Psicobiotici, i probiotici che curano anche l’ansia

0
8


Immagina che nel tuo corpo si nasconda un’autostrada, con veicoli che si muovono da nord a sud e da sud a nord. Un flusso continuo, che prende il nome di “asse intestino-cervello” (gut brain axis). Si tratta di un’importante arteria di comunicazione tra il sistema nervoso centrale e il nostro apparato enterico, che ha meritato l’appellativo di “secondo cervello”.

I “veicoli” che la percorrono, dal centro alla periferia e vicerversa, sono neuropeptidi (come l’insulina, gli oppiodi e le secretine), neurotrasmettitori (come la serotonina e il gaba), ormoni e citochine. Tutti messaggeri biochimici le cui informazioni vengono recepite subito, dal momento che intestino e cervello parlano la stessa lingua. Basti pensare che il 90% della serotonina (il neurotrasmettitore che ci procura benessere) viene prodotto a livello intestinale, pronto a essere captato da 41 diversi tipi di recettori disseminati nel corpo. E poiché il microbiota intestinale è in grado di influire sul sistema nervoso centrale, interagendo con la sfera psichica ed emotiva, è importante assumere i probiotici giusti per tirarci su quando ci sentiamo giù di tono.

Batteri per la mente

Gli psicobiotici sono dei ceppi batterici in grado di rilasciare sostanze neuroattive e, perciò, di influenzare il tono dell’umore. «Il termine è stato coniato nel 2013 da Ted Dinan, professore di psichiatria dell’University College di Cork (Irlanda), che ha studiato la correlazione tra microbiota intestinale, disturbi d’ansia e depressione», premette Heide De Togni, dottoressa in scienze e tecnologia farmaceutiche, direttore scientifico di Schwabe Pharma Italia.

«Il nostro intestino è infatti tappezzato da enterocromaffini, cellule simili ai neuroni che producono sostanze dall’attività ansiolitica e/o antidepressiva come, appunto, la serotonina e il gaba, il neurotrasmettitore coinvolto nel meccanismo cerebrale della ricompensa: quello che, quando manca, ci spinge a mangiare i dolci o a comprarci un paio di scarpe per autogratificarci. Queste sostanze attive vengono rilasciate sia dalla parete intestinale sia dal plesso sottomucoso, che è molto innervato e in diretto contatto con il sistema nervoso centrale. Non a caso oggi si parla di “sistema nervoso enterico”, come un comandante in seconda che dialoga con il capitano».

Sarà per questo che, quando siamo nervosi o reduci da una lite, la nostra pancia “brontola”? O quando, a seguito di antibiotici che hanno alterato il microbiota intestinale, ci sentiamo privi di energie?

Utili in caso di stress cronico

Diversi studi clinici dimostrano come l’assunzione di psicobiotici riesca ad attenuare l’ansia, e con essa pensieri ossessivi e agitazione psicofisica. «Un recente lavoro su un’associazione di L. helveticus (dove L. sta per Lactobacillus) e B. longum (dove B sta Bifidobacterium) rivela che è in grado di ridurre il disagio e l’irrequietezza indotte da situazioni di stress cronico», prosegue De Togni.

«Agendo in sinergia, questi due psicobiotici stimolano serotonina, gaba e dopamina (neurotrasmettitore che funge da ansiolitico naturale) da parte dell’intestino. E queste sostanze, entrando in circolo, riescono anche a modulare l’asse ipotalamo-ipofisisurrene, il principale mediatore ormonale della risposta allo stress. Come si è arrivati a capire questo? Misurando nelle urine delle 24 ore il livello di cortisolo (l’ormone dello stress), dopo tre settimane di SALU assunzione di questi due psicobiotici.

Nei pazienti trattati, risultava più basso rispetto al gruppo di controllo con placebo.». La modulazione degli stati d’ansia attraverso gli psicobiotici è più efficace se si associano magnesio, vitamine B5, B6 e B12 o fitoestratti dall’azione adattogena (in grado di ottimizzare la risposta agli stressors) come la Rhodiola rosea, pianta che calma la fame nervosa.

Fermenti dall’azione antidepressiva

Gli psicobiotici possono migliorare anche un quadro di depressione? La risposta è sì, sempre per quell’intreccio fittissimo di sostanze neuroattive che viaggiano lungo l’asse intestino-cervello. Certo, non basta aprire a colazione una bustina di fermenti lattici per ricevere un’iniezione di autostima. Ma è certo che l’eubiosi intestinale, cioè la presenza di una flora batterica sana e in equilibrio, riesce a far vibrare sottili corde nella nostra psiche.

