Si discute molto dei ritardi nel Mezzogiorno per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e la vicenda, come i grandi fatti ci insegnano, si trasforma subito in emergenza. Ci sono, a mio avviso, tre aspetti sui quali occorre intervenire per evitare che anche stavolta si perde una grande occasione.
Il primo. La confusione, soprattutto dei sindaci, nel porsi di fronte alla utilità dei fondi straordinari europei. E’ vero: la responsabilità di una informazione non adeguata per la comprensione degli aiuti possibili, ha determinato una giungla di progetti, alcuni dei quali corrispondono ad una arretrata mentalità dei soggetti richiedenti i benefici. E qui è bene fare un riferimento a quel che accadde nel dopoguerra quando De Gasperi e Campili spinsero per la nascita della Cassa per il Mezzogiorno, delegando l’ente a impegnarsi per la rottura dell’isolamento del Sud, utilizzando, oltre alle riserve finanziarie nazionali, soprattutto i fondi americani con il piano Marshall. Allora vi fu uno sforzo straordinario di competenze e di merito da parte delle istituzioni locali che, soprattutto per le condizioni di distruzione del dopoguerra, misero in campo, una perfetta sintesi di coordinamento, tra volontà e impegno per la rinascita. Furono costruite importanti strade di collegamento, una filiera di dighe per regimentare le acque, ricreare le condizioni di vita civile soprattutto nelle campagne meridionali.
Che cosa accade oggi? Che molti dei progetti elaborati dalle pubbliche amministrazioni sono
in supplenza di piccole opere non realizzate nel passato e, comunque, senza avere una visione strategica di ampio respiro. In sostanza molti dei progetti elaborati corrispondono più a quello che accadde con l’ultima fase della vita della Casmez, costretta a finanziare marciapiedi, fontanini e vasche (quando l’acqua c’era) e altre opere di assoluta pertinenza con i normali fondi statali. Oggi, facendo salve alcune opere infrastrutturali, si ritiene da parte di molti amministratori che i fondi Pnrr sono utili per opere discutibili,non inserite in uno sviluppo complessivo.
Il secondo punto in esame riguarda il vuoto determinato dagli uffici pubblici comunali che generano una giusta, ma non convincente, protesta nel fare progetti necessari per ottenere i fondi. Perché, a mio avviso. non convincente? Innanzitutto perché dalla notizia della concessione dei fondi del Pnrr sono trascorsi molti mesi nei quali i sindaci, che oggi giustamente protestano, non si sono affatto preoccupati di adeguare in tempo i loro uffici con personale necessario. Quando è esploso il “caso” hanno in ritardo pressioni sul governo perché si attuassero provvedimenti adeguati alle necessità. E’ innegabile, d’altra parte, che molti amministratori si sono rivolti a studi esterni
con consulenti che hanno sostituito la funzione degli enti, erodendo così le proprie finanze.
Di qui l’emergenza personale che viene, e ripeto giustamente, ma in ritardo, invocata dagli amministratori degli enti locali del Sud.
Questa pressi di far diventare emergenza ciò che è prevedibile in normali tempi di capacità programmatoria non è nuova in Italia. Ora non resta che recuperare i ritardi e ricreare, quindi, le stesse condizioni di quel coordinamento che fu con la Casmez motivo di grande successo.
Concludo, non prima di aver affrontato il terzo (ma altri ce ne sarebbero) problema. Riguarda la confusione della burocrazia rispetto al Pnrr. ad un fatto eccezionale quale. I governi nazionali, Draghi compreso, di fronte al finanziamento del Piano non hanno avvertita la necessità di snellire le procedure burocratiche, né di aver progettato una cabina di regia che potesse intervenire laddove si rendesse indispensabile. Così dopo molti tentativi si è compreso che il coordinamento dovesse essere in capo al ministro, Fitto delegato per i rapporti europei. Questa nomina potrebbe essere una importante risorsa per il Mezzogiorno, non solo per la territorialità che Fitto rappresenta (è pugliese), ma anche perché nella sua precedente esperienza di governatore regionale ben conosce limiti e potenzialità del Mezzogiorno. Purtroppo oggi stretto tra una penalizzante, assurda e vergognosa autonomia regionale differenziata e un Pnrr che nel Mezzogiorno non riesce a liberarsi dalla protesta spuria per proporsi come soggetto di sviluppo unitario del Paese. Come dire: non ci resta che sperare.
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