuove regole, un congresso di dialogo tra sordi, fatto di sole parole e non di scelte coraggiose per raggiungere a tutti i costi una unanimità che, poi, è solo apparente.
La stessa scelta di come fare un congresso nei modi in cui lo si fa e non sui contenuti e sulla strategia di comunicarli, si sta rilevando inutile e persino dannosa. Eppure non è più procrastinabile l’ora delle scelte coraggiose, il riscoprire vecchi temi che hanno costituito gli obbiettivi di sempre: dal diritto al lavoro equo e retribuito secondo la Costituzione, alla lotta alla povertà, la pari opportunità, l’Istruzione e la sanità, l’autonomia regionale, dei quali tutti ne parlano a vanvera e in modo populistico determinando, di fatto quella secessione di cui la Lega è stata sempre portatrice. Su tutti gli altri problemi i partiti populisti che ora stanno al governo cercano di addossare sempre ad altri la responsabilità e creano nemici sui quali scaricare la propria incapacità Così hanno fatto Berlusconi, così ha fatto e sta facendo la Lega, così ha fatto Renzi, così ha fatto il M5S, così sta facendo la Meloni che passa da uno spot all’altro (vedi accise sulla benzina, ma anche immigrazione, tassa piatta, condoni) con un populismo da quattro soldi facendo credere che per il benessere e lo sviluppo del Paese basti una donna al comando.
Il PD è uno dei pochi partiti non populista e forse ne paga le conseguenze perché ha un gravissimo difetto di comunicazione. In politica la comunicazione dovrebbe spiegare le cose che si fanno, il perché si fanno, non alimentare false speranze, non raccontando la verità al Paese (pardon! Nazione!), E le cose nascono dalle idee, dalla loro concretezza, dal contesto, dai programmi, dalla possibilità di realizzarle. Nel bagaglio culturale del Partito Democratico, che ha voluto fondere i progressismi dei socialisti, dei cristiani e dei liberali di idee ce ne sono in abbondanza. Basta tirarle fuori dal cassetto e comunicarle nel modo giusto, con grinta e determinazione, gridandole nelle piazze ed in televisione, tornando nel territorio e nei luoghi di lavoro, facendo una battaglia su una legge elettorale per ridare agi elettori la scelta dei loro rappresentanti che era stata scippata e che nel frattempo il PD avrebbe scelto i propri candidati con le primarie.
Sarebbe stato opportuno prima aggiornare e rendere chiara una nuova carta dei valori, indicare le priorità e soprattutto indicare le risorse per fare le riforme non tacendo che non si fa niente con i fichi secchi.
Solo dopo votare con i gazebo o on line per il candidato leader e la squadra che dovrà reggere il partito. I candidati sono tutti bravi ma voler conservare unito tutto il partito è un errore. Chi ci vuole stare ci sta chi no scelga un’altra casacca! Il problema non è stare con i cinque stelle o no ma come fare le cose e come unire le forze per battere una destra che si fotografa chiaramente nei due Presidenti di Camera e Senato. Certo i 5stelle con il loro populismo e il desiderio di svuotare il PD non aiuta. Non è pensabile che per un inceneritore si possa consegnare la Regione Lazio alle destre!
di Nino Lanzetta
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