«È importante citare due studi a riguardo. Il primo, di due università cinesi, è stato pubblicato nel dicembre del 2020 sulla rivista Sciences Advances», spiega il dottor Luciano Lozio, farmacologo, direttore del Centro Studi di Probiotica e Nutrizione a Trieste. «Analizzando un campione di feci di 300 persone (150 sane e 150 affette da DSM, disturbo depressivo maggiore), i ricercatori hanno riscontrato nel gruppo “depresso” una minore presenza di Eubatteri (i batteri “buoni”) e una maggiore concentrazione di ceppi nocivi per la flora intestinale e, di riflesso, anche per il tono dell’umore come Clostridi, Klebsiella, Proteus e Coliformi. Segno di una neuroinfiammazione che dall’intestino coinvolge l’intero organismo. Il secondo studio condotto su 66 persone dall’Università di Basilea e pubblicato nel 2023 su Translational Psychiatry, rivela come una supplementazione, per 4 settimane, di una miscela di psicobiotici ad alto dosaggio (900 miliardi di CFU, cioè di Unità Formanti Colonie, al giorno) migliora i sintomi depressivi e cognitivi. Miglioramento valutato sia con un questionario sia con tecniche di neuroimaging, che hanno riscontrato delle modifiche nelle aree frontolimbiche del cervello, quelle più coinvolte nelle emozioni».

La miscela in questione era composta da 6 psicobiotici: B. longum, B. infantis, L. plantarum, L. paracasei, B. breve e L. bulgaricus. «L’effetto benefico è dovuto all’incremento del BDNF (fattore neutrofico cerebrale), misurato dai ricercatori svizzeri nel liquido cefalo-rachidiano dei soggetti arruolati allo studio», prosegue il dottor Lozio. «E si sa che il BDNF non solo migliora la plasticità neuronale, ma esercita un effetto antidepressivo di tutto rispetto».

Antidepressivi a parte, quali sono i batteri che hanno un’azione pisocobiotica sul sonno, punto dolens di molte persone in questa stagione? «I ceppi più attivi nella produzione di gaba, il neurotrasmettitore che induce quel profondo relax che precede l’addormentamento, sono quattro: B. adolescentis, L. rhamnosus, L. reuteri e il L. fermentum», risponde il professor Lozio. «Il gaba sintetizzato da questi batteri viene veicolato dalla vitamina B3 e dalla teanina in tutto il corpo e, superando la barriera emato-encefalica, arriva al cervello per essere captato dai recettori del sistema gabaergico, diminuendo l’eccitabilità neuronale. Così si scivola prima nel mondo dei sogni».

Infine due parole sugli psicobiotici che migliorano le performance intellettuali, contribuendo a ridurre la stanchezza degli studenti sotto esame. «Uno studio condotto nel 2016 dalla Tokushima University (Giappone) e pubblicato nel 2016 su Neurogastroenterology & Motility, dimostra come il ceppo di L. casei Shirota riduca lo stress scolastico, migliorando la memoria e la concentrazione», afferma la professoressa Patrizia Brigidi, ordinario di biotecnologie delle fermentazioni all’Università di Bologna. «Il secondo lavoro, condotto sempre nel 2016 dall’Università di Lund e di Malmö (Svezia), pubblicato sull’International Journal of Microbiology, ha coinvolto 42 studenti universitari sotto esame. A metà dei partecipanti è stato dato il ceppo L. plantarum 299v, mentre l’altra metà riceveva un placebo. Ebbene, misurando i livelli di cortisolo nella saliva, si è visto che nel primo gruppo erano nettamente inferiori».

L’importante è assumere i probiotici per 4 o più settimane a una dose efficace: almeno 10 miliardi di CFU al giorno.

Parkinson e Alzheimer, il plus dei probiotici

C’è un sottile filo che lega le malattie neurodegenerative a quell’ecosistema brulicante di vita che è il microbiota intestinale. «Gli studi dimostrano che i corpi di Lewy, che nel Parkinson danneggiano i neuroni, vengono secreti dall’intestino e arrivano al cervello tramite il nervo vago», spiega Luciano Lozio.

«È quindi importante mantenere l’eubiosi intestinale. Circa l’Alzheimer, c’è una correlazione tra il Porphyromonas gingivalis, causa di gengiviti ricorrenti, e l’eccesso di betaamiloide, la proteina del cervello. Cosa c’entrano le gengive? C’entrano, perché la bocca è il primo tratto dell’apparato gastro-intestinale. Gli psicobiotici contro il batterio gengivale? Saccharomyces boulardii ed Enterococcus faecalis».

Fai il test della disbiosi

È possibile scattare una foto del nostro intestino? Sì, grazie al test della disbiosi intestinale, che puoi fare in farmacia. «Un campione di feci viene inviato al laboratorio analisi, che sequenza il DNA batterico e fungino di 256 specie, confrontando la concentrazione con gli intervalli di riferimento per scoprire quali in eccesso o difetto», spiega Silvia Monti, farmacista, direttore scientifico di Hyppocrates Holding-Lafarmaciapunto. «Si ottiene così un indice di disbiosi: sopra 1,75 è la spia di un microbiota alterato». Viene anche analizzato il rapporto tra Firmicutes e Bacteroidetes, spia della salute intestinale».

Vuoi sapere quale delle 427 farmacie è vicina a te? Vai su lafarmaciapunto.it.

Fai la tua domanda ai nostri esperti





Source link

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here