La scatoletta milleusi, che ti toglie dai guai? Quella di tonno, of course. Versatile e gustosa, pronta a soddisfare le esigenze dell’ultimo minuto, si mantiene intatta per anni e si adatta a un mare di situazioni: una bella insalata di pesce, se torni a casa tardi dal lavoro e il frigo è vuoto, o una spaghettata con olive e pomodorini se gli amici fanno un’improvvisata alle otto di sera. Insomma, anche in vacanza il tonno è il must have della dispensa, protagonista di fresche ricette estive che rispondono all’esigenza di preparare piatti veloci, sani e prelibati.
Eppure, sulla mitica “scatoletta” aleggiano ancora diversi pregiudizi da sfatare. Primo tra tutti che, in quanto conserva, contenga conservanti. «Invece no, il tonno è completamente privo di conservanti, essendo un prodotto lavorato fresco, subito dopo essere stato pescato (a volte addirittura già sul peschereccio), senza bisogno di abbattimento e surgelazione», spiega il dottor Simone Legnani, presidente ANCIT (Associazione Nazionale Conservieri Ittici e delle Tonnare).
«I tranci di tonno vengono bolliti, cioè pastorizzati, per evitare qualsiasi contaminazione batterica e poi chiusi nelle scatolette di alluminio che vengono sterilizzate. L’unico “conservante” naturale è l’olio di oliva che assicura il mantenimento delle proprietà nutrizionali per almeno cinque anni, se la scatoletta non viene aperta».
Tonno in scatola, è sempre pescato in mari puliti
Insomma, a dispetto della definizione, le conserve ittiche hanno zero conservanti, e lo stesso dicasi per altri pesci inscatolati sott’olio come il salmone, le acciughe e lo sgombro. Un altro pregiudizio duro a morire è che il tonno in scatola, rispetto a quello fresco, perda parte delle qualità nutrizionali tipiche del pesce appena pescato. «Falso. Il procedimento di pastorizzazione non altera la qualità e la quantità dei nutrienti, che corrispondono esattamente a quelli del pescato», risponde Simone Legnani.
«Il pesce in scatola non è meno nutriente o sano ma è un componente fondamentale della dieta mediterranea. Anche perché, è importante sottolinearlo, tutto il pesce in scatola che occhieggia dagli scaffali del super non è di allevamento ma pescato nella profondità dell’oceano Pacifico, Atlantico o Indiano. Non viene quindi nutrito con i mangimi, a volte addizionati di antibiotici, dei pesci allevati nelle acquacolture intensive. E questo è un grande vantaggio per il consumatore finale». Un vantaggio che va molto oltre la commodity di avere una scatoletta sempre a portata di mano e che riguarda la salute con la S maiuscola.
I contenuti nutrizionali della scatoletta
«Innanzitutto il tonno è una preziosa fonte di grassi “buoni” Omega 3 che, oltre a modulare l’infiammazione, proteggono il cuore e le arterie e mettono al riparo da incidenti cardiovascolari come ictus, infarto e aterosclerosi», premette il professor Luca Piretta, gastroenterologo e nutrizionista all’università Campus Biomedico di Roma.
«Già alla fine degli anni ’70, infatti, i primi studi su “cuore e dieta” rilevarono come gli abitanti della Groenlandia, che si nutrivano quasi esclusivamente di pesce (notare che al Polo Nord non cresce una foglia di insalata), erano indenni dall’infarto. Oggi sappiamo che basta consumare pesce almeno due volte alla settimana per ridurre il rischio di incorrere in patologie cardiovascolari. Non solo: le ultime evidenze scientifiche dimostrano che gli Omega 3, oltre a essere dei preziosi antinfiammatori, aiutano a prevenire le malattie neurodegenerative, come il morbo di Parkinson e l’Alzheimer, e persino la depressione. Proteggono, infatti, il sistema nervoso autonomo e contribuiscono a mantenere una certa plasticità neuronale anche nella terza età».
Se sei alla ricerca di una fonte naturale di Omega 3, sappi che il tonno è in buona compagnia. Anzi, tra le conserve ittiche la parte del leone la fa lo sgombro, un pesce azzurro molto grasso e saporito che apporta quasi 2 g di Omega 3 (1,9 per l’esattezza) ogni 100 g, sotto forma di EPA e DHA. Seguono a stretto giro altri pesci in scatola ricchissimi di Omega 3, come salmone, alici (alias acciughe), aringhe e sardine.
