«Più che sulle forme di gestione, le Regioni dovrebbero concentrarsi sulla programmazione. Scuola, formazione e cultura strumenti di ascensore sociale in grado di garantire una vera trasformazione dei nostri territori». Confronto con Luigi Fiorentino, presidente del Centro di ricerca “Guido Dorso” e capo di Gabinetto del Ministro dell’istruzione Lucia Azzolina, su Regioni, cultura e aree interne.
L’appuntamento elettorale con le regionali cade in un momento storico particolarmente delicato. I mesi scorsi e l’emergenza Covid hanno rafforzato, spesso anche in modo conflittuale rispetto al Governo centrale, il ruolo delle Regioni. Sarà sempre più marcato questo ruolo?
«Le Regioni sono Istituzioni importanti con un ruolo decisivo nei processi di sviluppo e di governo delle comunità. La recente esperienza di gestione della pandemia ha rafforzato, nonostante tutto, le relazioni tra il centro e la periferia. In questa direzione, nell’esercizio delle rispettive funzioni, lo Stato e le Regioni dovrebbero potenziare la loro capacità di dialogo e di coordinamento. Le Regioni dovrebbero valorizzare le funzioni di programmazione, piuttosto che quelle di gestione. È necessario alleggerire le funzioni gestionali a favore degli Enti locali e sub-regionali e introdurre Enti che si occupino di erogare i servizi».
Parlando di Irpinia si discute molto di aree interne e sviluppo. Molte parole, tante promesse e pochi fatti. Perché queste aree crescano davvero, cosa occorre fare?
«Il Sud e l’Irpinia non hanno bisogno di tanti progetti di piccola dimensione. Penso, invece, ad un grande progetto per recuperare il gap infrastrutturale, banda larga in primo luogo, ad un sistema ferroviario veloce ed integrato, a un’agricoltura di qualità e ad industrie avanzate connesse con la ricerca».
Che ruolo può e deve avere la cultura nel percorso di crescita della provincia?
«Il riscatto di qualsiasi area in difficoltà passa per l’istruzione, la formazione e la cultura. La crescita culturale è l’unico antidoto serio alla disoccupazione e all’ignoranza, nonché l’unico strumento di ascensore sociale in grado di garantire una vera trasformazione dei nostri territori».
In che modo si potrebbe convincere un giovane che ha deciso di lasciare questa terra a restare e costruire il proprio futuro qui?
«Il fenomeno delle emigrazioni legato alla mancanza di opportunità per i più giovani ha radici profonde. Per provare ad invertire questa tendenza storica è necessario realizzare rapidamente tutti gli interventi di cui accennavo prima e poi capire i mutamenti delle migrazioni nello scenario globale, alla luce della pandemia. Basti pensare a questo primo timido riavvicinamento ai borghi di persone che si erano spostate nelle città e alle opportunità che possono aprirsi per il Mezzogiorno sul fronte del Mediterraneo. Ma occorre un Sud connesso e meglio formato».
Si vota anche per il referendum sul taglio dei parlamentari. Lei cosa ne pensa?
«Come Presidente di un Centro di ricerca penso che serva garantire che esso sia un luogo di confronto, in cui tutte le posizioni siano espresse liberamente. Ritengo, tuttavia, che il taglio dei parlamentari vado visto nell’ambito di un progetto complessivo di riordino del nostro sistema istituzionale e che, comunque, dobbiamo tutti fare in modo che vi sia un ritorno dei cittadini alla politica e all’impegno sociale».