«Il comune di Pratola Serra presenta forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata che compromettono la libera determinazione e imparzialità degli organi elettivi, il buon andamento dell’amministrazione e il funzionamento dei servizi, con grave pregiudizio per l’ordine e la sicurezza pubblica». E’ questo l’incipit della relazione con cui il Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha chiesto (e ottenuto) al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo scioglimento del consiglio comunale di Pratola Serra. Una missiva che correda l’istruttoria elaborata dal Prefetto Paola Spena sulla scorta della relazione elaborata dalla commissione ispettiva inviata negli uffici del Comune ad agosto 2019, a seguito di esposti e denunce, dall’allora Prefetto di Avellino Maria Tirone. Un lavoro di accesso agli atti per far luce sulla gestione dell’amministrazione comunale i cui esiti, stando a quanto si legge nella relazione del Ministro, hanno evidenziato «come l’uso distorto della cosa pubblica si sia concretizzato nel tempo in favore di soggetti o imprese collegati direttamente o indirettamente ad ambienti malavitosi». Se il report della Prefettura è attualmente un lungo elenco di omissis, segno di ulteriori indagini in corso, rispetto a nomi di presunti infiltrati, società, e persone identificabili, è evidente che fatti e circostanza possono far riferimento ad esponenti dell’ex clan Genovese e ad altri di organizzazioni del nolano. Lamorgese fa suo il contenuto degli atti della Prefettura avellinese e scrive «si rileva l’esistenza di una complessa rete di amicizie, frequentazioni e cointeressenze tra amministratori comunali, dipendenti dell’ente, e soggetti appartenenti o contigui a clan camorristici». Rapporti che, secondo il ministro, avrebbero portato «al beneficio nell’acquisizione di pubbliche commesse, negli affidamenti del patrimonio comunale e nell’esercizio di attività commerciali. Per l’organo prefettizio -si legge ancora nella relazione del Viminale- il vero dominus dell’amministrazione comunale e alter ego del sindaco in carica (Emanuele Aufiero) sarebbe suo fratello Antonio, ex sindaco di Pratola Serra e presidente del consiglio comunale sciolto. La commissione di indagine sottolinea che dal 2007 le amministrazioni guidate dai due fratelli «hanno sviluppato strette relazioni amicali ed economico imprenditoriali con uno dei personaggi di maggior rilievo criminale del territorio, un pluripregiudicato condannato in via definitiva per associazione per delinquere di stampo mafioso e ritenuto referente della criminalità organizzata per molti affari illeciti della zona. A lui, che pubblicamente ha sostenuto le diverse campagne elettorali dei due fratelli, l’amministrazione comunale ha affidato direttamente o indirettamente ma comunque in modo continuativo la gestione di numerosi beni comunali».
Nella relazione si fa riferimento ad impianti sportivi di proprietà del comune affidati in passato ad una cooperativa presieduta dal presunto pluripregiudicato «già destinatario di condanna per 416 bis ». Impianti che, questa la ricostruzione, sarebbero stati riaffidati nel 2007 alla stessa società nonostante questa avesse realizzato opere prive della necessaria autorizzazione. Sotto i riflettori anche una delibera del 2009 con cui la giunta comunale, nel prendere atto che la cooperativa invece di effettuare i lavori autorizzati aveva realizzato ex novo altri e diversi locali, «rilascia un permesso di costruire in sanatoria invece di procedere alla revoca della concessione come imposto dalla convenzione» e ancora una delibera di consiglio comunale del 2012 che, all’esito di una transazione avvenuta tra l’amministrazione e la cooperativa, stabiliva il prolungamento della scadenza della concessione fino all’anno 2030 «senza dar vita ad una procedura ad evidenza pubblica». Particolare rilevanza per la decisione del Ministro, assumono i contenuti di una audizione disposta dalla commissione prefettizia nel novembre 2019 quando il responsabile di un settore amministrativo avrebbe segnalato «la difficoltà che incontra un funzionario nell’opporsi alla volontà di un esponente della criminalità organizzata». E ancora la relazione della commissione si sofferma sulle società che hanno usufruito degli impianti sportivi affidati alla società cooperativa in questione, società «riconducibili a vario titolo a soggetti gravati da pregiudizi penali, tra loro lo stretto parente del capo di uno dei clan camorristici irpini», e sulla piscina comunale inaugurata a febbraio 2013 ed affidata sempre alla stessa cooperativa.
Ampio spazio è chiaramente dedicato alla struttura modulare noleggiata per ospitare la scuola del paese e finita al centro di un aspro scontro tra maggioranza e minoranza, nonché dell’inchiesta aperta dalla Procura della Repubblica di Avellino. «Nel maggio 2016 l’amministrazione comunale – scrive ancora Lamorgese- decise di procedere al noleggio per 12 mesi di una tensostruttura da adibire a sede scolastica risultata non a norma, attraverso una procedura di affidamento caratterizzata da numerose illegittimità riferite in particolare al valore dell’appalto, alla mancanza della determina del responsabile del procedimento, alla violazione del principio di segretezza delle offerte, al criterio di aggiudicazione difforme da quello indicato nel bando di gara. Alla gara in questione, attraverso il sistema di acquisti in rete della pubblica amministrazione, non ha partecipato alcun concorrente né risulta siano intercorse comunicazioni tra la stazione appaltante e le imprese invitate. La ditta risultata aggiudicataria del servizio, non avrebbe nemmeno potuto partecipare alla gara in quanto non abilitata al sistema informatico. Successivamente la stessa amministrazione ha deliberato, attraverso un contratto di disponibilità, l’acquisizione di una struttura del tutto similare a quella noleggiata da adibire ad attività scolastiche. Anche questa procedura è stata connotata da evidenti anomalie e il servizio di disponibilità è stato affidato alla stessa ditta riconducibile allo stesso soggetto». La commissione ispettiva ha poi vagliato le attività autorizzative in materia edilizia ed urbanistica riscontrando una serie di irregolarità «di cui hanno beneficiato sia soggetti riconducibili a organizzazioni criminali che persone legate da vincoli di amicizia o parentela alla compagine amministrativa». Ci sarebbero, secondo la commissione ispettiva, vicende che hanno interessato terreni di proprietà di famiglie legate alla criminalità organizzata anche in questo caso con la realizzazione di opere non autorizzate poi sanate, stesso discorso per alcuni progetti sociali istituiti dal Comune e sostenuti con fondi propri. Tra questi le borse di lavoro che, secondo il Ministro, sarebbero state utilizzate «come strumento per costruire consenso elettorale» anche in occasione delle ultime regionali. Queste le motivazioni che hanno portato il Ministro Lamorgese a scrivere e sottoscrivere la necessità dell’intervento dello Stato «per assicurare la riconduzione dell’ente alla legalità».