Regionali, Del Giudice: con De Luca ma ricostruire rapporto col Pd. Gli arrivi da destra non una bella pagina – IL CIRIACO

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Una lista espressione del territorio per dare sostanza ad un progetto politico e magari, chissà, fare della Campania un laboratorio per una nuova stagione dei moderati, anzi dei Popolari. Si lavora a questi obiettivi nel cantiere de “L’Italia è Popolare” schierata, come cinque anni fa, al fianco di Vincenzo De Luca. «Per quanto riguarda la lista – dice il coordinatore provinciale Giuseppe Del Giudice – si tratta di un aspetto della vicenda elettorale nel suo complesso. Attualmente stiamo portando avanti un lavoro di raccolta di disponibilità. Oltre a Pino Rosato, che sarà il capolista, stiamo cercando di coprire tutto il territorio ed abbiamo raccolto disponibilità sia da parte degli amministratori sia da esponenti della società civile. A breve tireremo le somme di questo lavoro».

E dal punto di vista politico?

«Qui il discorso è più articolato e parte dalla necessità di un recupero del rapporto con il Partito Democratico, fermo all’aprile dello scorso anno. E’ un aspetto che mi preme chiarire perché una cosa è il rapporto con il Governatore, il cui ottimo lavoro nella fase dell’emergenza è sotto gli occhi di tutti, altra cosa sono i rapporti politici: noi siamo una forza politica e ci comportiamo come tale. E da questo punto di vista vorrei ricordare che siamo fermi ad aprile 2019 quando noi eravamo tra i protagonisti di quel tavolo per la costruzione di un centrosinistra di qualità in città, ma poi il Pd irpino, non noi, si assunse la responsabilità di far saltare quel tavolo con un semplice comunicato stampa nel quale annunciava la candidatura di Cipriano».

Si deve ricucire il rapporto col Pd, ma a differenza di cinque anni fa oggi c’è molta più gente sotto l’ombrello di De Luca: colpa di un Pd troppo debole o è il Governatore che imbarca tutti?

«Lo spettacolo a cui stiamo assistendo da qualche settimana, con il centrosinistra che sembra un porto di mare, non ha certo il sapore della buona politica ma le sembianze di una mera operazione trasformistica. Per quanto ci riguarda noi siamo rimasti dove eravamo cinque anni fa: abbiamo governato con un nostro assessore in giunta (Matera ndr) e un consigliere (Ricchiuti ndr) e quindi ragioniamo in termini politici e non di opportunismo».

E restando nel campo del programma nei cinque anni trascorsi c’è qualcosa che non stato completato e da cui bisogna ripartire?

«Beh, direi che certamente non possiamo far finta che questi mesi siano stati una parentesi. E dunque non si può non ripartire da sanità e ambiente. Questa emergenza ci ha fatto capire che abbiamo bisogno di ospedali attrezzati sul territorio per evitare di mandare in sofferenza un’eccellenza come il Moscati. Per questo credo che occorra ragionare seriamente per riorganizzare presidi come quelli di Sant’Angelo e Bisaccia. Anche l’ambiente va tenuto nel dovuto conto. Il periodo del lockdown ci ha fatto riscoprire la purezza dell’aria e la limpidezza dei mari ma occorre andare oltre e puntare, per i nostri territori, all’affermazione di una forma di turismo diverso del quale, con l’emergenza, oggi si avverte maggiormente la necessità visto che abbiamo a disposizione montagne, ampi spazi ed aria pura».

E poi?

«L’agricoltura senza dubbio. Oggi c’è una riscoperta della terra come opportunità di lavoro e di crescita, come mezzo per non lasciare il posto in cui si è nati. Si deve puntare sulla filiera dell’agroalimentare di qualità e incentivare il lavoro delle piccole e medie imprese del settore, eppure nell’ultimo quinquennio la provincia di Avellino è agli ultimi posti per i finanziamenti ricevuti».

La conclusione non può che essere politica: ma non è che con De Mita, Pomicino e Mastella tutti dalla stessa parte parta dalla Campania la chiamata all’impegno di tutti i moderati?

«Stiamo scommettendo su questo da una ventina di anni. Abbiamo capito che la politica senza i partiti non esiste, ma che la forma partito, cosi come l’abbiamo conosciuta, non è più adeguata ad interpretare la sfida di questo tempo nuovo: serve un punto di equilibrio e noi pensiamo che ci sia un grande spazio per provare, dalla Campania, a riaccendere la fiammella di un’area moderata, noi preferiamo chiamarla Popolare, che continui ad essere il riferimento di una storia».



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