perché abbiamo bisogno di schiarirci la voce

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C’è chi lo chiama raspino o grattino in gola, mentre gli addetti ai lavori parlano tecnicamente di raclage. Qualunque sia l’etichetta, si tratta di quel bisogno impellente di schiarirsi la voce per renderla più nitida, nella falsa convinzione di liberarsi da un corpo estraneo.

«Di solito, il raclage viene stimolato da una sensazione di solletico o bruciore a livello della gola ed è interpretato erroneamente come un gesto liberatorio», spiega il professor Mario Bussi, primario di Otorinolaringoiatria dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e professore di Otorinolaringoiatria all’Università Vita-Salute San Raffaele. «In realtà, ogni volta che schiariamo la voce, chiediamo alle nostre corde vocali di chiudersi e poi di rilasciare forzatamente l’aria, ma lo sfregamento risulta irritante per questi due lembi fragili e complessi che sono le corde vocali».

Quali sono le cause acute del raclage

Nella maggior parte dei casi, il raclage è un problema tipico della stagione fredda, perché legato alle malattie da raffreddamento, come faringiti o laringiti batteriche e virali: sotto stimolo infiammatorio, il muco – una sostanza umida e incolore prodotta dalla mucosa delle vie aeree per intrappolare virus, batteri, polvere e agenti estranei penetrati all’interno – si trasforma in catarro, più denso, appiccicoso e abbondante.

«Generalmente, però, il catarro che sentiamo in gola si trova in faringe, mentre le corde vocali sono ospitate dalla laringe: ciò significa che stimolare quest’ultima non sortisce l’effetto sperato», evidenzia l’esperto.

Meglio seguire una breve terapia di 4-5 giorni a base di antinfiammatori sistemici (come il paracetamolo o altri) e mucolitici (come l’acetilcisteina), idratandosi abbondantemente (l’acqua fluidifica le secrezioni riducendo il desiderio di schiarire la voce).

«Al contrario, gli spray per uso locale non hanno una valenza terapeutica, se non estremamente limitata», tiene a precisare il professor Bussi. «Possono esercitare un blando effetto anestetico, molto limitato nel tempo, ma non favoriscono la risoluzione del problema. Inoltre vanno usati con cautela, perché spesso contengono disinfettanti che rischiano di peggiorare ulteriormente l’irritazione della gola».

Quando è colpa del reflusso

Altre volte, il raclage è stimolato dal reflusso gastroesofageo, dove micro-quantità di secrezioni digestive possono risalire lungo l’esofago, arrivando a nebulizzare di acido la gola, irritandola e stimolando la produzione di un muco più denso.

«L’importante è che sia uno specialista a porre la diagnosi, per cui evitiamo di abusare di farmaci anti-acidi in autoprescrizione», raccomanda l’esperto.

L’otorinolaringoiatria può indagare il sospetto grazie alla fibrolaringoscopia, un esame endoscopico indolore e della durata di pochi minuti che consente di visualizzare faringe e laringe per valutarne lo stato di irritazione, tipico del reflusso. A quel punto, la diagnosi va poi approfondita con gli opportuni esami gastroenterologici.

Se c’entrano i farmaci

Anche se raramente, alcuni farmaci antipertensivi (come gli ACE-inibitori) possono stimolare una tosse secca, che non passa. Alla lunga, questa può creare irritazione a livello della gola e favorire il raclage.

«Si tratta comunque di un’evenienza rara, mentre è molto più frequente raschiare la gola per colpa dell’inquinamento o della polverosità ambientali, ormai esagerati», commenta il professor Bussi.

Invece, può esserci una patologia grave alla base? È piuttosto improbabile, soprattutto se il raclage è l’unico sintomo avvertito. «Detto ciò, se il bisogno di schiarirsi la voce è abituale e si accompagna a dolore alla deglutizione, alterazione permanente della voce, saliva mista a sangue, linfonodi ingrossati e dolore irradiato al collo e all’orecchio, è bene effettuare una visita dall’otorinolaringoiatra per escludere problematiche importanti, come un tumore alla gola».

Se il motivo del raclage è “nervoso”

Infine, il raclage ripetuto può avere una componente emotiva: non a caso è spesso questo gesto a introdurre un discorso importante, a inframezzare l’interrogazione di uno studente impreparato, a ripulire la voce di chi prende la parola durante una conversazione pubblica.

«Nelle situazioni in cui siamo emozionati, agitati o stressati, cambia la composizione delle nostre secrezioni: la saliva si asciuga e diventa più densa, aumentando la sensazione di groppo in gola», conclude il professor Bussi. «A quel punto, anche se riuscissimo a “spostarla” con il raclage, immediatamente ne produrremmo dell’altra, per cui l’abitudine di schiarirsi la voce non fa altro che auto-mantenere il fastidio quando non siamo troppo sereni».

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