qui c’è la storia di tutti noi. E’ importante che la città conosca il patrimonio custodito in queste sale – Corriere dell’Irpinia

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“Queste carte raccontano la vita di ciascuno di noi, la memoria dei nostri padri. Di qui la volontà di far conoscere alla città il ricco patrimonio documentario custodito nelle nostre sale”. Spiega così Lorenzo Terzi, direttore dell’Archivio di Stato, l’idea da cui nasce la rassegna “I giovedì della lettura”, al via domani, alle 17, con la presentazione del volume Francesco II e la fine del Regno delle Due Sicilie (Terebinto Edizioni) di Francesco Barra, già professore di Storia Moderna presso l’Università degli Studi di Salerno. A confrontarsi con l’autore lo storico Carmine Pinto, docente di storia contemporanea all’Università di Salerno. “La rassegna – prosegue Terzi – sceglie di porre l’accento su volumi nati dalla consultazione di fonti dell’Archivio. Tuttavia, abbiamo voluto che gli incontri non fossero dedicati soltanto a saggi di carattere storico. Il 28 e 29 maggio la rassegna proseguirà, ad esempio, con due serate promosse in collaborazione con Irpinia poetica. L’idea è quella di promuovere l’Archivio di stato come contenitore culturale, senza snaturare la sua funzione di  spazio in cui si custodiscono documenti per gli studiosi, una missione che resta quella principale. Mi piacerebbe, però, che l’Archivio diventasse un centro di cultura, capace di abbracciare storia e letteratura, che il pubblico riscoprisse il nostro Istituto culturale, anche al di là delle carte in esso custodite, anche solo partecipando agli incontri”.

“L’Archivio vuole essere sempre di più uno spazio aperto alla città senza discriminazioni – ribadisce Terzi – Al tempo stesso speriamo di suscitare curiosità sulle nostre fonti. I libri che presentiamo hanno un forte legame con la storia del territorio, ecco perchè siamo convinti che possano richiamare un pubblico che va al di là di quello degli studiosi. L’idea comune è che gli archivi siano uno spazio in cui si ricostruisce la grande storia. Mentre raccontano la storia di ciò che siamo stati, ci offrono uno spaccato di contesti culturali e socio-economici di cui spesso conserviamo solo una memoria orale”. Quindi si sofferma sulla ricchezza del patrimonio conservato nelle sale “Custodiamo una decina di chilometri lineari di documentazione. Si tratta di un istituto fondato all’inizio dell’800 che accoglie documenti relativi agli organi periferici dello stato preunitario, a partire dall’Intendenza, antesignana della prefettura, o ancora gli antichi tribunali come le corti baronali, quando l’amministrazione non era ancora gestita dallo Stato. Custodiamo, inoltre, un fondo di pergamene che parte dal XIV secolo che si affianca a quello degli atti notarili, preziosi per ricostruire la società del tempo, dai capitoli matrimoniali ai contratti di committenza. E ancora qualche archivio del Comune, la Prefettura, archivi privati come quello di Mazas fino ad arrivare ai giorni nostri. Le carte rappresentano fonti inesauribili, poichè anche quelle già esplorate si prestano ad essere interrogate continuamente in modo differente”

Tra gli obiettivi che si propone il direttore Terzi quello di coinvolgere sempre di più i giovani “Abbiamo stipulato delle convenzioni con l’Università di Salerno per offrire agli studenti la possibilità di effettuare tirocini presso il nostro Istituto. Inoltre, abbiamo ottenuto un buon riscontro proprio da parte delle scuole con la nostra mostra sull’internamento degli ebrei in Irpinia. I ragazzi hanno dimostrato grande curiosità e interesse. Anche i miei predecessori hanno voluto aprire le nostre sale agli studenti , così da favorire il confronto tra differenti generazioni di studiosi. E’ una scelta che condivido e che ho voglia di portare avanti. A fine mese, inoltre, dovrebbero arrivare i nuovi archivisti, così da andare a colmare un vuoto esistente. Al momento sono, infatti, l’unico archivista presso questa struttura. Con l’arrivo dei nuovi archivisti potremo promuovere una progettualità più ampia che coinvolga anche le scuole, consentendo agli studenti di entrare in contatto con le fonti”

E sulla sfida legata all’uso delle nuove tecnologie “L’archivistica deve oggi fare i conti con forme documentarie nuove. Mentre nel caso del cartaceo esiste una differenza netta tra l’originale e la copia, nel caso di un file è tutto più difficile. Allo stesso modo i file sono soggetti ad una obsolescenza più rapida rispetto alla conservazione del cartaceo che ha i suoi problemi ma può essere garantita, installando impianti che mantengano costante la temperatura dei depositi. In molti casi, come per le pergamene, possiamo garantire una prassi conservativa a lungo termine in grado di sfidare i secoli. Altra questione è quella legata alla digitalizzazione. E’ in corso un progetto legato alla digitalizzazione del fondo dell’Intendenza, quello che si chiama restauro conservativo. Quando lo studioso chiede di consultare un documento, può accedere direttamente a un video che riproduce il documento, in questo modo le carte non corrono il rischio di rovinarsi. A ciò si affiancano le scansioni digitali realizzate dai nostri studiosi di cui manteniamo una copia. Certamente, si tratta di conciliare la salvaguardia della memoria con le opportunità offerte dalle nuove tecnologie”



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