E veniamo al patrimonio di vitamine e minerali nascosto nella scatoletta. Sia il tonno, sia le altre conserve ittiche forniscono un ottimo apporto di vitamine A, D, E, B12, B2 e B3. «Pensiamo alla B12, spesso carente in chi non mangia carne», prosegue il professor Piretta. «A sorpresa, 100 g di tonno in scatola ne contengono il doppio del filetto di manzo e basterebbe consumarne 60 g al giorno perraggiungere i livelli di assunzione giornaliera raccomandati. E sappiamo che la vitamina B12 svolge delle funzioni importantissime: motore del metabolismo energetico, favorisce un corretto sviluppo del sistema nervoso nel feto nonché la sintesi dei globuli rossi, del Dna e della mielina. Inoltre, toglie la stanchezza e mantiene in salute pelle, unghie e capelli».
Una miniera di ferro
«L’apporto di ferro del tonno è analogo a quello del filetto ed è per questo un ottimo sostituto della carne», risponde ancora il professor Luca Piretta. «Ma il podio, tra le scatolette “mordi e fuggi”, va alle sardine: apportano 3,2 mg di ferro per 100 g, quasi il doppio del tonno».
Da non trascurare anche gli altri minerali, dei quali le conserve ittiche rappresentano una buona fonte: lo iodio necessario alla tiroide, il selenio indispensabile per la sintesi di glutatione (il più importante antiossidante), il fosforo utile per la salute di ossa e denti, lo zinco alleato del sistema immunitario, nonché il sodio e il potassio che, tra le altre funzioni, regolano la contrattilità cardiaca.
Tra le conserve ittiche va menzionato anche il salmone che, oltre ai già citati minerali, vanta un elevato contenuto di calcio (9 mg per 100 g) e di magnesio (27 mg per 100 g) che, soprattutto in estate, aiutano a contrastare il senso di spossatezza legato al grande caldo, oltre a evitare crampi muscolari e cali di pressione. Infine, va ricordato l’elevato apporto proteico delle conserve ittiche, ideale per chi è in lotta con la bilancia: il tonno ha il 25% di proteine e un apporto lipidico modesto, soprattutto per quanto riguarda il colesterolo. Via libera, quindi, al pesce in scatola per mantenersi leggeri e in forma fino all’ autunno inoltrato. Non rinunciando alla “fritturina di paranza” nel ristorante vista mare, ma puntando sulla scatoletta per primi, secondi e insalatone veloci.
Tonno in scatola, non buttare via l’olio
In olio di oliva, di semi di girasole o al naturale? La risposta è quasi ovvia: meglio il tonno in olio di oliva o evo. «Tali conserve sono più rispetto ai semi di girasole, quello di oliva apporta un alto contenuto di acido oleico che ha degli effetti benefici sul sistema cardiovascolare e contribuisce a normalizzare i livelli di colesterolo nel sangue, abbassando soprattutto la frazione LDL (quella “cattiva”)», risponde il professor Luca Piretta.
«Quello al naturale va bene per chi è a dieta stretta ma, nella stragrande maggioranza dei casi, è preferibile consumare tonno, alici, sgombro e sardine in olio di oliva. Ma attenzione! Non va versato nel lavandino, quando si apre la lattina e si sgocciola il tonno: l’olio va conservato per condire insalate e verdure perché è ricchissimo di Omega 3 e di vitamina D che, essendo liposolubile, viene trasferita pari pari nella parte liquida». Si ha così a disposizione un superfood, un olio già di per sé eccellente ma naturalmente impreziosito da queste sostanze, pronto a condire le più svariate pietanze.
Allarme mercurio: ridimensionalo
«Le indagini a campione da noi condotte mostrano che il tonno in scatola contiene mediamente 0,5 mg di mercurio per kg, cioè esattamente la metà del limite di sicurezza raccomandato per legge», rassicura il dottor Simone Legnani, presidente ANCIT. «Quindi le scatolette sono una scelta sicura tanto più che, analizzandone l’olio, non abbiamo rinvenuto tracce né di mercurio né di nichel e neppure di cromo».
Scudo antitumore
Non è una panacea ma oggi sappiamo con certezza che il tonno in scatola aiuta a prevenire il cancro all’esofago, al colon, allo stomaco e al cavo orale. Lo dimostra uno studio pubblicato a marzo 2023 sulla rivista accademica Nutrients. «Con un questionario, abbiamo chiesto a quasi 2000 pazienti affetti da diverse forme di tumore gastrointestinale quale fosse il loro consumo abituale di tonno in scatola», spiega la dottoressa Carlotta Franchi, capo laboratorio all’Istituto Mario Negri di Milano e coordinatrice scientifica dell’Italian Institute for Planetary Health. «Ebbene: consumando due o più scatolette alla settimana si ha un rischio di contrarre il tumore al colon inferiore del 34% rispetto al gruppo di controllo. Una vera ala di protezione che sale al 42% in meno (sempre riferendosi al rischio relativo) in caso di tumore allo stomaco e all’esofago».
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