Regionali, De Angelis: altro che sondaggi, la sfida è incerta. De Luca ha fallito e serve cambiare – IL CIRIACO

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Carmine de Angelis

«La partita è tutta aperta: la gente vuole cambiamento e competenza, ed è quello a cui stiamo lavorando. De Luca ha fallito, non è stato capace di spendere i fondi europei. Non lo dico io, lo attestano i dati che sono inconfutabili». Carmine De Angelis, sindaco di Chiusano San Domenico, candidato al consiglio regionale nella lista “Caldoro Presidente”, tira la volata al centro destra.

 Dopo la prima settimana di campagna elettorale, si avverte ancora il distacco enorme dei sondaggi che danno De Luca in testa, o la partita è aperta?

«Tutte le elezioni sono aperte, sempre e comunque, soprattutto in un sistema elettorale in cui gli umori degli elettori cambiano non solo anno per anno, ma ormai giorno per giorno. Anche la più difficile delle competizioni elettorali resta un’incognita fino all’ultimo voto. Quindi non resta che stare attenti e lavorare radicalmente sul territorio. Da parte delle persone c’è voglia di cambiamento, c’è richiesta di ricambio della classe dirigente e di investimento sulle competenze. Ed è esattamente quello a cui stiamo lavorando».

Quanto possono danneggiarvi le polemiche interne alla lista che hanno riguardato il dottor Ugo Maggio e l’Udc?

«Non c’è nessun danno, anzi la dialettica interna ad una lista che mette insieme due forze politiche unite anche dalla reciproca competizione, è segno che la partita dentro la nostra squadra non è studiata a tavolino, come invece accade nelle altre liste dove inseriscono soggetti a supporto di un solo candidato su cui puntano le forze politiche. Ugo Maggio sta lavorando sui territori, esattamente come sto facendo io. Sono convinto che la lista “Caldoro Presidente- Udc” può essere la vera novità del centrodestra. Anche i sondaggi ci danno come la componente che, in una ripartizione di seggi, può avere ottime possibilità di portare un proprio rappresentante in consiglio regionale».

Da amministratore impegnato sul campo, quali sono le maggiori mancanze di cinque anni di governo De Luca?

«In campagna elettorale molti strumentalizzano dati e contingenze. Io invece resto coerente con la mia linea di amministratore: lo valuto sui fatti, rispetto ai quali, con estrema correttezza istituzionale, purtroppo ho sempre smentito i proclami della giunta De Luca. A partire dai fondi europei e dalla certificazione del 30% in meno della spesa, senza dimenticare i livelli essenziali di assistenza e l’attestazione del Ministero della Salute della Campania come penultima regione italiana seguita solo dalla Calabria, i mancati investimenti sulle infrastrutture, l’assenza di programmazione sull’ambiente, basti pensare alle ecoballe che restano al loro posto pur avendo ottenuto oltre 500 milioni di euro per la loro rimozione. E potremmo parlare di acqua, trasporti, rifiuti, tutti temi su cui il centrosinistra di De Luca ha fallito. Lo dicono i dati, che sono inconfutabili».

Nei prossimi mesi arriveranno molte risorse anche in Campania. In che modo bisognerebbe utilizzarle?

«Non arriverà nessuna risorsa nell’immediato. Da amministratore non posso non parlare con concretezza: per programmare i fondi europei, anche quelli straordinari come il recovery fund, occorrono almeno otto mesi. Chi dice il contrario, fa demagogia da campagna elettorale sfruttando l’emergenza Covid. La missione che abbiamo di fronte è quella di utilizzare al meglio ciò che resta della programmazione 2014/20, la cui rendicontazione slitta di due anni per effetto del Covid. Quindi la prossima programmazione dei fondi europei, per poter avere in pieno la capacità integrativa di efficacia dei bandi, ha bisogno di altri due anni almeno. Non lasciamoci incantare: l’unica reale soluzione è riprogrammare la spesa della vecchia programmazione, il poco che resta visto il disastroso piano emergenziale socio economico voluto da De Luca, e reinvestire in politiche attive. Un investimento di 500 milioni su imposte addizionali regionali, Irpef e Irap, per azzerarle per l’anno in corso e dare ossigeno sul fronte imposizione fiscale. Poi successivamente c’è la partita del recovery fund e dei finanziamenti straordinari del Governo, ma bisognerà attivare piani complessivi che riguardano sanità e ambiente».

Il 20 e 21 settembre si voterà anche per il referendum: cosa voterà e perché?

«Da costituzionalista ritengo che i referendum non risolvono mai i problemi cronici di uno Stato come quello italiano. Il problema è un altro, scegliere se essere finalmente presidenzialisti o semipresidenzialisti, o continuare a rafforzare il parlamentarismo che da trent’anni vive un’agonia per effetto dell’implosione dei meccanismi di rappresentanza e di decisionalità accentrata nel governo. Per quanto mi riguarda, da costituzionalista, sono per il No ma non posso non dire che di fronte alla domanda taglio i costi della politica o no, l’elettore è facilmente portato a votare sì, perché il quesito è posto male. Questo referendum non risolve il problema del sistema italiano tra governabilità e rappresentanza. Stiamo curando una malattia patologica con una soluzione fisiologica».



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