«Come ogni parte del corpo, anche i capelli invecchiano: si tratta di un processo fisiologico e ineluttabile, che inizia già a partire dai 35 anni», racconta la dottoressa Valeria D’Acunzo, medico tricologo. «Al normale cambiamento biologico, si somma l’invecchiamento dovuto alle varie aggressioni esterne, come l’esposizione a sole, vento, sale, acqua e umidità, oltre che a un cattivo stile di vita».
Perché i capelli invecchiano
A differenza della pelle, che ha la capacità di autorigenerarsi, la struttura capillare non è in grado di ricostruirsi in maniera autonoma, per cui è soggetta a usura, secchezza, assottigliamento, perdita di luminosità e diradamento. «L’azione del tempo, infatti, non si manifesta solo da un punto di vista estetico, perché diventare bianchi rappresenta uno dei tanti cambiamenti che i capelli subiscono nel corso degli anni», descrive l’esperta.
«Il fusto, cioè la parte visibile che fuoriesce dalla cute, è una struttura “morta” costituita da cellule completamente prive di funzioni vitali, per cui è la prima porzione a risentire del tempo che passa: un capello lungo ha vissuto tante albe e altrettanti tramonti, per cui ha sopportato maggiori sollecitazioni, fra cui lavaggi, tinture, colpi di spazzola, piastre e trattamenti chimici». Ovviamente, a fare la differenza è anche la base di partenza: un fusto di buona qualità sarà più resistente al tempo e agli urti, mentre un fusto più sottile e fragile sarà più vulnerabile. «In realtà, l’invecchiamento che conta maggiormente è quello che avviene sotto cute e coinvolge il bulbo pilifero: questo è regolato geneticamente, quindi varia da persona a persona, e va di pari passo con la perdita di pigmentazione più o meno precoce».
Quali sono i segni visibili
Con il passare degli anni, tutti questi fattori rendono i capelli più secchi, opachi, sottili, inclini alla rottura e radi. «Ciascuno di noi nasce con una “potenzialità” di 100-150 mila capelli, che nascono all’interno di unità follicolari da cui possono derivarne due, tre, talvolta anche quattro. Nel tempo, queste unità si indeboliscono e iniziano a produrre solamente un capello, impoverendo la capigliatura nel complesso», considera la dottoressa D’Acunzo. Mentre negli uomini il diradamento si concentra soprattutto in alcune aree della testa, come quella frontale-temporale, nelle donne il problema è generalmente diffuso, nel senso che coinvolge tutta la capigliatura senza lasciare zone più sguarnite di altre.
«Inoltre, nelle donne il problema si accentua in concomitanza di eventi come la gravidanza, il parto e l’allattamento, che modificano gli ormoni capaci di influenzare profondamente il ciclo dei capelli, ma soprattutto in prossimità della menopausa, quando il calo degli estrogeni fa perdere volume alla chioma, in assenza di altre problematiche organiche e funzionali». Il segno principale? I capelli non riescono più a raggiungere una certa lunghezza, perché cadono precocemente a causa di una vita più corta.
Come rallentare il tempo
Se fermare le lancette dell’orologio è impossibile, quanto meno possiamo rallentarle. Per prima cosa, dobbiamo agire sullo stile di vita: «Bisogna evitare il fumo di sigaretta, limitare l’uso degli alcolici e l’abuso del caffè, praticare una regolare attività fisica e arricchire l’alimentazione con dei cibi anti-età, come frutta, verdura, pesce azzurro, olio di semi di lino o di zucca, riducendo invece il consumo di insaccati, carni rosse e alimenti ricchi di grassi saturi», raccomanda la dottoressa D’Acunzo.
Eventualmente, si può assumere anche un’integrazione – opportunamente dosata da un esperto – di micronutrienti come vitamine del gruppo B e antiossidanti, come resveratrolo, acido alfa lipoico, vitamina C e compagnia. «Proprio questi antiossidanti si sono dimostrati utili durante la pandemia, perché molte persone hanno notato una notevole perdita di capelli mesi dopo aver contratto l’infezione».
Interventi personalizzati
Per trovare la giusta soluzione, è importante rivolgersi a un professionista del settore, che può valutare l’entità del problema con un esame obiettivo e l’utilizzo del tricoscopio (o dermatoscopio), una sorta di lente di ingrandimento che permette di rilevare eventuali anomalie del fusto del capello o del cuoio capelluto. «In base a ciò che viene osservato, si può fornire il giusto consiglio per una “manutenzione” efficace della chioma», conclude l’esperta. «Oggi si può ricorrere anche alla bio-trico-stimolazione del cuoio capelluto, che consiste nell’iniettare direttamente nel follicolo pilifero sostanze altamente nutrienti, come l’acido ialuronico o peptidi biomimetici».
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