Processo Aste ok, Barone rivela i suoi dubbi al Pm: “Mi dissero che Aprile era una persona molto scaltra e di stare attento”

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Aste Ok, nella giornata di oggi, presso il Tribunale di Avellino, in composizione collegiale presieduta dal presidente Roberto Melone, a latere Gilda Zarrella   (oggi sostituita dal giudice Ciccone NdR) e  Vincenza Cozzino, nuova udienza dell’inchiesta condotta  dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Avellino e il Nucleo Pef delle Fiamme Gialle di Napoli  che vede coinvolto il Clan Partenio. L’udienza comincia con le dichiarazioni di Emanuele Barbati: “Desidero chiarire alcuni punti riguardanti quanto emerso durante il processo. Il coinvolgimento in questa vicenda è stato causato dai miei zii, i quali si presentarono nel mio ufficio nel 2018. Accettai di accompagnarli in macchina, poiché desideravano ottenere il contatto di Armando Aprile, una persona che non conoscevo. Chiesi il motivo della richiesta e mi informarono che era relativa a questioni immobiliari. Mi interrogarono anche riguardo a Livia Forte, alla quale risposi di non conoscerla. Successivamente mi chiesero se avessi potuto procurarmi il suo numero. Desidero respingere le affermazioni della testimone durante il suo interrogatorio. Ci incontrammo di fronte al centro commerciale di Atripalda, dove le comunicai di non essere riuscito a reperire i numeri di telefono di Aprile e Forte. L’unica informazione ottenuta fu che avremmo potuto trovarli entrambi presso la pizzeria “It’s OK”. Durante il tragitto e successivamente presso il ristorante, non abbiamo discusso di aste giudiziarie o questioni immobiliari, bensì ci siamo limitati a discutere dello stato di salute di mio zio. Armando Aprile non era presente all’inizio, ma si unì a noi in seguito. Durante l’incontro, l’argomento del denaro fu introdotto verso la fine. Lei fece richiesta di uno sconto: “Armando, possiamo accordarci per 5mila euro anziché 6mila”. Aprile rispose che desiderava 5mila euro subito e mille euro in seguito. Mai ho udito da parte di Aprile l’affermazione che mi doveva dare mille euro, come chiaramente dimostrato dalle registrazioni. Al termine dell’incontro, mi riaccompagnò al centro commerciale. Pochi giorni dopo, ricevetti un messaggio su Facebook da Armando Aprile che mi invitava a prenderci un caffè. Gli dissi di no, poiché stavo per partire per le vacanze. Al mio ritorno, ricevetti un altro messaggio da Aprile per incontrarci per un caffè. Aprile mi mandò un altro messaggio, stavolta chiedendomi dove fossi per raggiungermi. Decisi di incontrarlo in un bar vicino a casa mia. Vorrei precisare due punti: non ho mai ricevuto denaro né ho agito come tramite per passarlo ad altri. L’accordo era fra loro due e non ho mai fatto parte di tale accordo”.

Dopo la lunga pausa, è ripreso il controesame del Pm Woodcock all’imputato Antonio Barone, che ha fatto delle precisazioni. “Solo il 6 aprile, Formisano mi ha menzionato i fratelli Galdieri, prima di tale data non era mai avvenuto. Non ho mai avuto contatti con Livia Forte e non ho mai effettuato sopralluoghi, se non quello relativo alla vendita della conceria. Dopo il 6 aprile, ho detto a Formisano che dovevamo astenerci dalle aste e concentrarci su quelle nel nord Italia, insieme ad Armando Aprile. In passato, avevamo costituito una società per l’acquisizione dei crediti. Rispondendo alla domanda se, in precedenza, avesse cercato informazioni su Aprile, Barone ammette che ciò era accaduto. “Sì, ho chiesto informazioni su Aprile a un’avvocatessa, il cui marito lo conosceva. La collega mi ha avvisato che si trattava di una persona molto scaltra e mi ha consigliato di stare attento”.

L’imputato, dopo, ha risposto alle domande dei suoi difensori di fiducia, Caterina Migliaccio e Claudio Botti: “Io non ho mai avuto una gestione monopolistica delle aste. Io partecipavo come avvocato e non ho mai avuto una partecipazione attiva. Non ho mai stipulato un accordo con Armando Aprile e Livia Forte. Abbiamo ricevuto un’estorsione e, dopo l’asta di Solofra, siamo stati costretti a dargli del denaro. Loro acquistavano immobili all’asta da vent’anni. Noi, io e Formisano, eravamo concorrenti. Formisano aveva una grande disponibilità economica per partecipare alle aggiudicazioni immobiliari. Noi ci siamo subito distaccati e l’unico rapporto che abbiamo avuto con Livia Forte è stato quello per la conceria. Non conoscevo i Galdieri. Ho conosciuto Armando Aprile con l’asta di Solofra. Con lui decidemmo di fare qualche asta al Nord. Aprile si era legato a noi con questa società, acquistando anche dei crediti. Armando Aprile si voleva allontanare da Livia Forte e ci riteneva, a me e Formisano, persone serie. Noi, ovviamente, avevamo dei dubbi su di lui, ma non ne avevamo avuto concretezza”.

Barone, con il volto rigato dalle lacrime, ha precisato quanto accaduto e ciò che ha condotto all’aggravamento della misura cautelare e al trasferimento in carcere: “Io so di aver violato le prescrizioni, però ci tengo a precisare che non sono mai evaso. Il mio allontanamento ha arrecato danni enormi alla mia famiglia. Il mio errore ha privato le mie figlie della figura del padre. Mi scuso per ciò che ho fatto, ho sbagliato, sono un uomo di legge e ne sono consapevole”.

L’avvocato Carlo Taormina, difensore di Gianluca Formisano, ha rivolto domande ad Antonio Barone: “A quei tempi, nel 2019, c’era un contenzioso relativo a un immobile di Serino. Abbiamo presentato denunce, avevamo ricevuto minacce da parte di una persona con cui abbiamo avuto gravi problemi. Quest’ultima aveva fatto gravi minacce, affermando che avrebbe tagliato il braccio a mia moglie. Chiedeva denaro fuori da ogni logica, 50mila, 100mila euro. È ben noto che stavamo parlando di una persona particolare. Io pensai che, con 5mila euro, avremmo potuto risolvere tutto. Noi pagammo questa somma a un suo parente, una persona di mia conoscenza. Dopo scoprimmo che, questo mio conoscente, si era fregato i soldi”.

La prossima udienza è attesa per il 23 febbraio 2024.


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